Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3931 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3931 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
D’Angelo Fabio, nato a Chieti il 13/08/1959

avverso l’ordinanza del 14/06/2013 del Tribunale della Libertà di L’Aquila

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
udito per l’imputato l’avv.

Data Udienza: 05/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di L’Aquila, con ordinanza emessa in data 22
aprile 2013, ha riformato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip
presso il Tribunale di quella città accogliendo parzialmente l’istanza di riesame e
disponendo, per l’effetto, che il sequestro del credito dell’importo di euro
105.518,78 andasse eseguito non nei confronti della società ricorrente bensì

Abruzzo e Sardegna.
La misura cautelare era stata emessa in relazione al capo h)
dell’imputazione cautelare elevata a carico di Nicolaj Luca, Nicolaj Galileo e della
Nicolaj s.r.l. per il reato di truffa aggravata (art. 640, comma 2, n, 1 cod. pen.).
Nel pervenire a tale conclusione il Tribunale del riesame osservava come la
ditta Nicolaj avesse accettato una variante in riduzione delle quantità del
materiale di dragaggio, per cui gli oneri di discarica avrebbero dovuto essere
calcolati tenendo conto del costo effettivo del conferimento senza consentire
alcun margine di guadagno all’appaltatore.
In ogni caso, erano stati riconosciuti all’appaltatore dall’ufficio ragioneria del
Provveditorato per le Opere Pubbliche di Lazio, Abruzzo e Sardegna gli oneri sino
allora sostenuti per il conferimento a discarica, tanto che la ditta Nicolaj aveva
chiesto, quale rimborso per le spese sostenute per lo smaltimento del materiale
conferito a discarica, la complessiva somma di Euro 105.518,78, oggetto del
provvedimento di sequestro impugnato.
Tuttavia che la somma sequestrata costituisse importo relativo al maggior
costo per lo smaltimento derivava dall’indisponibilità del sito della ditta
Europiemme s.r.I., di cui però la ditta Nicolaj s.r.l. era consapevole, e
ciononostante aveva taciuto tale consapevolezza, sia per continuare l’esecuzione
dei lavori e sia per ottenere che la stazione appaltante si facesse carico del
maggior costo derivante proprio dall’indisponibilità del sito della Europiemme
s.r.I., indisponibilità che era conseguenza di un pregresso ed illecito smaltimento
di rifiuti.
Siccome la somma di euro 105.518,78 non è stata ancora incassata dalla
ditta Nicolaj s.r.I., avendo il dirigente del Provveditorato per le Opere Pubbliche
di Lazio, Abruzzo e Sardegna dichiarato che vi era un ordine di pagamento che
autorizzava la consegna della predetta somma in favore della società ricorrente
su cui la stessa aveva emesso fattura, il Tribunale, in riforma dell’impugnato
provvedimento, disponeva che il sequestro fosse eseguito non nei confronti della
società ricorrente bensì presso l’ufficio ragioneria del Provveditorato per le opere
pubbliche di Lazio, Abruzzo e Sardegna.
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presso l’ufficio ragioneria del Provveditorato per le opere pubbliche di Lazio,

2. Per l’annullamento della impugnata ordinanza ricorre per cassazione, per
mezzo del costituito difensore, il legale rappresentante della Nicolaj s.r.l.
sollevando sette motivi di gravame con il quali si deduce la violazione della legge
penale ( artt. 42, 43, 56, 640 cod. pen.), violazione degli artt. 5, 19 e 53 del d.
Igs. n. 231/201 e violazione di norma processuali (artt. 321, 324, 178, 267, 271,
360 cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo si sostiene che alcun profitto avrebbe tratto la

trasporti unicamente il rimborso dei costi sostenuti per il conferimento a
discarica dei rifiuti, attività avvenuta per il tramite della ditta autorizzata
Ecologica Anzuca della Angelo De Cesaris s.r.I., con la conseguenza che, come
comprovato anche dalla documentazione contabile acquisita agli atti del
processo, la somma di 105.518,78 costituiva, da un lato, mero rimborso del costi
sostenuti, non potendo qualificarsi come profitto del reato di truffa peraltro non
configurabile, e, dall’altro, tale importo neppure poteva essere considerato come
un «vantaggio» conseguito dall’ente, derivando da ciò l’illegittimità del
sequestro preventivo per violazione dell’art. 640 cod. pen. e degli artt. 5, 19 e
53 d. Igs. 231/2001 nonché dell’art. 321 cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo deduce la società ricorrente come fosse del tutto
insussistente l’evento del reato di truffa, potendo essere al più configurato il
mero tentativo e giammai il reato consumato, sul rilievo, peraltro conclamato
anche nel provvedimento impugnato, della mancata riscossione della somma che
è stata poi sequestrata presso il Provveditorato per le opere pubbliche, con la
conseguenza che il vincolo sarebbe caduto non sul profitto del reato ma su un
credito come tale insuscettibile di essere assoggettato al sequestro preventivo.
2.3 Con il terzo motivo si assume la mancanza del fumus commissi delicti
sul rilievo che il codice CER 191304 (validato peraltro dalla Regione che ne
riconobbe la corretta individuazione) con il quale, secondo l’accusa, sono stati
trattati illecitamente i rifiuti era stato ufficializzato dalla società DEC-NC,
subappaltratrice della Nicolaj s.r.I., nell’ambito dei rapporti con la ditta
appaltatrice, con la conseguenza che la ditta Euro Piemme, che avrebbe dovuto
ricevere e trattare la materia pervenutale, risultava autorizzata a ricevere il
materiale proveniente da quel codice CER risultando tale circostanza dagli atti
(autorizzazione regionale n. DF3/58 del 7 luglio 2003) ed essendo pacifico come
sia la società ricorrente che Nicolaj Luca e Nicolaj Galileo fossero completamente
estranei al procedimento di identificazione del rifiuto, venendo il codice
assegnato per legge dal produttore del rifiuto stesso ossia dalla DEC.NV (ditta
subapplatatrice) e non dalla Nicolaj s.r.l. (ditta appaltatrice).

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Nicolaj s.r.I., la quale aveva pattuito con il Ministero delle infrastrutture e dei

Secondo la ricorrente, che all’uopo richiama giurisprudenza di legittimità, tali
circostanze, compresa la individuazione successivamente apparsa anche di
difficile lettura del codice CER, sarebbero in ogni caso rilevanti di fini della
mancanza del dolo.

2.4. Con il quarto motivo di gravame si deduce la nullità e/o la
inutilizzabilità, ex artt. 178 e 360 cod. proc. pen.) nei confronti della Nicolaj s.r.l.
nonché di Nicolaj Luca e Nicolaj Galileo della consulenza tecnica disposta ex art.

2.5. Con il quinto motivo si eccepisce la inutilizzabilità delle intercettazioni
telefoniche per violazione dell’art. 267 cod. proc. pen. sia con riferimento alla
mancanza dei gravi indizi di reato (al momento della richiesta di autorizzazione a
disporre le intercettazioni, non essendo stata ancora espletata la consulenza
tecnica, non si sapeva che il codice CER fosse diverso da quello enunciato dalla
DEC) che del requisito dell’indispensabilità ai fini delle indagini (le operazioni
furono disposte quando erano ancora in corso le operazioni di dragaggio con la
conseguenza che sarebbe bastato recarsi in loco per verificare, sic et simpliciter,
la tipologia del materiale).

2.6. Con il sesto si eccepisce la perdita di efficacia della misura essendo gli
atti pervenuti alla cancelleria del Tribunale del riesame in data 10 aprile 2013
benché nel fascicolo risulti annotato il 12 aprile 2013.
Si assume in proposito che la richiesta di riesame fu depositata in data 8
aprile 2013, unitamente alle richieste presentate da altre parti processuali,
sicché non vi è motivo per ritenere che per queste la trasmissione risulti
avvenuta il 13 aprile 2013 e solo per la richiesta di riesame della Nicolaj s.r.l. in
data diversa, ossia il 12 aprile 2013.

2.7. Con il settimo ed ultimo motivo si eccepisce che nessuna delle censure
mosse nei motivi di gravame è stata esaminata dal Tribunale del riesame
conseguendo da ciò la nullità del provvedimento impugnato per omessa
motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Vanno preliminarmente esaminati, per ragioni di ordine logico, i motivi del
ricorso con i quali si sollevano questioni di nullità o di inutilizzabilità.

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360 cod. proc. pen. dal pubblico ministro in violazione delle garanzie difensive.

2. Il sesto motivo, con il quale si eccepisce la perdita di efficacia della
misura, è infondato sulla base del contenuto stesso della doglianza.
Osserva il Collegio come ciò che rilevi, ai fini del rispetto del termine
perentorio per la decisione, sia la data in cui gli atti, sui quali fonda la misura
cautelare, pervengono nella cancelleria del giudice dell’impugnazione e ciò è
attestato dall’annotazione che la stessa cancellaria appone al momento della
ricezione di essi.
Lo stesso ricorrente ammette che l’annotazione è del 12 aprile 2013 con la

2013, non sussiste l’eccepita violazione.

3. Con il settimo motivo si deduce la nullità dell’impugnata ordinanza per
difetto assoluto di motivazione su punti della controversia devoluti alla
cognizione del giudice del riesame, è infondato.
Per rendersene conto è sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza
di questa Corte – espressa con riferimento alle misure cautelari personali ma
valida, per eadem ratio, anche per quelle reali – per la quale il provvedimento
applicativo della misura cautelare e quello che decide sulla richiesta di riesame
sono tra loro strettamente collegati e complementari, sicché la motivazione del
tribunale del riesame integra e completa l’eventuale carenza di motivazione del
provvedimento del primo giudice e, viceversa, la motivazione insufficiente del
giudice del riesame può ritenersi integrata da quella del provvedimento
impugnato, allorché in quest’ultimo siano state indicate le ragioni logicogiuridiche che ne hanno determinato l’emissione (Sez. U, n. 7 del 17/04/1996,
Moni, Rv. 205257).
Va considerato che il tribunale del riesame era stato chiamato a pronunciarsi
sul solo reato di truffa – che reggeva il sequestro della somma della quale si
reclamava lo svincolo – e, sul punto, non è corretto affermare la mancanza della
motivazione avendo il tribunale osservato come la ditta Nicolaj avesse accettato
una variante in riduzione delle quantità del materiale di dragaggio, per cui gli
oneri di discarica avrebbero dovuto essere calcolati tenendo conto del costo
effettivo del conferimento senza consentire alcun margine di guadagno
all’a ppaltatore.
Tuttavia la ditta Nicolaj s.r.l. era consapevole, motiva il tribunale, del
maggior costo per lo smaltimento che derivava dall’indisponibilità del sito della
ditta Europiemme s.r.I., e ciononostante aveva taciuto tale consapevolezza, sia
per continuare l’esecuzione dei lavori e sia per ottenere che la stazione
appaltante si facesse carico del maggior costo derivante proprio
dall’indisponibilità del sito della Europiemme s.r.I., indisponibilità che era
conseguenza di un pregresso ed illecito smaltimento di rifiuti.
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conseguenza che, essendo l’ordinanza impugnata stata emessa in data 22 aprile

Ne consegue come non sussista il lamentato vizio di mancanza della
motivazione.

4. Con quinto motivo si lamenta l’inutilizzabilità delle intercettazioni per
violazione dell’art. 267 cod. proc. pen., obliterando che le operazioni erano state
autorizzate e disposte con riferimento a fatti di reato sussumibili in gravi
fattispecie incriminatrici (attività organizzate per

il traffico illecito di rifiuti,

corruzione, frode nelle pubbliche forniture) che erano in corso di accertamento

di Pescara, come si desume dagli atti processuali cui la Corte ha acceso attesa la
natura processuale della censura, che pertanto è infondata.

5. Con il quarto motivo si deduce nullità della consulenza tecnica disposta ex
art. 360 cod. proc. pen. dal pubblico ministro in violazione delle garanzie
difensive.
Il motivo è aspecifico e pertanto inammissibile, mancando ogni riferimento
alla ricaduta che l’eventuale nullità avrebbe comportato sul reato di truffa che è
stato oggetto dell’impugnazione cautelare.

6. Il primo ed il terzo motivo possono essere congiuntamente valutati
atteso con essi vengono elevate censure di merito e pertanto inammissibili.
Richiamato il principio della reciproca integrazione tra provvedimento
genetico della misura ed ordinanza del Tribunale del riesame, va ribadito che, in
tema di riesame delle misure cautelari reali, il ricorso per cassazione a norma
dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. può essere proposto solo per “violazione
di legge”, nella cui nozione rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la
presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate
all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la
quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e
autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice (Sez. U,
n. 5876 del 28/01/2004, Ferazzi, Rv. 226710).
Nel caso di specie, le censure non scardinano l’apparato argomentativo
contenuto nel provvedimento cautelare, integrativo dell’impugnata ordinanza, ed
essi tendono ad ottenere, nel giudizio di legittimità, una diversa lettura e
ricostruzione dei fatti di causa, con la conseguenza che i motivi che le
sostengono sono inammissibili.

7. Quanto al secondo motivo, la Corte deve procedere, ai sensi dell’art. 619,
comma 1, cod. proc. pen. a correggere l’errore di diritto contenuto nell’ordinanza

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relativamente ai lavori appaltati per le operazioni di dragaggio del Porto Canale

impugnata e ciò in quanto l’errore non ha avuto influenza decisiva sul
dispositivo.
Ed infatti, a ragione, il ricorrente lamenta come, nel caso di specie, si verta
in tema di tentativo e non di consumazione del reato di truffa sul rilievo che, non
essendo stata riscossa la somma, non si sarebbe verificato il danno che è evento
della fattispecie incriminatrice contestata in via cautelare.
Infatti l’evento delittuoso punito dall’art. 640 cod. pen. è costituito dal
conseguimento del profitto con altrui danno e, sebbene i due elementi (profitto e

momenti diversi, sicché la truffa si perfeziona non con l’azione tesa al profitto,
ma con la realizzazione del danno sicché il reato si consuma nel momento e nel
luogo in cui attraverso la riscossione della somma di denaro si verifica
l’arricchimento dell’agente, con il correlativo danno patrimoniale altrui.
Tuttavia è proprio questa evenienza, ossia la mancata ricezione della
somma, che radica il periculum in mora posto a fondamento del titolo cautelare
in quanto, in mancanza del vincolo, il reato sarebbe portato a consumazione, e
dunque a conseguenze ulteriori, con approfondimento dell’illecito che il
sequestro preventivo mira ad evitare.
Previa rettificazione dell’errore di diritto nel senso innanzi precisato, il
secondo motivo di gravame va parimenti rigettato.

8. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 05/12/2013

danno) siano inscindibilmente connessi, essi possono venire ad esistenza in

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