Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3918 del 04/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3918 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Colognese Edmondo nato a Torino il 26.6.1941
avverso la sentenza del 15.5.2014
della Corte di Appelio di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano;
udito il P.M.,in persona dei Sost.Proc.Gen.Francesco Salzano,
che ha concluso, chiedendo il rigetto del ricorso;

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Data Udienza: 04/12/2014

1.La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 15.5.2014, confermava la sentenza del
Tribunale di Milano, in composizione monocratica, emessa in data 30.10.2013, con la quale
Edmondo Colognese era stato condannato, riconosciuta la diminuente per la scelta del rito, alla
pena di anni 1, mesi 1 e giorni 10 di reclusione per il reato di cui agli artt. 81 cod.pen., 8,
primo e secondo comma, D.L.vo 74/2000 ascritto (con esclusione della fattura n.4 del 2006 in
ordine alla quale veniva dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione).
Premetteva la Corte territoriale che dagli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate, tramite il
sistema informatico dell’anagrafe tributaria, era emerso che la Electronic System, di cui il
Colognese era rappresentante legale, aveva emesso negli anni 2006 e 2007 fatture per ingenti
importi, nei confronti di Alberto Maria Salvatore Bianchi, relative ad operazioni inesistenti.
Dopo aver riportato la motivazione deHa sentenza di primo grado, riteneva la cori:P
territoriale destituito di fondamento l’appello dell’imputato.
Non meritevole di accoglimento era, innanzitutto, la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale (al fine di acquisire l’intera documentazione contabile delle società coinvolte
nella presunta emissione delle false fatturazioni), perfezionandosi il reato di cui all’art.8 D.L.vo
74/2000 con la emissione delle fatture (e non essendo quindi necessaria la dichiarazione
fiscale). La fattispecie, costruita come figura autonoma di reato, prescinde dalla successiva
utilizzazione delle fatture da parte del terzo ed è quindi svincolata dal conseguimento da
parte di questi di un’evasione di imposta.
dal Bianchi era infondata,
Anche l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese
trattandosi di utilizzazione, in sede di giudizio abbreviato, del contenuto della comunicazione
di notizia di reato in cui esse erano riportate.
Il reato contestato, sulla base delle risultanze acquisite, doveva poi ritenersi sussistente,
risultando la prova dalla emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Non era, infine, certamente maturata la prescrizione, dovendosi ritenere, stante l’unitarietà
del reato di cui all’art.8, che il termine di decorrenza della prescrizione medesima coincidesse
con la data ultima di emissione nell’anno solare.
La pena, peraltro corrispondente al minimo edittale, era congrua ed adeguata all’entità del
fatto.
2. Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, denunciando la violazione di
legge ed il vizio di motivazione in relazione al mancato accoglimento della richiesta di
integrazione probatoria, avanzata prima ali’ udienza preliminare e poi reiterata in sede di
richiesta di rito abbreviato.
Era necessario acquisire l’intera documentazione contabile, in quanto la fattura come mero
documento cartaceo non assume rilievo fiscale e non può quindi essere propedeutica a futuri
comportamenti evasivi. Una fattura può considerarsi emessa se sia stata consegnata al cliente
e registrata; è necessaria quindi la contabilizzazione.
Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza
del reato contestato.
Per la configurabilità del reato è necessario che le fatture siano emesse con il fine di
evadere il fisco e che siano state anche utilizzate. L’Agenzia delle Entrate non ha neppure
accertato se le fatture siano state registrate; la notizia di reato è quindi fondata su congetture
e supposizioni.
La fattispecie penale non si è perfezionata proprio perché, come rilevato dallo stesso Ufficio,
non è stata presentata la dichiarazione dei redditi.
Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all’omessa declaratoria di
prescrizione per tutte le fatture emesse nell’anno 2006. Il momento consumativo del reato si
ha con la consegna al destinatario, dopo l’annotazione nelle scritture contabili.
Al momento del primo atto interruttivo (avviso di fissazione dell’udienza preliminare
notificato il 14.2.2013) la prescrizione era maturata per tutte le violazioni relative all’anno
2006, non potendosi ritenere idoneo atto interruttivo l’accertamento effettuato dall’agenzia
delle Entrate; in ogni caso, anche al momento di tale accertamento del 23.2.2006, era
maturata la prescrizione.

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RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Quanto al primo motivo, va innanzitutto rilevato che non risulta che il ricorrente abbia
fatto richiesta di rito abbreviato condizionato all’acquisizione della documentazione contabile;
sicchè la richiesta di detta acquisizione risultava, evidentemente, formulata al fine di
sollecitare i poteri del giudice ex art.441 comma 5 cod.proc.pen. (il ricorrente peraltro
genericamente si limita ad affermare di aver formulata tale richiesta “in sede di udienza
preliminare e reiterata in sede di richiesta di rito abbreviato”).
Questa Corte ha costantemente affermato che “nel processo celebrato con il rito abbreviato,
l’imputato rinunzia definitivamente al diritto di assumere prove diverse da quelle già acquisite
agli atti o richieste come condizione a cui subordinare il giudizio allo stato degli atti ai sensi
dell’art.438 comma 5 c.p.p.. I poteri del giudice di assumere gli elementi necessari ai fini della
decisione (art.441 comma 5 c.p.p.), di disporre in appello la rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale (art.603 comma 3 c.p.p.) sono poteri officiosi, che prescindono dall’iniziativa
dell’imputato, non presuppongono una facoltà processuale di quest’ultimo e vanno esercitati
solo quando emerga un’assoluta esigenza probatoria” (cfr. Cass.pen.sez.3 n.12853 del
13.2.2003).
E’ stato ribadito anche successivamente, in relazione al giudizio di appello, che “a seguito
della nuova formulazione dell’art.438 c.p.p., deve ritenersi possibile la richiesta di rinnovazione
in appello dell’istruttoria dibattimentale da parte dell’imputato che abbia subordinato la
richiesta di accedere al rito abbreviato ad una specifica integrazione probatoria, mentre chi
abbia richiesto il rito abbreviato alla stato degli atti può solo sollecitare il giudice di appello
all’esercizio del potere di ufficio di cui all’art.603 comma terzo cod.proc.pen.”
(cfr.Cass.pen.sez.3 n.15296 del 2.3.2004; conf.Cass.pen.sez.4 n.15573 del 20.12.2005).
2.1. La Corte territoriale ha dato adeguatamente conto del mancato esercizio dei poteri
officiosi, evidenziando che risultava assolutamente inutile l’acquisizione della documentazione
contabile, emergendo già dalla notizia di reato dell’Agenzia delle Entrate (documento
pienamente utilizzabile, stante la scelta del rito abbreviato) che le fatture di cui alla
contestazione erano state emesse dalla Electonic System ed erano relative ad operazioni
inesistenti. E tanto era sufficiente per ritenere configurabile il reato contestato.
Il reato di cui all’art.8 D.L.vo 74/2000 si perfeziona, invero, al momento della emissione
delle fatture e prescinde dalla effettiva utilizzazione della stessa da parte del soggetto a favore
del quale è stata emessa e dall’effettivo conseguimento di un’evasione di imposta.
Secondo costante giurisprudenza di questa Corte l’emissione di fatture per operazioni
inesistenti, già punita dall’art.4 lett.d) D.L.429/82, conv. in L.516/82, prevista dall’art.8
D.L.vo 74/2000, si configura, infatti, come un reato di pericolo astratto, atteso che mira a
tutelare l’interesse dello Stato a non vedere ostacolata la propria funzione di accertamento
fiscale, anticipando la soglia dell’intervento punitivo rispetto al momento della dichiarazione ed
essendo svincolata dal conseguimento di una effettiva evasione, punendo comportamenti
propedeutici connotati da potenzialità lesiva del citato interesse erariale (cfr. ex multis
Cass.pen. sez. 3 n.26395 del 13.5.2004; Cass.sez. 3 n.40172 del 26.9.2006.
Sicchè non è certo necessaria, ai fini della configurabilità del reato, la dichiarazione fiscale
richiesta e tanto meno il conseguimento dell’evasione fiscale (Cass.sez. 3 n.33891 del
26.4.2006).
3. I Giudici di merito, poi, con accertamento in fatto, sorretto da adeguata motivazione,
hanno ritenuto che le fatture emesse dalla Electronic System srl, indicate nella comunicazione
relative fossero
dell’Agenzia delle entrate, erano state emesse benché le operazioni
inesistenti.
Sul punto si era già soffermato ampiamente il Tribunale (cui rinvia la Corte di Appello) che
aveva sottolineato come sussistesse sia l’elemento oggettivo che quello soggettivo del reato
contestato. Sotto il profilo dell’elemento psicologico, aveva evidenziato il Tribunale che “la
natura totalmente fittizia delle operazioni indicate nelle fatture in contestazione, infatti, non
trova altra ragionevole giustificazione se non nella volontà dell’imputato di emettere documenti

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1.11 ricorso è manifestamente infondato.

4. Quanto alla prescrizione, va ricordato che, a norma dell’art.8 comma 2 D.L.vo
n.74/2000, ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il
rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo
di imposta si considera come un solo reato.
I dubbi interpretativi manifestatisi sotto l’imperi° della precedente disciplina non hanno più
ragion d’essere alla luce del chiaro disposto normativo, che considera “unitario” il reato anche
in presenza della emissione, nel corso del medesimo periodo di imposta, di una pluralità di
fatture per operazioni inesistenti.
Tale unitarietà del reato non può che ripercuotersi sul momento di consumazione e quindi
sulla decorrenza della prescrizione.
Questa Corte ha infatti affermato che “ai fini della individuazione del momento di
consumazione del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art.8
del Decreto Legislativo 10 marzo 2000 n.74, non rileva il momento dell’accertamento, ma
quello in cui è avvenuta l’emissione della singola fattura ovvero dell’ultima di esse, quando vi
sia stata pluralità di emissioni nel corso del medesimo periodo di imposta” (cfr. Cass.sez.3 n.
20787 del 18.4.2002).
Tale principio costituisce attuazione della chiara disposizione che, al D.Lgs.10 marzo 2000
n.74, art.8, in deroga agli ordinari principi previsti dall’art.81 cpv. c.p. in tema di
continuazione, prevede un regime di favore per l’imputato mediante la riconduzione ad unità
dei plurimi episodi di emissione di fatture per operazioni inesistenti commessi nell’arco del
medesimo arco di imposta. A fronte di tale regime favorevole, che riconduce la pluralità ad
unico reato e in tal modo esclude l’aumento di pena che sarebbe applicato in via ordinaria,
corrisponde la conseguenza che il termine prescrizionale non decorre dalla data di
commissione di ciascun episodio, bensì dall’ultimo di essi” (cfr.Cass.pen.sez.3 n.6264 del
14.1.2010).
4.1.Le violazioni relative all’anno 2006, stante il carattere “unitario” del reato in precedenza
evidenziato, debbono ritenersi commesse alla data di emissione dell’ultima di esse
(28.12.2006), per cui certamente non era maturata la prescrizione al momento dell’emissione
della sentenza impugnata.
Il termine massimo di prescrizione di anni 7 e mesi 6 (tenuto conto anche della interruzione
ex art.160 c.p.), cui va aggiunto il periodo di sospensione di giorni 89 (rinvio delle udienze del
17.7.2013 e 25.9.2013 su richiesta del difensore), andava infatti a maturare il 25.9.2014.
Correttamente poi la Corte territoriale ha ritenuto che la prescrizione fosse stata interrotta
dall’accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
A norma dell’art.17 D.L.vo 74/2000, infatti, “il corso della prescrizione per i delitti previsti
dal presente decreto è interrotto, oltre che dagli atti indicati nell’art.160 c.p., dal verbale di
constatazione o dall’atto di accertamento delle relative violazioni”.
5. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore della cassa delle
ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi
dell’art.616 c.p.p.
E’ appena il caso di aggiungere che l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di
dichiarare la prescrizione (per le violazioni commesse nel 2006), maturata dopo l’emissione
della sentenza impugnata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 4.12.2014

fittizi da poter utilizzare nelle dichiarazioni tributarie, condotta tipicamente idonea a mettere in
pericolo l’interesse fiscale, anche nel caso in cui il terzo destinatario dei documenti non li
utilizzi concretamente nelle dichiarazioni fiscali”.

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