Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39203 del 14/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 39203 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SHAN FENG N. IL 15/10/1974
avverso la sentenza n. 291/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del
24/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO

Data Udienza: 14/05/2015

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. M. Pinelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Udito
altresì per il ricorrente l’avv. P. Gallo, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata il 24/01/2014, la Corte di appello di Salerno ha
confermato la sentenza del 25/03/2010 con la quale il Tribunale di Salerno aveva

quale rappresentante legale di Lucky Shoes s.r.I., aveva introdotto nel territorio
nazionale 7614 paia di calzature di fabbricazione cinese recanti il marchio
contraffatto “Cayman Beach” e “Mammouth”, entrambi appartenenti alla Crocs.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Salerno ha proposto
ricorso per cassazione Shan Feng, attraverso il difensore avv. P. Gallo,
articolando cinque motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma
1, disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia violazione della legge penale in relazione all’art.
649 cod. proc. pen., in quanto, con sentenza n. 1600/2012, non impugnata,
emessa dal Tribunale di Salerno, il ricorrente è stato condannato per i reati di cui
all’art. 81, primo comma, 648 cod. pen. per aver acquistato o ricevuto 7614 paia
di scarpe con marchi contraffatti “Cayman Beach” e “Mammouth”, entrambi
appartenenti alla Crocs.
Il secondo motivo denuncia violazione della legge penale in relazione agli
artt. 81, primo comma, e 133 cod. pen. e agli artt. 25 e 111 Cost., in quanto,
versandosi nel caso di specie in ipotesi di concorso formale eterogeneo dei reati,
la duplicazione dell’azione dalla quale sono scaturiti procedimenti diversi ha di
fatto eluso l’art. 81 cod. pen., con conseguente lesione dei diritti dell’imputato
che, se giudicato in un unico procedimento, sarebbe stato condannato a pena
inferiore.
Il terzo motivo denuncia violazione della legge penale con riguardo
all’elemento soggettivo del reato: la circostanza che la merce provenisse da uno
stato comunitario (la Spagna) e che fosse “Made in China” non rileva sulla
consapevolezza della falsità, posto che il 95% del marchi mondiali – compresa la
Crocs – produce in Cina, laddove l’identità dei modelli rispetto a quelli
contraffatti ha certamente tratto in inganno il ricorrente.
Il quarto motivo denuncia violazione della legge penale e mancata
assunzione di una prova decisiva in relazione agli artt. 220, 223, 36, 192 cod.
proc. pen. e 111 Cost.: le dichiarazioni dei testi escussi in primo grado
2

dichiarato Shan Feng colpevole del reato di cui all’art. 474 cod. pen., perché,

,

chiariscono che per una compiuta valutazione della sussistenza della
contraffazione sarebbe stata necessaria la valutazione di un perito, laddove il
primo giudice si è limitato ha richiamare quanto affermato dal consulente del
pubblico ministero, che coincide con la persona offesa e non ha la terzietà del
perito d’ufficio. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che quando la
persona offesa si è costituita parte civile può essere opportuno procedere al
riscontro delle sue dichiarazioni con altri elementi. La mancata nomina del perito,
in elusione degli artt. 220 e 36 cod. proc. pen., ha precluso all’imputato la

Il quinto motivo denuncia violazione della legge penale in relazione all’art.
228 cod. proc. pen.: in dibattimento non sono mai state visionate le scarpe di cui
all’imputazione, sicché non si è raggiunta la certezza della contraffazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Il primo motivo non è fondato. Premesso che, secondo il costante
orientamento della giurisprudenza di questa Corte, il delitto di ricettazione e
quello di commercio di prodotti con segni falsi possono concorrere, atteso che le
fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e
cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non
risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore (Sez.
U, n. 23427 del 09/05/2001 – dep. 07/06/2001, P.M. in proc. Ndiaye, Rv.
218771; conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 12452 del 04/03/2008 – dep. 20/03/2008,
P.G. in proc. Altobello, Rv. 239745), non sussiste la dedotta violazione del ne bis
in idem:

infatti, secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di

legittimità, condiviso dal Collegio, la preclusione del ne bis in idem non opera ove
tra i fatti già irrevocabilmente giudicati e quelli ancora da giudicare sia
configurabile un’ipotesi di concorso formale di reati, potendo in tal caso la stessa
fattispecie essere riesaminata sotto il profilo di una diversa violazione di legge,
fatta salva l’ipotesi – non ravvisabile nel caso di specie – in cui nel primo giudizio
sia stata dichiarata l’insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da
parte dell’imputato, poiché in questo caso l’evento giuridico considerato
successivamente si pone in rapporto di inconciliabilità logica con il fatto già
giudicato (Sez. 3, n. 50310 del 18/09/2014 – dep. 02/12/2014, Scandroglio, Rv.
261516; conf., ex plurimis, Sez. 4, n. 25305 del 02/04/2004 – dep. 07/06/2004,
Aldini, Rv. 228924; Sez. 3, n. 25141 del 15/04/2009 – dep. 17/06/2009,
Ferrarelli, Rv. 243908).

partecipazione attiva all’assunzione della prova.

Il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto la censura
trascura di considerare l’applicabilità in executivis della disciplina del concorso
formale ex art. 671 cod. proc. pen.
Il terzo motivo è inammissibile. La Corte di appello ha motivato in ordine
alla riconoscibilità, in capo all’imputato, del dolo del reato in questione,
valorizzando la sua esperienza professionale e la circostanza che l’importazione
era avvenuta non già per il tramite di agenti della società titolare dei marchi,
bensì direttamente da un fornitore cinese: le doglianze del ricorrente incentrate, in sintesi, sull’inganno in cui sarebbe caduto – omettono il puntuale

della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del
09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).
Il quarto e il quinto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente,
sono inammissibili. Oltre che non dedotte nel gravame, le censure trascurano di
considerare che la prova della contraffazione è stata ritenuta dal giudice di primo
grado alla luce della perizia tecnica acquisita su accordo delle parti, il che esclude
le lesioni del diritto di difesa e del contraddittorio lamentate, laddove, quanto alla
valenza dimostrativa del predetto dato probatorio, le doglianze risultano del tutto
generiche.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 14/05/2015.

confronto con la motivazione resa dalla Corte di merito, sicché risultano carenti

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