Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3912 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3912 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
– D’ADAMO VINCENZO n. 21/12/1962 a Napoli

avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di BOLOGNA in data 13/07/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Cons. Dott. Fulvio Baldi, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv.

Data Udienza: 05/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13/07/2012, depositata in data 19/06/2013, la Corte
d’Appello di BOLOGNA, decidendo sulla richiesta di riparazione per l’ingiusta
detenzione promossa dall’odierno ricorrente, liquidava al medesimo la somma

28 febbraio 2007, compensando interamente tra le parti le spese del giudizio.

2.

Ha proposto tempestivo ricorso il D’ADAMO a mezzo del difensore

procuratore speciale cassazionista, impugnando la suddetta ordinanza e
deducendo due motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti strettamente
necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con un primo motivo, la violazione dell’art. 606, lett. B), c.p.p. in
relazione all’art. 314 c.p.p.; si duole, in particolare il ricorrente per aver la Corte
d’appello adottato, quale criterio di liquidazione dell’indennizzo, il criterio
aritmetico, asserendo la Corte di non poter da esso discostarsi, sia perché
trattandosi di ingiusta detenzione in fase esecutiva, vi era pur sempre una giusta
condanna, sia perché a fronte di un articolo di stampa non vi è uno strepitus fori
tale da giustificare l’adozione di un criterio diverso; tuttavia, rileva il ricorrente,
la Corte avrebbe errato nell’ancorare il criterio di liquidazione al criterio
aritmetico, in quanto ha ignorato che il provvedimento che aveva dato luogo
all’ingiusta detenzione (ossia l’ordine di esecuzione per la carcerazione emesso
dalla Procura di Modena il 23/02/2007) era stato dichiarato illegittimo dal G.E.
presso il Tribunale di Modena, essendo dunque fuorviante ogni riferimento alla
“giusta” condanna subita dal ricorrente; quanto, poi, alla pubblicazione
dell’articolo di stampa, rileva che l’arresto del ricorrente, fondato su un ordine di
esecuzione illegittimo, trovava eco sulla stampa locale ed, in ordine allo strepitus
fori, occorre tener conto che il condannato abita e lavora in una paese ove tutti i
cittadini si conoscono tra loro e, quindi, anche un trafiletto sulla stampa è tale da
determinare discredito per chi lo subisce; conclusivamente, il ricorrente aveva
tutto l’interesse ad ottenere una liquidazione basata su un criterio diverso da
quello aritmetico, posto che il G.E. aveva già deciso per l’inefficacia dell’ordine di
esecuzione della pena emesso a suo carico.

2.2. Deduce, con un secondo motivo, la violazione dell’art. 606, lett. B), c.p.p.
nonché manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606, lett. E),
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complessiva di C 1.414,92 in relazione al periodo di detenzione patito dal 23 al

c.p.p., nella parte in cui la Corte d’appello ha disposto la compensazione delle
spese del giudizio; in sintesi, si duole il ricorrente per aver la Corte disposto la
compensazione delle spese laddove, invece, sussisteva il diritto del ricorrente
alla liquidazione delle spese di giudizio, avendo il giudice di merito erroneamente
ritenuto che il Ministero dell’Economia non si fosse opposto alla richiesta di
riparazione, laddove, invece, lo stesso, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, si
era opposto in sede di legittimità in ordine al quantum, chiedendo che il ricorso –

all’epoca proposto davanti alla Sezione Quarta di questa Corte – fosse dichiarato
inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.

4. Al fine di meglio comprendere la soluzione cui è addivenuta questa Corte di
legittimità, alla luce della prima censura motivazionale prospettata dalla difesa
del ricorrente, è opportuno, seppure sinteticamente, richiamare quanto oggetto
di esame da parte dei giudici di merito. Con istanza depositata presso la Corte
d’appello di Bologna, il ricorrente chiedeva il riconoscimento dell’indennizzo
conseguente ad ingiusta detenzione; a fondamento dell’istanza si rilevava come
il ricorrente veniva arrestato il 23 febbraio 2007 per effetto dell’ordine di
esecuzione per la carcerazione emesso in pari data dalla Procura di Modena
relativamente alla pena di 4 anni di reclusione ed euro ventimila di multa per il
reato continuato di cessione di stupefacenti, inflitta con sentenza del GIP presso
il tribunale di Modena, irrevocabile il 24 gennaio 2007; che, in particolare, il PM
rilevava che per il predetto titolo esecutivo il ricorrente aveva patito un
presofferto cautelare di mesi 10 e gg. 17, ordinando conseguentemente
l’esecuzione della pena residua di anni 3, mesi 1 e gg. 13 di reclusione; che,
tuttavia, potendo il ricorrente usufruire dell’indulto per tutti i reati commessi fino
a tutto il 2 maggio 2006, nella misura di anni 3 in base alla L. 31 luglio 2006,
n.241, il GIP preso il medesimo tribunale, con provvedimento emesso il 22
febbraio 2007, lo concedeva, residuando quindi una pena da scontare pari a 1
mese e 14 giorni di reclusione; che, pertanto, a seguito di tale provvedimento,
veniva proposto incidente di esecuzione contro l’ordine di esecuzione emesso dal
PM, accolto dal GIP quale GE con ordinanza 30 settembre 2008, con cui veniva
dichiarata ed accertata l’illegittimità del provvedimento del PM; che, in base a
quanto accertato, il PM di Modena ordinava il 28 febbraio 2007 la scarcerazione
del condannato, sospendendo l’ordine di esecuzione della pena; che,
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conclusivamente, il ricorrente risultava essere stato privato della libertà
personale dal 23 al 28 febbraio 2007; che, in sede di presentazione dell’istanza
davanti alla Corte d’appello di Bologna, la difesa del ricorrente evidenziava che
questi non avesse dato causa con il suo comportamento alla cattura,
quest’ultima conseguente ad un ordine illegittimo di esecuzione, come accertato
dal GE, sicchè alla luce della sentenza della Corte cost. n. 310/1996,

detenzione subita; che, a sostegno della richiesta, la difesa del ricorrente
depositava copia di un articolo di stampa locale che dava ampio risalto alla
notizia del suo arresto, sicchè per effetto dell’ordine illegittimo di esecuzione
della pena era indubbio che questi avesse patito grave sofferenza morale e
materiale, quantificando la richiesta di indennizzo nella misura di 100.000 euro;
che, ancora, costituitasi in giudizio l’Avvocatura dello Stato per il Ministero
dell’Economia e delle Finanze, seppur non contestando

l’an,

rilevava che il

quantum debeatur doveva essere stabilito in base al criterio aritmico di 236 euro
per ogni giorno di ingiusta detenzione; che, in esito al ricorso, la Corte d’appello
rigettava la richiesta di liquidazione dell’indennizzo, successivamente annullata
da questa Corte con sentenza 2 dicembre 2011, n. 13558/12, in quanto
erroneamente la Corte di merito aveva dichiarato inammissibile l’istanza di
riparazione sull’assunto che la ingiusta detenzione era stata patita per un mero
ritardo della sospensione dell’esecuzione, laddove, invece, la richiesta era stata
avanzata sulla base di un ordine dichiarato illegittimo dallo stesso giudice
dell’esecuzione, con decisione divenuta definitiva, in quanto non impugnata.

5. A seguito dell’annullamento con rinvio, la Corte d’appello di Bologna, con
l’ordinanza 13 luglio 2012, oggetto del presente ricorso, accoglieva parzialmente
la richiesta del ricorrente di riconoscimento e quantificazione dell’indennizzo
liquidando in € 1.414,92 la somma dovuta per l’ingiusta detenzione,
compensando le spese di giudizio, ritenendo che a tale determinazione dovesse
pervenirsi sulla base dei seguenti motivi: a) si trattava di soggetto condannato in
via definitiva e non di soggetto che aveva patito un’ingiusta restrizione della
libertà personale poi prosciolto, dovendosi tener conto di tale ontologica diversità
di situazioni; b) che quanto all’articolo di stampa, trattandosi di un “trafiletto di
non immediata percezione”, ciò avrebbe attenuato lo strepitus fori, dovendosi
valutare, da un lato, sia la circostanza che in tale articolo si desse notizia
dell’illegittimità dell’ordine di esecuzione e, dall’altro, di una notizia non veritiera
quanto al residuo pena che il ricorrente avrebbe dovuto scontare, circostanza
quest’ultima valutata dalla Corte emiliana; che, pertanto, ai fini della
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sussistevano le condizioni per il riconoscimento della riparazione per l’ingiusta

determinazione del quantum, occorreva tener conto della fase esecutiva in cui il
provvedimento illegittimo era intervenuto, ma anche della circostanza che la
detenzione veniva patita in carcere e che la seppur minima pubblicizzazione della
notizia rendeva opportuno procedere alla liquidazione dell’indennizzo sulla base
del solo criterio aritmetico, non emergendo elementi idonei a giustificare una
quantificazione dell’importo su livelli superiori; che, infine, la complessità
quantum

dell’indennizzo, tenuto conto della non opposizione dell’Avvocatura dello Stato
quanto all’an, imponeva l’integrale compensazione delle spese.

6. Tanto premesso, ritiene il Collegio che (disatteso il secondo motivo di ricorso,
atteso che è pacifico che le spese del procedimento per ingiusta detenzione
vanno regolate secondo i criteri indicati dagli att. 91 e 92 cod. civ., di talché il
sindacato di legittimità è limitato alla violazione del principio per cui le spese non
possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa e non consente di
sindacare la scelta circa l’opportunità di compensazione, facoltà, quest’ultima,
che rientra nei poteri del giudice di merito: Sez. 4, n. 38163 del 10/07/2013 dep. 17/09/2013, Terzani, Rv. 256832), quanto esposto dal ricorrente con il
primo motivo di censura meriti accoglimento. Ed invero, la motivazione della
Corte d’appello appare insufficiente quanto all’asserita modesta rilevanza
dell’articolo apparso sulla stampa locale, che, avendo la veste di mero “trafiletto”
avrebbe avuto una percettibilità minore, così sostanzialmente provocando un
minor danno per il ricorrente. L’affermazione espressa dalla Corte territoriale
appare frutto di un sillogismo dialettico che, muovendo da una premessa non
sicuramente vera ma solo probabile, porta a conclusioni altrettanto insicure sul
piano oggettivo, pur nell’apparente rispetto formale delle regole logiche. Non
rileva, infatti, ai fini della potenziale eco della notizia, la circostanza che la stessa
sia contenuta in un trafiletto, in quanto la notizia (o trafiletto) è il testo base che
riferisce di un fatto, la presentazione di un avvenimento nelle sue linee
essenziali. Del resto, la semplice pubblicazione di un trafiletto su un quotidiano
(nella specie, locale) in cui si da notizia dell’arresto, peraltro, connotato da
illegittimità, di una persona, è idoneo a provocare, proprio in considerazione
della diffusione locale del giornale, un danno al soggetto evocato nell’articolo
medesimo a causa del conseguente discredito, abitando e lavorando il ricorrente
in un piccolo paese, ed è notorio che nei piccoli centri tutti si conoscano, sicchè
una notizia come quella dell’arresto di un concittadino assume una portata
dirompente, anche se contenuta in un trafiletto del giornale.

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procedurale della vicenda, di non immediata soluzione quanto al

Ne discende, quindi, che il mero riferimento da parte della Corte bolognese al
criterio aritmetico per la determinazione del quantum dell’indennizzo, non tiene
adeguatamente conto delle conseguenze che la diffusione sulla stampa della
notizia dell’arresto del ricorrente ebbe a determinare in termini di discredito. In
tema di riparazione per ingiusta detenzione, peraltro, il riferimento al criterio
aritmetico – che risponde all’esigenza di garantire un trattamento

dall’obbligo di valutare le specificità, positive o negative, di ciascun caso e,
quindi, dall’integrare opportunamente tale criterio, innalzando ovvero riducendo
il risultato del calcolo aritmetico per rendere la decisione più equa possibile e
rispondente alle diverse situazioni sottoposte al suo esame (v., da ultimo: Sez.
4, n. 34857 del 17/06/2011 – dep. 27/09/2011, Giordano, Rv. 251429).

7. L’impugnata ordinanza dev’essere, pertanto, annullata con rinvio alla Corte
d’appello di Bologna che si atterrà, nella determinazione del quantum risarcibile,
all’evocato principio di diritto, procedendo adeguatamente all’integrazione della
somma risultante dal criterio aritmetico, tenuto conto del danno morale
conseguente alla pubblicazione della notizia dell’arresto del ricorrente sulla
stampa, stante l’immediata percepibilità della medesima, dovendosi, in ogni
caso, ricordare che, se, in linea di principio, il diritto dell’innocente è da valutare
in maniera privilegiata rispetto a quello del colpevole, tale conclusione non ha
carattere assoluto, ed è compito esclusivo del giudice di merito considerare la
peculiarità della situazione, adeguando la liquidazione alla specificità della
fattispecie e motivando in modo puntuale sulla sua entità (v., in senso conforme:
Corte cost., 20 giugno 2008 n. 219 e, nella giurisprudenza di legittimità: Sez. U,
n. 4187 del 30/10/2008 – dep. 29/01/2009, Pellegrino, Rv. 241856).

P.Q.M.

Annulla con rinvio, l’ordinanza impugnata, alla Corte d’Appello di Bologna.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2013

Il Consitiere est.

Il Presidente

tendenzialmente uniforme, nei diversi contesti territoriali – non esime il giudice

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