Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3929 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3929 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

Data Udienza: 05/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da
P.M. presso il Tribunale di Messina
avverso l’ordinanza del 13.5.2013
del Tribunale di Messina
nei confronti di:
1) Faranda Filippo

nato il 10.9.1972

sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G.,dr. Fulvio Baldi,che ha chiesto
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata
sentito il difensore, avv. Marco Ripamonti, che ha concluso
per il rigetto del ricorso

1

1. Con ordinanza in data 13.5.2013 il Tribunale di Messina, in accoglimento della richiesta di
riesame proposta nell’interesse di Faranda Filippo, annullava il decreto di sequestro preventivo
emesso dal GIP presso il Tribunale di Patti il 16.4.2013 ed avente ad oggetto gli strumenti
informatici (PC e stampante) ed il materiale cartaceo rinvenuti presso l’esercizio internet point
della ditta Faranda Filippo.
Assumeva il Tribunale che il Faranda era indagato per il reato di cui all’art.4 co.1 L.401/89 per
aver svolto l’attività di raccolta scommesse per conto della Goldbet Sportwetten, succursale di
Lugano, in assenza della concessione dell’AAMS e dell’autorizzazione prevista dall’art.88
TULPS.
Dalla documentazione prodotta risultava, però, che la Goldbet era regolarmente abilitata
all’esercizio di attività di raccolta e di gestione delle scommesse, per cui andava disapplicata la
normativa interna perché in contrasto con gli artt.43 e 49 del Trattato CE e che il Faranda
aveva sottoscritto contratto commerciale con detta società in data 13.12.2011 (il che
escludeva l’attività di organizzazione ed accettazione di scommesse “autonoma” ritenuta dal
GIP nel provvedimento di sequestro).
Non sussisteva, pertanto, il fumus del reato, dal momento che le scommesse erano state
raccolte da soggetto che, pur non munito di autorizzazione, aveva agito per conto di Società
avente sede in Stato membro, la cui legittima esclusione dal diritto di stabilimento in Italia
avrebbe dovuto essere provata dalla pubblica accusa.
2. Ricorre per cassazione il P. M. presso il Tribunale di Messina, deducendo la violazione di
legge in riferimento alla disapplicazione dell’art.4 L.401/89 sulla base di una astratta e non
motivata incompatibilità con gli artt.49 e 54 Trattato CE.
Erroneamente il Tribunale ha ritenuto che la Goldbet Sprtwtten, essendo abilitata ad operare
all’estero, potesse operare anche in Italia, con conseguente disapplicazione della normativa
interna.
La Corte di Cassazione ha ritenuto che solo in presenza di ingiustificati limiti (come per la
società Stanley) per le società estere a partecipare a gare per l’aggiudicazione delle
concessioni sia necessario disapplicare la normativa interna.
L’allibratore straniero Goldbet, per il quale il Faranda operava, non era stato invece escluso
dalle gare, né era stato posto in una situazione di svantaggio tale da impedirgli di partecipare
alle gare medesime.
Denuncia, altresì, la violazione dell’art.291 c.p.p. nella parte in cui il Tribunale del riesame ha
ritenuto che fosse onere del P.M. provare l’eventuale esclusione (o non esclusione) del diritto di
stabilimento della società straniera.
Peraltro dal decreto di sequestro del GIP risultava che la Goldbet non aveva fatto richiesta di
concessione, né era stata illegittimamente esclusa.
3. Con memoria, depositata in cancelleria, il difensore dell’indagato chiede il rigetto del ricorso
del P.M., richiamando la giurisprudenza ed in particolare la sentenza della Corte di Giustizia
sul caso Costa-Cifone e l’ordinanza 16.2.2012 che, espressamente, ne estende gli effetti alla
Goldbet Sportwtten GmbH.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato (per le ragioni di seguito indicate) e va, pertanto, rigettato.
2. Nella motivazione della sentenza emessa in data 10.7.2012 nel procedimento iscritto al
R.G. n.32337/2008 contro Cifone Ugo, dopo aver sottolineato che va fatto riferimento alla
normativa vigente all’epoca e che il rapporto che lega la società Stanley ai titolari dei centri di
trasmissione dati non comporta l’esistenza di attività di “intermediazione” e che deve essere
letto alla luce della decisione della Corte di Giustizia, che ravvisa una relazione diretta tra
concessionario e titolare del punto di commercializzazione, e dopo aver esaminato il contenuto
della sentenza della Corte di Giustizia nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10 del 16.2.2012,

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RITENUTO IN FATTO

3. La Corte di Giustizia nella causa pregiudiziale C-413/10 Pulignani e. a., dopo aver
evidenziato che il procedimento a quo si inserisce in un contesto di fatto e di diritto identico
a quello su cui è stata pronunciata la sentenza 16 febbraio 2012 Costa e Cifone; che al pari

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si assume che, sulla base dei principi affermati dalla sentenza della Corte di Giustizia, è
possibile formulare un quadro interpretativo della disciplina contenuta nel Trattato che
contribuisce a definire l’applicazione della disciplina domestica in materia di scommesse su
eventi sportivi, presupposto della fattispecie penale, nel senso che: 1) le libertà di
insediamento e di prestazione dei servizi costituiscono per il diritto dell’Unione principi
fondamentali di cui gli operatori economici devono poter usufruire indipendentemente dal
Paese membro in cui sono insediati; 2) tali principi possono conoscere restrizioni nel campo
delle attività commerciali connesse ai giochi telematici e alle scommesse su eventi sportivi
esclusivamente quando si tratta di limiti, anche consistenti nella previsione di un regime
concessorio e di controlli di pubblica sicurezza, che sono fondati su “motivi imperativi di
interesse generale” e che rispondono a principi di proporzionalità, non discriminazione,
trasparenza e chiarezza; 3) qualora le restrizioni non rispondano a requisiti ora ricordati, le
libertà previste dagli artt.43 e 49 del Trattato conservano piena espansione e la disciplina
nazionale in contrasto con esse deve essere disapplicata; 4) in tale contesto normativo lo Stato
italiano si è opportunamente attivato per porre rimedio alle irregolarità relative alla gara per
l’attribuzione delle concessioni indetta nell’anno 1999, che aveva penalizzato la posizione della
società Stanley, ma la disciplina risultante dal “decreto Bersani” e dal contenuto dello schema
dì convenzione presenta aspetti di non conformità ai citati principi del Trattato nella parte in cui
stabilisce distanze minime tra gli esercizi commerciali che di fatto conservano la posizione di
indebito vantaggio acquisita dai concessionari aggiudicatari delle licenze rilasciate nel 1999.
Ritiene, infatti questa Corte che la disciplina in tema di distanze fra esercizi non risponda a
effettive esigenze di “canalizzazione” del gioco e sia frutto di valutazioni che rispondono a
logiche commerciali discendenti dalla concreta operatività degli esercizi stessi. Si tratta di
conclusione che trova conferma logica nella successiva decisione di sopprimere questo profilo
della disciplina in esame; 5) ad analoga conclusione deve giungersi con riferimento alle
disposizioni dello schema di convenzione in tema dì decadenza che, nonostante le espresse
richieste di spiegazione inoltrate dalla società Stanley all’AAMS, non chiarivano al momento
della gara pubblica se e in quale misura le attività transfrontaliere di commercializzazione di
giochi d’azzardo siano compatibili con la qualità di concessionario (questione, questa, che,
come sottolineato dalla Corte di Giustizia, ha visto l’Avvocato generale presentare due richieste
alternative, paragrafi 72-89 delle conclusioni, proprio a causa della non agevole comprensione
del testo); 6) ad analoga conclusione deve giungersi anche con riferimento alle ipotesi di
decadenza che concernono l’esistenza di condanne penali e di procedimenti penali a carico dei
legali rappresentanti della società concessionaria, limitatamente alla previsione che lega la
decadenza “a ogni altra ipotesi di reato suscettibile di far venire meno il rapporto fiduciario con
AAMS”; si tratta, a parere di questa Corte, di ipotesi che anche alla luce dei principi
dell’ordinamento interno deve essere valutata come non sufficientemente determinata nei
presupposti e tale da attribuire all’AAMS un margine di valutazione discrezionale non ancorato
a parametri suscettibili di agevole e coerente controllo in sede giudiziale. Su tale profilo appare
inequivoca la valutazione operata dalla sentenza della Corte di Giustizia ai punti 85 e 86;”
“L’interpretazione della disciplina del Trattato rilevante per l’esame del regime concessorio
riverbera effetti diretti (si vedano i punti 85 e 86 della sentenza del 16/2/2012) sulla posizione
giuridica dei gestori dei centri di trasmissione dei dati in virtù del legame contrattuale diretto
esistente e della disciplina del T.U.L.P.S. sopra richiamata (il rinvio è ai punti 68 e 70 della
sentenza della Corte di Giustizia del 16/2/2012). In conclusione, l’applicazione dei principi
interpretativi fissati dalla Corte di Giustizia impone di ritenere che all’epoca dei fatti le autorità
di pubblica sicurezza abbiano negato l’autorizzazione ex art.88 T.U.L.P.S. richiesta sulla base di
una disciplina non conforme ai principi del Trattato. Tale conclusione viene adottata da questa
Corte sulla base della peculiare posizione della società “Stanley”, che si caratterizza per alcune
rilevanti e specifiche circostanze: la illegittima esclusione dai bandi dì gara del 1999; la
mancata partecipazione alle gare indette nell’anno 2006, nonostante il manifestato interesse, a
causa della non conformità del nuovo regime concessorio ai principi del Trattato; la successiva
presentazione di richiesta di autorizzazione ex art.88 T.U.L.P.S., richiesta respinta a causa
dell’assenza di concessione”.

4. Il Tribunale ha, erroneamente, ritenuto che fosse onere del P.M. provare la legittima
esclusione della società straniera “dal diritto di stabilimento in Italia” ed impropriamente ha
ritenuto che andasse automaticamente disapplicata nei confronti di società operante all’estero
la normativa interna, per cui sul punto va corretta la motivazione dell’ordinanza impugnata.
Questa Corte però, già con altre sentenze che vanno qui richiamate (cfr. sent.n.12630 del
23.1.2013, Antelli; sent.n.17723 del 18.4.2013, Chiappini) ha ritenuto del tutto assimilabile la
posizione della Goldbet a quella della Stanley (alla luce della sopra richiamata ordinanza
16.2.2012 della Corte di giustizia), per cui anche nei suoi confronti va disapplicata la normativa
interna, perchè discriminatoria ed in contrasto con gli artt.43 e 49 Trattato CE.
Non sussistendo il fumus del reato di cui all’art.4 L.401/89, va, conseguentemente,
confermata l’ordinanza impugnata.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso del P.M.
Così deciso in Roma il 5.12.2013

della società di diritto inglese Stanley International Betting Ltd, la Goldbet non aveva
partecipato alle gare indette nel 2006 dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato;
che una società di diritto italiano detenuta dalla Goldbet aveva partecipato alle gare suddette
ed ottenuto due concessioni che però erano state revocate per violazione dell’art.23 co.3 dello
schema di convenzione tra AAMS e l’aggiudicatario della concessione, ha ritenuto che si
trattasse dì questione pregiudiziale identica e che quindi la risposta fornita nella sentenza
Costa e Cifone fosse “pienamente trasponibile alla questione sollevata dal giudice del rinvio
nel procedimento a quo”.

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