Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3919 del 04/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3919 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Buresta Francesco, nato ad Aisenau (Belgio) il 5/9/1958

avverso la sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Bologna in data
10/4/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Francesco Salzano, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. Provini, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12/5/2011, il Tribunale di Bologna dichiarava
Francesco Buresta colpevole dei reati di cui agli artt. 5, lett. b), d. Igs. 30 aprile
1962, n. 283 e 56, 515 cod. pen., e lo condannava alla pena di cinque mesi di
reclusione, condizionalmente sospesa. All’imputato era contestato – quale

Data Udienza: 04/12/2014

amministratore di una società che gestiva un ristorante — di aver detenuto in
cattivo stato di conservazione numerosi cibi, congelati e ricongelati, nonché di
aver compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco a somministrare ai clienti
cibi di qualità diversa da quella dichiarata, utilizzando alimenti congelati non
indicati come tali nel menu.
2. Con sentenza del 10/4/2014, la Corte di appello di Bologna, in parziale
riforma, dichiarava non doversi procedere in ordine alla contravvenzione di cui al
d. Igs. n. 283 del 1962, perché estinta per prescrizione; confermava nel resto,

3. Propone ricorso per cassazione il Buresta, personalmente, deducendo —
con unico motivo — la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione. La Corte avrebbe confermato la condanna per il delitto di cui agli
artt. 56, 515 cod. pen., pur difettando la prova che, al momento del controllo,
fossero presenti clienti nel ristorante; i cibi in interessati, peraltro, sarebbero
stati rinvenuti in congelatori posti in un locale adiacente al ristorante, di tal ché
la destinazione al consumo degli avventori sarebbe stata meramente ipotetica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è manifestamente infondato.
Occorre innanzitutto ribadire che il controllo del giudice di legittimità sui vizi
della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia
l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra
le varie, Sez. 3, n. 12110 del 19.3.2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247). Si
richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte in forza del quale
l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e),
cod. proc. pen., è soltanto quella evidente, cioè di spessore tale da risultare
percepibile

ictu °culi;

ciò in quanto l’indagine di legittimità sul discorso

giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del
legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza
possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003, Petrella, Rv. 226074).
In altri termini, il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla
ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito, ma è limitato
alla verifica della rispondenza dell’atto impugnato a due requisiti, che lo rendono
insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo

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così rideterminando la pena nella misura di quattro mesi di reclusione.

hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o
di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento. (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e
altri, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv,
251760).
Se questa, dunque, è l’ottica ermeneutica nella quale deve svolgersi il
giudizio della Suprema Corte, le censure che il ricorrente rivolge al
provvedimento impugnato si evidenziano come manifestamente infondate. Ed

momento dell’accesso degli operanti, è stata valutata dalla Corte di merito come
del tutto irrilevante in forza di una motivazione congrua e priva di vizi logici,
sulla quale, peraltro, il ricorrente non spende alcuna considerazione; in
particolare, la sentenza — con solido percorso argomentativo – conferma che: 1)
il sopralluogo degli ispettori A.s.l. era stato eseguito durante l’orario di apertura
del locale; 2) la dispensa presentava gran quantità di cibo con segni inequivoci di
cattiva conservazione (congelato e ricongelato), evidentemente destinato alla
ristorazione; 3) questa conclusione doveva presumersi dalla collocazione delle
celle frigorifere (in locali subito adiacenti al ristorante), nonché dall’assenza di
qualsivoglia, ipotizzabile diversa destinazione dello stesso cibo (peraltro, neppure
avanzata dall’odierno ricorrente); 4) il menu non menzionava la natura congelata
di alcuni alimenti.
Considerazioni alle quali il ricorso non dedica alcun argomento, limitandosi a
ribadire le censure già adeguatamente contrastate dalla sentenza qui impugnata.
Il gravame, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativannente fissata in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 4/12/2014

Il Co

iere estensore

Il Presidente

invero, la circostanza della presenza o meno dei clienti nel ristorante, al

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