Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39209 del 29/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 39209 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PICCIRILLI PAOLO N. IL 29/11/1960
avverso la sentenza n. 8/2012 TRIBUNALE di CASSINO, del
18/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 29/05/2015

Il Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, dott. Eugenio
Selvaggi, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
il difensore della parte civile, avv. Giancarlo Mignanelli, ha depositato
conclusioni scritte e nota spese.

RITENUTO IN FATTO

il 18 febbraio 2013, il Giudice di pace di Arce condannava alla pena di giustizia
Piccirilli Paolo per i reati di lesioni, ingiuria e minaccia in danno di Martini Alfio.
2. Ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, avv. Maria Lucia Forte,
deducendo vizio di motivazione in relazione alla valutazione di attendibilità della
persona offesa e del teste Mancini Pasquale, che ha riferito circostanze de relato,
nonché carenza motivazionale in relazione ai delitti di lesioni volontarie e di
minaccia, per non aver preso in considerazione le censure proposte con l’atto
d’appello.
3. Con memoria del 9 giugno 2014 il difensore della parte civile Martini Alfio
ha chiesto il rigetto del ricorso, sottolineando che la motivazione della sentenza
in ordine all’attendibilità della deposizione della persona offesa è assolutamente
logica e adeguata e che le sue parole hanno trovato riscontro in numerosi altri
elementi, in grado di dimostrare ciascuno dei reati contestati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 In via generale va ricordato il principio consolidato secondo il quale non
può formare oggetto di ricorso l’indagine sull’attendibilità dei testimoni, salvo il
controllo sulla congruità e logicità della motivazione adottata dal giudice di
merito, che, nella fattispecie, appare coerente e logica (Sez. 2, n. 20806 del
05/05/2011, Tosto, Rv. 250362); infatti il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità
delle fonti di prova è devoluto insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta
che essi compiono, per giungere in al proprio libero convincimento, con riguardo
alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori, piuttosto che ad altri,
ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando non sia
fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di legittimità
della Corte Suprema.
1.2 Nel caso di specie il Tribunale ha confermato la valutazione di

1. Con sentenza del 15 novembre 2013, confermata dal Tribunale di Cassino

attendibilità delle dichiarazioni della vittima, già formulata dal Tribunale, con
congrua ed analitica motivazione (si evidenzia la coerenza espositiva, la
complessiva logica portante la saldezza ricostruttiva nella versione dei fatti
offerta dal Martini) ed ha dato atto dei numerosi riscontri rappresentati dalle
deposizioni degli altri testi e dal referto medico in atti. D’altra parte va ricordato
che alla deposizione della persona offesa non si applicano le regole dettate
dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., potendo essere legittimamente poste da
sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato,

soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (Sez. U,
n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214).
2. La doglianza di carenza motivazionale in relazione alle censure formulate
con l’atto d’appello in ordine al reato di minaccia è generica, poiché il ricorrente
si limita a richiamare dei non meglio precisati “elementi di criticità” indicati
nell’appello, omettendo la necessaria “indicazione specifica delle ragioni di diritto
e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”, imposta dall’art. 581,
comma 1, lettera C, richiesta a pena di inammissibilità per ogni impugnazione
dall’art. 591, lettera C, cod. proc. pen..
2.1 D vizio di mancanza motivazione, che secondo questa Corte si ha non
solamente in caso di mancanza grafica della stessa, ma anche quando le
argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del suo
convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze
formulate dall’interessato con i motivi di appello, dotate del requisito della
decisività, implica l’onere del ricorrente di precisare tali doglianze, al fine di
consentire al Giudice di legittimità, anche attraverso l’esame dei motivi di
appello, di accertare la congruità e la completezza dell’apparato argomentativo
adottato dal Giudice di secondo grado, rientrando nei compiti attribuiti dalla
legge alla Corte di Cassazione la disamina della specificità o meno delle censure
formulate con l’atto di appello, quale necessario presupposto dell’ammissibilità
del ricorso proposto davanti alla stessa Corte (Sez. 6, n. 35918 del 17/06/2009,
Greco, Rv. 244763). Onere che nel caso di specie non è stato adempiuto.
3. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di
inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.
Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore
della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo

3

previa verifica rigorosa, corredata da idonea motivazione, della credibilità

determinare in Euro 1.000,00.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue altresì la condanna al
rimborso delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate in C 2200,00
complessivi, oltre accessori, come per legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

ammende. Condanna altresì il ricorrente al rimborso delle spese in favore della
parte civile, liquidate in complessivi C 2000,00, di cui euro 2000 per onorari.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2015
Il pre dente

spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della cassa delle

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