Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39241 del 16/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 39241 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DRAGHICI CLAUDIU N. IL 13/09/1979
avverso l’ordinanza n. 598/2013 TRIBUNALE di TORINO, del
18/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette/se le conclusioni del PG Dott. -F2

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 16/07/2014

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 18 novembre 2013 il Tribunale di Torino ha
rigettato l’istanza proposta nell’interesse di Draghici Claudiu, condannato con
sentenza definitiva alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione, diretta ad
ottenere la dichiarazione di non esecutività della sentenza emessa in data
21/7/2009 e l’emissione di tutti i provvedimenti consequenziali, in forza della
asserita nullità del decreto di latitanza, emesso senza indicare le ragioni per cui
si riteneva che l’indagato si fosse sottratto all’arresto e senza accertare la

Il Tribunale dava atto che il 21.12.2007 il G.I.P. del Tribunale di Torino
aveva disposto la notifica a Draghici del provvedimento con cui era stata
disposta la perdita di efficacia dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nel
corso delle indagini, relativamente ai reati per cui il 18/9/2007 era stata emessa
sentenza di non luogo a procedere, e del decreto che disponeva il giudizio (con
relativa traduzione) per altri reati. Il primo provvedimento era stato notificato a
mani di Draghici dalla polizia stradale di Marsala, mentre il decreto che
disponeva il giudizio era stato notificato ex art. 165 cod. proc. pen., in quanto
continuava ad essere efficace il decreto di latitanza per gli altri reati.
Il Tribunale riteneva che correttamente era stata decretata la latitanza di
Draghici, non risultando dagli atti elementi per orientare le ricerche all’estero, e
che, attesa la distinzione tra irreperibilità e latitanza, la circostanza che Draghici
fosse stato rintracciato incideva sulla prima situazione, e non sulla seconda. Dal
momento che egli non era stato arrestato, continuava a permanere il suo stato di
latitante: inoltre, dal provvedimento egli aveva preso conoscenza che vi era un
procedimento in corso a suo carico, nel cui ambito era stata emessa una misura
cautelare, e non aveva ritenuto necessario costituirsi e presenziare al processo.
Ha presentato ricorso per cassazione Draghici Claudiu a mezzo del difensore
di fiducia chiedendo l’annullamento del provvedimento per contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 165, 169
e 670 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 178 e 179 stesso codice.
Ricostruiti i fatti, come sopra illustrati, il ricorrente contesta la sussistenza
dei presupposti per emettere il decreto di latitanza e rileva come, nonostante
l’espressa richiesta formulata nel provvedimento del giudice, al momento della
sua convocazione alla polizia stradale di Marsala non gli era stato notificato il
decreto che disponeva il giudizio. Non era condivisibile il tentativo del Tribunale
di conciliare la permanente efficacia del decreto di latitanza con la notifica a sue
mani della revoca parziale del medesimo. Draghici era stato compiutamente
generalizzato negli atti poi trasmessi all’autorità giudiziaria procedente e
nonostante ciò nessun atto del processo gli era mai stato comunicato. Né egli,
1

possibile presenza dell’indagato all’estero.

come sostenuto dal Tribunale, poteva costituirsi e presenziare al processo, dal
momento che non gli era mai stato comunicato nessun atto da cui potesse avere
conoscenza del rinvio a giudizio. In conseguenza della nullità del decreto
dichiarativo della latitanza era derivata la nullità di tutti gli atti successivi.
Il Procuratore Generale presso questa corte ha depositato requisitoria scritta
concludendo per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. Limitato
l’oggetto della controversia alla notifica dell’estratto contumaciale della sentenza,
ritiene che il decreto di latitanza emesso non sia stato preceduto da effettive

spontaneamente appena convocato dalla polizia. Il fatto che, non per colpa sua,
non era stato arrestato, non lo doveva far considerare a tutti gli effetti latitante,
status presupponente la volontaria sottrazione all’arresto, con il pregiudizio
derivante dalla applicabilità del meno garantistico regime di notifica degli atti
previsto per i latitanti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e va accolto.
Va premesso – poiché il condannato ha promosso incidente d’esecuzione
contestando la ritualità di tutte le notificazioni degli atti processuali avvenute nei
sui confronti ai sensi dell’art. 165 cod. proc. pen., quale latitante, e ha allegato
altresì la assoluta mancanza di effettiva conoscenza del procedimento a suo
carico – che la questione da esaminare, ex art. 670 cod. proc. pen., in via
principale è soltanto se la sentenza possa considerarsi correttamente dichiarata
esecutiva.
Restano fuori dall’alveo dall’incidente d’esecuzione le questioni attinenti alla
instaurazione del rapporto processuale da farsi valere nell’ambito del giudizio
d’impugnazione ove, accolto l’incidente e rinnovata la notifica dell’estratto
contumaciale della sentenza, venga proposto appello o ricorso.
Le forme del processo non sono un valore a sé, ma servono a veicolare al
suo interno i valori della giurisdizione, primo tra tutti il diritto di difesa. È stato
autorevolmente affermato che il sistema processuale è volto a garantire
l’effettività delle funzioni, delle volontà e dei diritti. Le forme devono presidiare
tali finalità, non ostacolarle. Su un piano diverso si pone il formalismo, cioè il
puro rispetto delle forme, che apparentemente appaga le esigenze processuali,
ma nella sostanza menoma le garanzie e i diritti delle parti.
In particolare, la notificazione rappresenta lo strumento indispensabile per
consentire all’imputato di venire a conoscenza degli atti del processo al fine di
esercitare il proprio diritto di difesa. Va ricordato come, anche per effetto delle
recenti riforme legislative (legge 28 aprile 2014), al principio della conoscenza
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richieste dal momento che il “sedicente latitante” era a casa e si era presentato

,

legale, alla base del sistema delle notificazioni, per cui l’atto si ha per conosciuto
per effetto di una notifica effettuata secondo legge, si è sostituito quello della
conoscenza effettiva del processo.
La peculiarità del caso di specie richiede di ripercorrere brevemente gli
approdi cui è giunta questa Suprema Corte a Sezioni Unite quando ha affrontato
il tema della dichiarazione di latitanza emessa nei confronti di soggetto detenuto
all’estero per una causa diversa dall’estradizione (Sez. U., sent. 18882/2014 del
27/3/2014 Rv. 258793).

indagini ad opera della polizia giudiziaria incaricata di eseguire la misura
cautelare che si conclude con il verbale di vane ricerche. Solo se il giudice ritiene
«le ricerche esaurienti» e che l’indagato si è sottratto volontariamente all’arresto
emette il relativo decreto, destinato a mantenere efficacia per tutto il processo
fino a quando non risulterà dagli atti la perdita della condizione di latitante.
Corollario che se ne è tratto è che “La cessazione dello stato di latitanza, a
seguito di arresto avvenuto all’estero in relazione ad altro procedimento penale,
non implica la illegittimità delle successive notificazioni, eseguite nelle forme
previste per l’imputato latitante, fino a quando il giudice procedente non abbia
avuto notizia dell’arresto. A tal fine, è compito della polizia giudiziaria, deputata
alle ricerche del latitante, di procedere alla costante verifica di tutte le
informazioni, desumibili, tra l’altro, dai sistemi informativi nazionali ed
internazionali e di comunicare prontamente alla autorità giudiziaria procedente
l’eventuale arresto della persona ricercata”.
A diversa, ma non dissonante, conclusione è giunta la giurisprudenza di
questa Sezione (22076/09, Scollo) nel caso particolare in cui l’arresto, non
conosciuto dal giudice che procedeva, era avvenuto in territorio nazionale per un
altro procedimento.
Si è osservato che “Se è vero difatti che il giudice non è tenuto, dopo avere
emesso il decreto di latitanza, ad effettuare nuove ricerche in vista della
notificazione degli atti successivi, è comunque doverosa, secondo
ragionevolezza, quel minimo di diligenza che consiste nella verifica che la
latitanza non sia cessata. Insomma, quello che si richiede, come dice il
Procuratore generale, non è “accertare – come nel caso dell’irreperibile – dove
eventualmente si trovi il latitante”, ma “di accertare che il latitante sia ancora
tale”. D’altronde non solo, come pure rileva il Procuratore generale, nessun
onere di comunicazione è previsto a carico dell’imputato ex latitante, ma il
sistema presume all’inverso che, catturato il latitante, sia l’autorità che ha
eseguito l’arresto a darne comunicazione al Giudice che ha dichiarato lo stato di
latitanza o che procede. A tale adempimento è all’evidenza finalizzata la
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Si è osservato che la dichiarazione di latitanza fa seguito ad una fase di

comunicazione della dichiarazione di latitanza al servizio informatico ex art. 97
disp. att. c.p.p., che, in connessione agli adempimenti di cui agli artt. 6 e 7 reg.
esec. c.p.p., serve appunto ad evitare interruzioni o sfasature nel circuito
informativo”.
Ritornando al caso di specie, va osservato che, anche se legittimamente
emesso, il decreto di latitanza presuppone pur sempre che il soggetto nei cui
confronti sia stato emesso continui volontariamente a sottrarsi alla sua
esecuzione. La qualità di latitante cessa ovviamente quando il provvedimento

efficacia ovvero siano estinti il reato o la pena. È però indubbio che a seguito
della notifica a Draghici della revoca dell’ordine di carcerazione, l’autorità
giudiziaria procedente era venuta a conoscenza dell’indirizzo dell’imputato,
regolarmente iscritto nell’anagrafe del Comune di Marsala dal 22/5/2008, e dove
egli era reperibile. A quel punto, l’alternativa che si poneva al giudicante era
quella di sollecitare la polizia giudiziaria ad eseguire l’ordinanza di custodia
cautelare, tuttora valida ed efficace, ovvero di revocarla ove

medio tempore

fossero venuti meno i presupposti che ne avevano determinato l’emissione.
L’ossimoro in cui incorre l’ordinanza impugnata è quella di aver considerato
latitante un soggetto che era stato “rintracciato”, perché spontaneamente
presentatosi alla polizia giudiziaria e il cui indirizzo risultava dai registri
anagrafici. La conseguenza che se ne deve trarre è che, a prescindere
dall’efficacia o meno del decreto di latitanza, gli atti del processo, e, per quello
che qui interessa, l’estratto contumaciale della sentenza dovevahessere notificati
all’indirizzo noto.
L’ordinanza impugnata va pertanto cassata.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e l’ordine di esecuzione
relativo alla sentenza emessa il 21/7/2009 dal Tribunale di Torino nei confronti di
Draghici Claudiu. Dispone trasmettersi gli atti al predetto Tribunale per la
rinnovazione della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza e ordina
l’immediata liberazione del Draghici se non detenuto per altra causa, fatto salvo
il provvedimento di custodia cautelare emesso nei suoi confronti nel corso del
procedimento per il quale era stato dichiarato latitante. Si comunichi
immediatamente al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino
competente per l’esecuzione.
Così deciso in Roma, il 16 luglio 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

che vi ha dato causa ha avuto esecuzione ovvero sia stato revocato, abbia perso

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