Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3922 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3922 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Livera Angelo, nato a Leonforte il 24/4/1983

avverso la sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Caltanissetta in
data 11/12/2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Umberto De Augustinis, che ha chiesto l’annullamento della
sentenza con rinvio;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’11/12/2012, la Corte di appello di Caltanissetta
confermava la pronuncia emessa il 17/12/2009 dal Giudice per l’udienza
preliminare presso il Tribunale di Nicosia, con la quale Angelo Livera – in sede di
giudizio abbreviato – era stato condannato alla pena di due anni di reclusione e
quattromila euro di multa in ordine al delitto di cui all’art. 73, commi 1, 5, d.P.R.

Data Udienza: 11/12/2014

9 ottobre 1990, n. 309; allo stesso era addebitato di aver detenuto a fini di
spaccio 4,72 grammi di stupefacente del tipo eroina e 0,32 grammi di marijuana.
2. Propone ricorso per cassazione il Livera – a mezzo del proprio difensore
– argomentando tre motivi:
– violazione dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., vizio di motivazione.
La Corte avrebbe confermato la sentenza di condanna pur in assenza di prova
certa circa la destinazione allo spaccio dell’eroina sequestrata, ed anzi a fronte di
elementi indiziari di segno opposto;

colpevolezza. La Corte avrebbe condannato il Livera considerando gli elementi
relativi ad una ipotesi di reato (detenzione di eroina) anche in ordine all’altro
(marijuana);
– inosservanza o erronea applicazione di legge penale quanto all’istituto
della continuazione. La sentenza avrebbe confermato la continuazione tra un
fatto (in ipotesi) costituente reato, quale la detenzione di eroina, ed altro (in
concreto) non costituente reato, poiché – come già riconosciuto dal primo giudice
– relativo a quantitativo di sostanza molto inferiore ai valori soglia stabiliti dal
Ministero della Salute. Ancora, la Corte avrebbe applicato la continuazione ad un
unico fatto illecito, così dovendosi ritenere la detenzione delle due sostanze.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Con riguardo ai primi due motivi, da esaminare congiuntamente, attesane
l’identità di contenuto, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del giudice di
legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della
decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo,
restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 3, n. 12110 del 19.3.2009, Campanella, n.
12110, Rv. 243247). Si richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte
in forza del quale l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett e), cod. proc. pen., è soltanto quella evidente, cioè di spessore
tale da risultare percepibile ictu ocull; ciò in quanto l’indagine di legittimità sul
discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il
sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del
legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza
possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003, Petrella, Rv. 226074).

2

– illogicità e contraddittorietà della motivazione quanto al giudizio di

In altri termini, il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla
ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito, ma è limitato
alla verifica della rispondenza dell’atto impugnato a due requisiti, che lo rendono
insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo
hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o
di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento. (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e
altri, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv,

Se questa, dunque, è l’ottica ermeneutica nella quale deve svolgersi il
giudizio della Suprema Corte, le censure che il ricorrente rivolge al
provvedimento impugnato si evidenziano come infondate; in particolare, pur
deducendo un vizio motivazionale, in realtà il ricorso sollecita al Collegio
un’inammissibile, nuova valutazione delle emergenze istruttorie acquisite agli atti
(rinvenimento di stupefacenti, frammenti di plastica, ritagli di carta, rotolo di
nastro in sequestro; mancato rinvenimento del bilancino di precisione),
invocandone una diversa ed alternativa lettura, più favorevole al Livera. Quel che
non è consentito in questa sede e che, peraltro, è stato già compiuto – con
motivazione ampia, adeguata e priva di vizi logici – dalla Corte di merito; la
quale ha infatti valorizzato – nell’ottica della detenzione al fine di spaccio – 1) il
quantitativo notevole di eroina, peraltro nascosta negli slip, e quello, inferiore, di
marijuana e 2) il possesso di 55 frammenti di carta stagnola, di norma utilizzati
per confezionare singole dosi.
4. Anche il terzo motivo è infondato.
Ed invero, la Corte di merito – con motivazione adeguata e congrua – ha
riconosciuto nella vicenda in oggetto i caratteri di due illeciti penali, non già di un
unico fatto, attese le distinte condotte di detenzione di eroina (fuori
dall’abitazione) e di marijuana (all’interno dell’abitazione); in tal modo, quindi, la
sentenza si è conformata al principio di diritto per cui l’assenza di contiguità
temporale o spaziale tra più condotte di detenzione di sostanza impedisce
l’assorbimento dell’una nell’altra, con la conseguenza che le stesse danno luogo
a più violazioni della stessa disposizione di legge e, quindi, a distinti reati,
eventualmente legati dal vincolo della continuazione criminosa, ed ambedue
previsti dall’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990 (Sez. 4, n.

22588 del 7/4/2005,

Volpi, Rv. 232094).
Due distinte condotte di reato, quindi, poi riunite in continuazione dal
Giudice di merito; e con riferimento alle quali, peraltro, non è consentito in
questa sede – come invece invoca il ricorrente – rinnovare l’analisi concernente il
relativo quantitativo (specie di marijuana), in quanto accertamento in fatto già

3

251760).

compiuto nelle precedenti fasi di giudizio ed ínsuscettibile di nuovo o diverso
esame in questa sede di legittimità.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso in Roma, l’11/12/2014

Il Co

igliere estensore

Il residente

processuali.

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