Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39198 del 08/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 39198 Anno 2015
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Kovaci Arben, nato a Diber (Albania), il 2.2.1981, avverso la
sentenza pronunciata dalla corte di appello di Torino il
16.12.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Gabriele Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito per il ricorrente il difensore di fiducia, avv. Dario Barberis,
del Foro di Torino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 08/05/2015

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 16.12.2014 la corte di appello di
Torino confermava la sentenza con cui il tribunale di Torino, in

di giustizia per il reato di cui agli artt. 582, 583, co. 1, n. 2), 61,
n. 1, c.p., commesso in danno di Massimiliano Canestrale, oltre al
risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita
parte civile.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede
l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a
mezzo del suo difensore di fiducia, l’imputato, lamentando: 1)
violazione di legge in relazione agli artt. 597, co. 1, 598 e 82, co.
2, c.p., per non avere la corte territoriale, nonostante vi fosse
specifica richiesta del difensore dell’imputato al riguardo, revocato
le statuizioni civili della sentenza appellata, in conseguenza della
mancata presentazione delle conclusioni scritte ad opera della
costituita parte civile assente nel giudizio di appello, benché sia il
Canestrale che il suo difensore e procuratore speciale fossero stati
regolarmente citati per tale giudizio; 2) violazione di legge e vizio
di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante
dell’indebolimento permanente dell’organo della masticazione,
configurabile solo in caso di avulsione di un dente, non
riscontrabile nella fattispecie in esame, in cui si è verificata solo la
rottura di due incisivi della persona offesa e non l’avulsione degli
stessi dalle gengive, laddove l’affermazione del Canestrale
secondo cui in conseguenza della rottura gli erano state praticate
delle protesi che avevano sostituito gli incisivi rotti, che ogni tanto

2

data 3.3.2011, aveva condannato Kovaci Arben alla pena ritenuta

si rompevano e dovevano essere sostituite, non possono
considerarsi sufficienti, come invece ha ritenuto la corte
territoriale, a dimostrare la sussistenza della suddetta circostanza
aggravante; 3) violazione di legge in ordine agli artt. 164, co. 1 e
4, 133, co. 2, n. 2 e n. 3, 165, co. 2 e 3, c.p., in ordine alla

della pena, richiesto dall’imputato nella forma subordinata
all’adempimento di obblighi, rifiuto che non si giustifica in
considerazione del comportamento collaborativo e corretto
mantenuto dal Kovaci (che ha ammesso l’addebito) nel corso del
procedimento e della modesta gravità del precedente penale,
risalente nel tempo, esistente a suo carico per un reato di diversa
indole; 4) omessa motivazione sulle ragioni per cui le circostanze
attenuanti generiche sono state riconosciute con giudizio di
equivalenza, piuttosto che di prevalenza sulle ritenute circostanze
aggravanti.
3.

Il

ricorso

non

può trovare

accoglimento,

stante

l’inammissibilità, per diverse ragioni, dei motivi su cui si fonda.
4. Ed invero manifestamente infondato appare il primo motivo di
ricorso.
Come affermato, infatti, dall’orientamento dominante in sede di
legittimità, è legittima la statuizione – pronunciata in sede di
appello – di condanna alle spese a favore della parte civile,
ancorché quest’ultima non abbia presentato in tale sede le proprie
conclusioni, stante il principio di immanenza della costituzione di
parte civile, previsto dall’art. 76, co., 2, c.p.p., in virtù del quale la
parte civile, una volta costituita, deve ritenersi presente nel
processo anche se non compaia e deve essere citata nei
successivi gradi di giudizio ancorché non impugnante, sicché

3

mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale

l’immanenza viene meno solo nel caso di revoca espressa ovvero
nei casi di revoca implicita che non possono essere estesi al di là
di quelli tassativamente previsti dall’art. 82, co. 2, c.p.p. (cfr.
Cass., sez. V, 4.6.2013, n. 39471, rv. 257199).
Sicché la mancata presentazione delle conclusioni della parte

tacita della costituzione di parte civile di cui all’art. 82, co. 2,
c.p.p., essendo quest’ultima norma applicabile al solo giudizio di
primo grado (cfr. Cass., sez. 23.5.2013, n. 25012, rv. 257032).
5. Manifestamente infondato deve ritenersi anche il secondo
motivo di ricorso, in quanto il ricorrente anche in questo caso non
tiene conto dell’orientamento dominante in sede di legittimità,
secondo cui in caso di lesioni personali, anche una menomazione
minima, purché apprezzabile, di un organo integra la circostanza
aggravante di cui all’art. 583, co. 1, n. 2), c.p. (cfr., ex plurimis,
da ultima, Cass., sez. V, 5.2.2013, n. 27986, rv. 256357).
Nella fattispecie concreta presa in esame dal Supremo Collegio in
tale ultimo arresto, analoga a quella considerata nella sentenza
oggetto del presente ricorso, la Corte ha ritenuto sussistente
l’aggravante in questione proprio in presenza di plurime fratture
dentarie da cui era derivato un indebolimento permanente
dell’organo della masticazione.
6.

Assolutamente esaustivo deve ritenersi il percorso

motivazionale seguito dalla corte territoriale per negare
all’imputato la sospensione condizionale della pena, fondato
correttamente sulla impossibilità di formulare la prognosi
favorevole imposta dall’art. 163, c.p., desunta dalla gravità del
reato commesso, dalla mancanza di elementi valutabili in favore
del prevenuto e dalla presenza a suo carico di un precedente

4

civile nel giudizio di appello non integra gli estremi della revoca

penale, in relazione al quale percorso, pienamente idoneo a
giustificare con specificità, nel caso concreto, la negazione del
beneficio (cfr. Cass., sez. III, 10/10/2013, n. 44201; Cass., sez.
VI, 31/10/2013, n. 16017), le doglianze difensive, in definitiva, si
appalesano come censure sul merito del trattamento

7. Quanto all’ultimo motivo di ricorso, si deve rilevare che, nel
ritenere adeguata la pena inflitta all’imputato, sulla base degli
stessi elementi che militano contro la concessione del beneficio
della sospensione condizionale della pena (cfr. p. 6), la corte
territoriale ha implicitamente, ma con assoluta chiarezza, indicato
le ragioni per cui non ha ritenuto di concedere le circostanze
attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza, piuttosto che di
equivalenza, rispetto alle circostanze aggravanti, per cui anche su
questo punto il ricorso appare manifestamente infondato.
8. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in
premessa va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese
del procedimento e della somma di euro 1000,00 a favore della
cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che
l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non
consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella
determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr.
Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della
1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma lì 8.5.2015

somma di euro

sanzionatorio, non consentite in questa sede di legittimità.

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