Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3923 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3923 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IBBA STEFANO N. IL 09/03/1972
avverso la sentenza n. 713/2010 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
13/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 1J
che ha concluso per aQQ »
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 11/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Cagliari, con sentenza del 13.5.2011 ha confermato
la decisione con la quale, in data 7.4.2010, il Tribunale di quella città, all’esito di
un giudizio abbreviato, aveva riconosciuto Stefano IBBA responsabile del reato
di cui all’art. 73 d.P.R. 309\90, per la detenzione, finalizzata alla cessione a terzi,

persone non identificate, di imprecisati quantitativi di stupefacente per un
corrispettivo complessivo di euro 85,00.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un unico motivo di ricorso lamenta la violazione di legge, osservando
che la Corte territoriale avrebbe erroneamente effettuato un giudizio di
equivalenza tra la contestata recidiva ed il riconosciuto vizio parziale di mente,
accedendo ad una sorta di automatismo punitivo in ragione della sola esistenza
di precedenti penali per quanto riguarda la prima e senza tenere conto del fatto
che la diminuente del vizio parziale di mente, operando in maniera significativa
sulla personalità dell’autore del reato, dovrebbe avere maggiore influenza sulla
determinazione della pena che, nel caso in esame, risulterebbe sproporzionata.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Il ricorrente lamenta, sostanzialmente, l’eccessività della pena, ritenuta una
conseguenza del giudizio di equivalenza tra recidiva e vizio parziale di mente e
del diniego di qualsivoglia attenuante.
Rileva, altresì, che il giudice avrebbe applicato la recidiva senza specificarne
adeguatamente le ragioni, non adeguandosi ai principi giurisprudenziali fissati
dalle Sezioni Unite di questa Corte.

2. Come correttamente ricordato in ricorso, le Sezioni Unite di questa Corte
hanno precisato che la recidiva, operando come circostanza aggravante inerente
alla persona del colpevole, va obbligatoriamente contestata dal pubblico
ministero, in ossequio al principio del contraddittorio, ma può non essere ritenuta

di gr. 111,55 di hashish e gr. 65,05 di marijuana, nonché per la cessione, a

configurabile dal giudice, a meno che non si tratti dell’ipotesi di recidiva reiterata
prevista dall’art. 99, comma quinto, cod. pen., nel qual caso va anche
obbligatoriamente applicata. Ne consegue che, in presenza di contestazione della
recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen., è compito
del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia
sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore,
avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno,
alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale

della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della
personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato
riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (SS.UU n. 35738 del
27/05/2010, Calibé, Rv. 247839. Conf. Sez. 6, n. 43438 del 23/11/2010, Manco,
Rv. 248960; Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013 De Silvo, Rv. 256713).

3. Le Sezioni Unite hanno dunque escluso che la valutazione richiesta al
giudice possa risolversi nel solo riscontro formale dell’esistenza di precedenti
penali, ma l’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in
contestazione a rivelare la maggiore capacità a delinquere del reo non richiede
un’analitica esposizione dei criteri di valutazione, dovendosi ritenere sufficiente
l’esplicitazione, anche sintetica, delle ragioni per le quali si ritiene l’effettiva
idoneità in concreto ad indicare una più accentuata colpevolezza o una maggiore
pericolosità del condannato.
Va quindi escluso ogni automatismo nell’applicazione della recidiva, ma può
ritenersi sufficiente, come nella fattispecie, il richiamo all’entità dei precedenti
penali a carico del reo quale indice sintomatico di una condizione attuale di
pericolosità.
La Corte territoriale si è espressa in tal senso sul punto, riconoscendo la
validità delle conclusioni cui era giunto il giudice di prime cure, che richiamava,
senza incorrere in cedimenti logici o palesi contraddizioni.

4. Quanto al dedotto maggior rilievo che avrebbe dovuto assumere il vizio
parziale di mente nel giudizio di bilanciamento, deve rilevarsi che il rilievo appare
infondato.
Invero, nello stato di imputabilità diminuita per vizio parziale di mente la
capacità di intendere e di volere è soltanto scemata, con la conseguenza che il
dolo può comunque configurarsi in ragione della possibilità, per l’agente, di
prevedere e volere l’evento come conseguenza di una propria azione od
omissione e che proprio la possibilità di pervenire ad un giudizio di comparazione

2

tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità

offre al giudice la possibilità di un trattamento sanzionatorio più severo nel caso
in cui il giudice ritenga la prevalenza della recidiva, mentre la riconosciuta
prevalenza della circostanza inerente alla persona del colpevole consentirebbe
l’irrogazione di una pena più mite (cfr. Sez. 2, n. 35006 del 09/06/2010, Pistola,
Rv. 248613).

5. Ciò posto, deve tuttavia rilevarsi che la pena finale in concreto irrogata
(anni 4 di reclusione ed euro 18.000,00 di multa, all’esito del menzionato giudizio

2014, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272,
determinando la applicabilità dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 nel testo
anteriore alle modifiche apportate dalle norme dichiarate incostituzionali, risulta
illegale, atteso che la previsione sanzionatoria, reintrodotta per effetto della
sentenza della Corte costituzionale, stabilisce, per le sostanze stupefacenti di cui
alle tabelle II e IV dell’art. 14 (tra le quali rientrano quelle detenute dal ricorrente)
la pena della reclusione da due a sei anni, oltre la multa da 5.146 a 77.468 euro,
mentre , nella fattispecie, il calcolo della pena è stato effettuato sulla base delle
sanzioni previste prima della declaratoria di incostituzionalità.
Da ciò consegue che, limitatamente alla determinazione della pena, la
sentenza deve essere annullata con rinvio, rigettando nel resto il ricorso.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla determinazione della
pena, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Cagliari.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in data 11.12.2014

di equivalenza e della riduzione per il rito), avuto riguardo alla sentenza n. 32 del

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