Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39112 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 39112 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
TORINO
nei confronti di:
CATALANO GIOVANNI N. IL 13/04/1954
inoltre:
CATALDO CARMELO N. IL 05/05/1947
ZANGRA’ ROCCO N. IL 09/01/1972
avverso la sentenza n. 3651/2013 CORTE APPELLO di TORINO,
del 16/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. BENEDETTO PATERNO’ RADDUSA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Luigi RIELLO
che ha concluso per 4.0- re-1 (24614.4 ce.)2./ (tA .C.CrY1.1

ie. C

04<""e r2.) - 4,444", Pa c.41:•-e4o Data Udienza: 20/05/2015 Cr* 4‹..rwt-44 Gte ca-e~ G1',1144'W‹ Udito, per la parte civile, l'Avv --t r-y< Uditi difensoriAvv. ?t=4,52.4~... c V-Z cAf '92'4" lak4 Othilt AltiLoAl'" 4 4). Co; Wrz:›Cy+i Cieet. otr t LAL. ■u".■ nr■ "). ■ C/Li Ità14 14A-LAAA":%- Ritenuto in fatto 1.Cataldo Carmelo, Catalano Giovanni e Zangrà Rocco sono stati tratti a giudizio innanzi al Tribunale di Torino perché ritenuti responsabili del reato di cui all'art. 416 bis cod.pen. in quanto partecipi dell'associazione mafiosa denominata "ndrangheta". In particolare, i primi due perché operativi all'interno dell'articolazione territoriale operativa in Torino e provincia denominata "locale di Siderno"; il terzo perché partecipe di altro insediamento territoriale facente capo alla medesima egida Piemonte". 2. In esito al giudizio di primo grado , Cataldo Carmelo è stato ritenuto colpevole del fatto ascritto e condannato alla pena di giustizia. Catalano e Zangrà sono stati, per contro, assolti dalle imputazioni loro rispettivamente mosse : il primo per non aver commesso il fatto ( pur risultando affiliato , secondo il Tribunale non avrebbe apportato alcun contributo concreto alla compagine di riferimento); il secondo per la insussistenza del fatto, avendo i giudici di primo grado negato, a monte, la sussistenza di una associazione dotata di forza intimidatrice integrante il requisito del metodo mafioso avuto riguardo alla articolazione territoriale descritta al capo B) della rubrica. 3. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Torino , in esito all'appello interposto dall'imputato Cataldo Carmelo e dal Pubblico Ministero, ha confermato la condanna resa in primo grado dal Tribunale di Torino ai danni del Cataldo; ancora, ha confermato l'assoluzione resa in primo grado nei confronti Catalano Giovanni; ha riformato la decisione del Tribunale quanto allo Zangrà Rocco, ritenendolo responsabile del fatto ascrittogli e condannandolo alla pena di giustizia. 4. Nelle due sentenze di merito , con valutazioni conformi quasi integralmente sovrapponibili quanto alle considerazioni spese con riferimento al capo di imputazione sub a) , riferibile al Cataldo ed al Catalano, viene delineata la presenza di una associazione, operativa in Torino e Provincia, di matrice "ndranghestica", ripartita in nove diverse articolazioni ( le locali), collegata con la struttura madre insediata in Calabria/ ma autonoma da questa. In questa cornice di riferimento, i due giudici del merito hanno ascritto al Cataldo x, ti il ruolo di partecipe, con la qualifica e il grado di quartino, siccome appartenente, più precisamente, al "locale" di Siderno in Torino. Entrambe le decisioni hanno invece negato il medesimo ruolo di partecipe al Catalano : la Corte distrettuale 1 criminale , descritto al capo sub b della rubrica del PM, operativo nel cd "basso ponendo anche in dubbio, rispetto a quanto già considerato dal Giudice di primo grado, il conferimento all'imputato della dote della "Santa" ( che il Tribunale aveva dato per comprovato); in ogni caso, condividendo, sia il Tribunale che la Corte di Appello, l'idea di fondo in forza alla quale, la mera affiliazione non costituisce presupposto sufficiente per giustificare la partecipazione all'associazione mafiosa in assenza di concreti contributi offerti alla vita della compagine, nel caso non adeguatamente comprovati. 4.1. Quanto allo Zangrà , diversamente dal Giudice di prime cure , la Corte avente medesima matrice di riferimento, insediata nella zona del cd "basso Piemonte" e autonoma dalla casa madre , concludendo poi per la partecipazione dell'imputato alla associazione in questione. 5. Propongono ricorso il Cataldo, lo Zangrà , la Procura Generale presso la Corte di Appello di Torino. Il Catalano ha depositato memorie difensive di replica al ricorso della Procura. 6. Ricorso del Cataldo, proposto tramite il difensore fiduciario. Si dipana attraverso quattro motivi, ulteriormente definiti grazie alla memoria difensiva in atti. 6.1. Il ricorso muove da una premessa generale che costituisce snodo argomentativo destinato ad informare l'intero gravame. In un giudizio parallelo, per due imputati ritenuti partecipi della medesima locale, la condanna è stata annullata in sede di legittimità per difetto di motivazione ( sentenza nr 14852/14 della sezione V della Corte). E la Corte distrettuale, pur conoscendo ed anche richiamando la sentenza resa nell'occasione dal giudice di legittimità , non ha considerato con la dovuta attenzione i principi espressi con l'arresto in questione, avuto riguardo in particolare al riverberarsi degli effetti della stessa nella presente fattispecie processuale. 6.2. Tanto premesso, con il primo motivo si contrasta la tesi, sostenuta dai giudici del merito, della unitarietà da ascrivere alle diverse locali , disconoscendosi al fine il valore ascritto dalla Corte distrettuale agli indici fattuali richiamati a sostegno di tale affermazione. E muovendo dal portato della decisione di legittimità richiamata nel processo parallelo e dagli altri arresti in linea con tale affermazione puntualmente evocati, viene ribadita l'esigenza della necessaria esteriorizzazione del metodo mafioso, non potendosi desumere l'esistenza dell'associazione ex art. 416 bis cod.pen. solo in ragione della riproduzione di schemi organizzativi, prassi di affiliazione e rituali, 2 distrettuale ha ritenuto effettivamente sussistente altra compagine associativa gerarchizzazione dei ruoli, integralmente ripresi dall'associazione di matrice ndranghestica, in altri ambiti territoriali collocata. Esclusa unitarietà alle iì localiii, si evidenzia nel ricorso come gli indici sintomatici della forza di intimidazione mafiosa segnalati in sentenza sarebbero tutti riferibili h ad articolazioni territoriali autonome, diverse dal locale di Siderno rispetto alla quale è stata affermata la partecipazione del ricorrente. 6.3. Con il secondo motivo si adduce violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo alla applicazione dell'art. 416 bis cod.pen. Il giudizio di quartino al ricorrente , in assenza di ogni ulteriore e valido riferimento ad un ambito partecipativo, concreto e dinamico, rispetto al gruppo di riferimento, non avendo mai posto in essere, l'imputato, specifiche attività di reato o preso parte a riunioni o sedute di affiliazione. L'unica concreta condotta indicata a fondamento della partecipazione associativa riposa sul contenuto di un colloquio intercettato, rispetto al quale non può dirsi certa la partecipazione del ricorrente in assenza della chiesta perizia fonica. Per contro, a fronte della numerose dichiarazioni assunte in processo attestanti la assenza di comportamenti vessatori e intimidatori tenuti dal ricorrente nello svolgere la propria attività di impresa, la Corte distrettuale , con valutazione manifestamente illogica, ha affermato l'indifferenza del dato perché l'associazione e i suoi membri dovrebbero, secondo l'assunto contrastato, lavorare sottotraccia così da potersi più efficacemente insinuare nel relativo tessuto sociale , alterandolo e corrompendolo. 6.4. Con il terzo motivo si contesta l'aggravante legata alla ritenuta disponibilità della armi in capo all'associazione. La Corte ha apoditticamente affermato la disponibilità delle stesse sul solo presupposto della matrice "ndranghestisca" dell'associazione ; ma la ritenuta autonomia dell'associazione, contestata rispetto alla "casa madre", imponeva di accertare specificamente il dato, non desumibile dalle intercettazioni né dalle dichiarazioni dei collaboranti, i quali hanno escluso la esistenza di un arsenale comune. Anche a voler affermare poi che taluni dei sodali avevano disponibilità di armi, occorreva la dimostrazione dell'elemento soggettivo in capo al ricorrente, se non in termini di consapevolezza quantomeno di colpa inescusabile. 6.5. Infine , si evidenzia l'erronea applicazione degli artt. 417 e 228 del codice penale in ordine alla misura di sicurezza della libertà vigilata . La Corte pur riducendo nel minimo la misura della libertà vigilata, non ha risposto ai rilievi difensivi in ordine alla assenza di pericolosità sociale del ricorrente. 3 responsabilità si fonda esclusivamente sul conferimento di una dote , quella di 7. Ricorso della Procura Generale nei confronti di Catalano Giovanni. Si adduce vizio di motivazione, contraddittoria e manifestamente illogica. La motivazione, secondo l'Ufficio ricorrente, è contraddittoria laddove si afferma la certa conoscenza delle dinamiche interne dell'associazione in capo all'imputato e si esclude, al contempo, un ruolo attivo all'interno della stessa. Si attribuisce, poi, un valore costitutivo alla partecipazione alle procedure di affiliazioni e si da grande rilievo alla mancata partecipazione del Catalano alle stesse senza considerare che il primo elemento non era da ritenersi essenziale e primariamente rivoltegli dal sodale Cataldo, a prendere parte a riunioni cui solo gli intranei, peraltro di rilievo, potevano prendere parte. Si afferma, ancora , in sentenza, l'indifferenza del dato probatorio portato dal rinvenimento presso la abitazione del Catalano delle formule per la concessione della dote della "Santa"; ma il dato, di per sé di rilievo, assume, secondo l'Ufficio ricorrente, ancora più consistenza in ragione dell'atteggiamento processuale del ricorrente che, sul punto, ha fornito una risposta contraddittoria e che i invitato, nel corso dell'esame dibattimentale Av a chiarire le ragioni delle sue conoscenze rispetto alle doti conferite ed ai soggetti affiliati in Piemonte, ha inteso non rispondere, fornendo così riscontro ad un quadro probatorio sfavorevole alla sua posizione . Per contro, si rimarca che in sentenza è stato negato rilievo al fatto che taluni degli atteggiamenti non partecipativi costituivano il frutto del disaccordo con il fratello mentre solo un intraneo poteva partecipare a riunioni e discussioni di rilievo nell'interesse del "locale". E vi sarebbe contraddittorietà nel valutare le posizioni dei due imputati. Se la segretezza assoluta che permea il sodalizio aveva costituito, per il Cataldo, chiave di lettura della sua intraneità in ragione della partecipazione ad incontri ed alla conoscenza di temi che non potevano essere disvelati a soggetti estranei , non si comprende perché tanto non possa essere letto in termini identici per il Catalano. Del resto, l'atteggiamento tenuto dall'imputato nel colloquio intercettato del 13 dicembre , concretatosi nel dare manforte e sostegno alla possibile iniziativa del Cataldo volta a sovvertire l'egemonia del "locale" , ascritta all'epoca al fratello del Catalano , costituisce segno evidente di una affiliazione non meramente passiva . Si lamenta, poi, l'erronea interpretazione offerta al disposto di cui all'art. 416 bis cod.pen.. Diversamente da quanto ritenuto dai giudici del merito, la investitura formale del ruolo di associato, costituendo segno della perdurante disponibilità offerta al sodalizio, è sintomo inequivoco e sufficiente della partecipazione associativa. Da qui , dunque, una volta che si ritenga il soggetto affiliato per 4 che piuttosto ciò che assumeva rilevanza nella specie erano le sollecitazioni, aver ricevuto siffatta investitura, non sarebbe stata necessaria altra prova se non quella del recesso dal vincolo stesso. Con memoria depositata in atti il Catalano ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso del PM o comunque la manifesta infondatezza dei rilievi. 8. Ricorso proposto dal difensore di fiducia nell'interesse di Zangrà Rocco. Nel ricorso si lamenta violazione di legge e difetto di motivazione quanto alle argomentazioni spese per ritenere sussistente l'associazione tanto in assenza dei di un programma finalizzato alla realizzazione di reati fine, non occorrendo la dimostrazione della realizzazione degli stessi ma quantomeno la programmazione degli stessi ; né, del resto, le intercettazioni darebbero conto della presenza di elementi sintomatici della mafiosità del gruppo. Ancora, si adduce l'assenza di una valida indicazione di elementi dai quali trarre la necessaria esteriorizzazione della metodologia mafiosa, esclusivamente tratta dall'episodio legato alla lite tra il Caridi e un altro consigliere comunale, pervenendo ad affermare che la partecipazione del Caridi, partecipe della medesima locale di riferimento, all'ente comunale costituiva momento di occupazione delle pubbliche istituzioni. Tanto tralasciando di considerare che il detto soggetto era stato eletto prima della sua affiliazione e che mai nelle intercettazioni il suo ruolo risultava strumentalizzato agli interessi dell'associazione. Con il terzo motivo si contrasta l'applicazione della aggravante inerente la disponibilità delle armi negata con riferimento ai suoi presupposti oggettivi e soggettivi. Considerato in diritto 1. E' fondato il ricorso articolato nell'interesse del Cataldo, limitatamente ai temi dell'aggravante afferente la natura armata dell'associazione contestata al ricorrente ed alla applicazione della misura di sicurezza della liberta vigilata. Si impone, in coerenza, l'annullamento della decisione impugnata con rinvio ad altra sezione della medesima Corte distrettuale perché si proceda a colmare i vuoti argomentativi riscontrati. E' fondato, anche, il ricorso dello Zangrà avuto riguardo al giudizio di responsabilità reso in suo danno dalla Corte distrettuale; ed anche in parte qua si impone l'annullamento con rinvio. L'infondatezza dei motivi sottesi al ricorso della Procura Generale presso la Corte di Appello di Torino giustifica, per contro, la reiezione del relativo gravame. 5 contenuti strutturali tipici del reato contestato per la mancanza 2. Muovendo dal ricorso del Cataldo osserva preliminarmente la Corte come lo stesso ponga all'attenzione di questa Corte una questione in punto di diritto che informa pressochè integralmente il gravame ( e che, peraltro, incrocia anche i temi di gravame dello Zangrà). Ci si riferisce al tema della esteriorizzazione del metodo di cui al comma III dell'art. 416 bis cod.pen. in presenza di fenomeni di delocalizzazione dell'azione criminale in ambiti territoriali diversi da quelli rispetto ai quali le organizzazioni di matrice mafiosa hanno avuto modo di attecchire in origine. sentenza, dalla pagina 85 a quella 92 , che nel ricorso dell'imputato) in forza ai e4,21.„ quali, secondo letture interpretative non sempre coerenti 1A -tenore effettivo dei principi espressi tramite le relative statuizioni, riscontrata la sussistenza dei moduli organizzativi e strutturali tipici delle organizzazione mafiose, per configurare l'ipotesi di reato ex art. 416 bis cod.proc.pen., sarebbe poi indifferente l'accertamento di concreti atti intimidatori esplicativi del metodo mafioso posti in essere nel territorio in cui l'associazione finisce per operare. Ciò in considerazione della natura di pericolo della figura criminosa; della conseguente indifferenza della realizzazione di reati-fine destinati a comprovare la capacità di intimidire i consociati tipicamente propria dell'azione mafiosa, potendo il gruppo derivato profittare della forza di intimidazione della casa madre, avente peso e valenza extraterritoriale ; della adeguatezza al fine anche della mera potenzialità, ascritta all'ente criminale, di sprigionare la carica intimidatrice destinata a piegare la volontà di quanti vengano in contatto con i consociati. 2.1. La questione (peraltro portata all'attenzione della sezioni unite di questa Corte con due diverse ordinanze rese dalla II sezione penale , distinte dai nn 15807 e 15808 del 2015, restituite dalla Prima Presidenza ai sensi dell'art. 172 Disp. Att. COD.PROC.PEN. con decisione del 28 aprile 2015 per la ritenuta insussistenza del conflitto evidenziato) sottende un dubbio interpretativo in realtà privo di effettiva apprezzabilità se visto nell'ottica della astratta configurabilità del reato associativo in disamina. Si intende affermare, in parole povere, che la capacità intimidatrice del metodo mafioso, momento imprescindibile della figura criminosa oggetto di scrutinio, deve essere attuale , effettiva, deve avere necessariamente un riscontro esterno. Non può essere limitata ad una mera potenzialità astratta; deve, piuttosto, trovare conforto in elementi oggettivi che possano consentire all'interprete dì affermare che l'azione riferibile ad un determinato gruppo organizzato di persone, strutturato secondo le connotazioni tipiche degli organismi di matrice mafiosa, sia anche effettivamente in grado di permeare - per l'assoggettamento 6 Tanto in presenza di alcuni arresti di questa Corte ( puntualmente citati sia in e l'omertà provocate e correlate alle concrete iniziative illecite poste in essere l'ambiente territoriale economico, sociale , politico di riferimento, deviandone le dinamiche e piegandone ai propri scopi l'ordinario assetto. Mutuando espressioni di altri arresti sul tema resi da questa Corte ( cfr in particolare per la chiarezza che la connota la sentenza sentenza n. 31512 del 24/04/2012, ric. Barbaro cui fa peraltro pedissequo riferimento il precedente reso nel processo parallelo, più volte richiamato dalla difesa del Cataldo, la sentenza n. 14582 del 2014 della V sezione di questa Corte) deve in conclusione "esteriorizzazione" quale forma di condotta positiva richiesta dalla norma con il termine "avvalersi"; esteriorizzazione che può avere le più diverse manifestazioni purchè si concreti in atti specifici, riferibili ad uno o più soggetti, suscettibili di valutazione, al fine dell'affermazione, anche in unione con altri elementi che li corroborino, dell'esistenza della prova del metodo mafioso". 2.2. A ben vedere, dunque, non è da ritenersi controvertibile il profilo della necessità della esteriorizzazione del metodo mafioso. Piuttosto, in presenza di riscontrate situazioni di delocalizzazione del fenomeno mafioso, può al più distinguersi tra: i casi in cui la stretta dipendenza della associazione delocalizzata con la casa madre finisce per consentire alla prima di mutuare esclusivamente dalla seconda la forza di intimidazione che, evocata anche nei nuovi territori di riferimento, consente un produttivo insediamento del gruppo che agisce fuori dai confini territoriali propri dell'associazione perché permette comunque allo stesso di alterare il substrato sociale ed economico senza che siano necessari concreti atti di intimidazione realizzati nel nuovo ambiente di riferimento; da quelli nei quali l'associazione delocalizzata, pur prendendo spunto strutturale dai fenomeni di criminalità organizzata storicamente delineati in alcune aree territoriali del paese e pur mantenendo decisi momenti di collegamento con tali diverse realtà, ha assunto una tale autonomia dalla casa madre di derivazione tanto da rivestire, grazie a concrete e localizzate iniziative illecite comprovanti una estrinsecazione inequivoca della capacità di incidere nell'ambiente di riferimento avvalendosi della forza di intimidazione mafiosa, una indipendenza costituiva che cristallizza una realtà associativa del tutto distinta, diversamente caratterizzata, in primis, in ragione della delineata collocazione territoriale della relativa azione criminale permeata dal metodo mafioso. 2.3 Il tema, in definitiva, finisce per assumere rilievo solo sul piano della individuazione dell'effettivo centro di interessi del gruppo associativo, suscettibile di produrre effetti anche in punto di competenza, questione, quest'ultima, 7 ribadirsi che il c.d. "metodo mafioso" deve necessariamente avere una sua peraltro eccentrica rispetto ai motivi di gravame oggetto di scrutinio ; non mette in discussione, piuttosto, i profili costitutivi del reato, che presuppone comunque la esteriorizzazione del metodo mafioso, diversamente declinata, in caso di delocalizzazione della azione mafiosa, a seconda che si riscostruisca l'imputazione associativa in termini di autonomia o dipendenza dalla casa madre di riferimento. 2.4. Nel caso, la sentenza impugnata, pur con linee argomentative e indicazioni locali cui sono ricondotti i profili partecipativi ascritti al Cataldo ( oltre che al Catalano) ed allo Zangrà. Diviene dunque attuale il tema legato alla individuazione dei momenti di concreto riscontro esterno del metodo mafioso, una volta che, come nella specie, possa ritenersi consolidata l'idea di una architrave organizzativa riferibile alle due realtà associative chiaramente connotata, sul piano della struttura sociale, del programma perseguito e dei rapporti interni tra i sodali, in termini tipicamente coerenti alle associazioni di stampo mafioso. 2.5. Tornando al ricorso del Cataldo e dunque limitando per ora la disamina esclusivamente all'associazione di cui al capo A) della rubrica del PM, osserva la Corte come l'intero impianto della sentenza impugnata segua, sinteticamente riassunte, le seguenti direttrici argornentative. 2.5.1. Si sostiene a monte la non essenzialità del riscontro esterno del metodo mafioso alla stregua della inesatta lettura di alcuni degli arresti , richiamati in sentenza, resi sul tema da questa Corte. Ciò malgrado, si supera tale originaria, e per quanto sopra erronea, impostazione procedendo comunque ad una analitica indicazione degli elementi attraverso i quali pervenire all'individuazione dei profili di esteriorizzazione del metodo mafioso riferibile all'associazione in disamina. fattuali diverse , ricostruisce in termini di autonomia dalla casa madre le due Nel concretare tale sforzo argomentativo si sostiene in sentenza l'unitarietà delle diverse locali ( nove ), operative in Torino e provincia, tutte collegate alla casa madre ma autonome dalla stessa, confederate in una sostanziale complessiva associazione, caratterizzata da programmi e finalità illecite sostanzialmente 4404 condivisi. Si segnalano, in particolare, i momenti che ascrivono ot locale di Siderno un ruolo di primarietà nel coordinamento con le restanti localie di rappresentanza con la casa madre grazie alla figura del Catalano Giuseppe, al vertice della citata locale; e si configurano i profili strutturali , organizzativi e partecipativi, che connotano siffatta associazione. Pur riconoscendosi , infine , la assenza di concrete condotte intimidatorie immediatamente riferibili ai soggetti flp facenti parte dektocale di Siderno ( cui ascrivere la partecipazione del Cataldo e del Catalano), proprio in ragione di siffatta unitarietà, si richiamano diversi momenti fattuali, riconducibili ad iniziative pacificamente proprie di altre locali, destinati a conclamare il concreto esercizio del metodo mafioso, indistintamente riferito a tutte le locali. 2.5.2. Il nucleo essenziale del ricorso del Cataldo mira a contrastare proprio siffatta valutazione di unitarietà dell'azione delle diverse locali operative nella provincia di Torino. pervenire a siffatto giudizio unitario; al più, si sostiene, esistono tante associazioni quante sono le diverse locali riscontrate. In coerenza si contrasta il fenomeno di osmosi delle azioni intimidatorie rese nel territorio della provincia torinese, che la Corte distrettuale trasferisce, sul piano della derivazione effettuale, dalle altre locali a quella di Siderno. In ragione della necessaria esteriorizzazione del metodo mafioso, limitatamente m? locale di Siderno, mancherebbe, dunque, secondo la prospettazione difensiva, a uno dei profili costituitivi tipici del reato contestato in ragione di quanto sopra segnalato. Con la conclusione in forza alla quale la sentenza impugnata finirebbe per ricalcare i profili di erroneità e i vuoti argomentativi già rimarcati da questa Corte con riferimento al giudizio parallelo relativo ad altri due asseriti sodali, anche questi facenti parte della medesima locale. 2.6. Per quanto parzialmente corretta, la doglianza non svuota di significato le indicazioni e le valutazioni comunque emergenti dalla decisione impugnata, utili per pervenire alla tesi della effettiva sussistenza di una associazione tipizzata ex art. 416 bis cod.pen. cui ricondurre l'azione partecipativa del ricorrente. 2.6.1. Mancano, secondo questa Corte, in effetti indici fattuali utili a supportare tkok..p GAA con certezza la conclusione _;;;:erzzerzitzi:Attrate le locali operative nella provincia di Torino operavano confederate, tutte secondo una unica ed unitaria egida associativa. I profili segnalati a supporto di tale considerazione infatti danno conto di momenti di solidarietà comune, di progetti e strategie criminali talora anche condivisi, di molteplici contatti tra i componenti delle diverse locali, di rituali di affiliazione realizzati in comune malgrado la appartenenza a locali diverse, finanche di un coordinamento di massima garantito dal Catalano Giuseppe nel raffronto operativo con la casa madre, comunque sempre presente, quest'ultima, attraverso i suoi esponenti apicali, nell'operare una supervisione di fondo rispetto 9 Nel ricorso, la difesa contesta, infatti, che mancherebbero gli elementi per alle scelte destinate ad influire sul portato complessivo degli interessi involgenti le diverse realtà territoriali. Al contempo, in sentenza, non si pone in alcun modo discussione l'autonomia operativa delle diverse compagini territoriali rispetto alla casa madre, escludendosi radicalmente l'idea in forza alla quale le prime costituiscano porzioni indistinte della seconda. Muovendo da tale ultimo presupposto, tuttavia, non sembra che gli elementi sopra addotti possano essere valorizzati per giungere alla conclusione adottata. collaborazione tra i diversi gruppi, tutti sottostanti alla medesima logica criminale e caratterizzati da comuni correlazioni strutturali con la realtà di provenienza, tali da giustificare anche una parziale rinunzia alla sovranità assoluta rispetto a talune scelte di fondo nella gestione delle relative iniziative illecite ( dal conferimento delle doti alla decisione volta a consentire la creazione di nuove locali in ambiti territoriali non ancora coperti). Elementi da leggere alla stessa stregua dei rapporti correnti con la casa madre, che la stessa Corte distrettuale non valorizza sino al punto da utilizzarli per negare autonomia alle realtà delocalizzate; e che, se non consentono di ritenere sussistente una unica associazione corrente tra le realtà delocalizzate e la casa madre di riferimento, non permettono, parimenti, di affermare che vi era untv unica associazione confederata di locali operativa nella provincia torinese, caratterizzata da profili programmatici predeterminati e sistematicamente comuni per tutte le diverse componenti nonché da ambiti territoriali unitariamente e inscindibilmente considerati. 2.6.2. Può, dunque, condividersi che, diversamente da quanto ritenuto in sentenza e del resto in assoluta coerenza con quanto sostanzialmente propugnato dalla difesa del Cataldo, ciascuna locale faceva storia a sè ed andava isolatamente considerata nell'ottica volta alla configurazione del reato contestato. 2.7. Ciò precisato, limitando la disamina ett" locale di Siderno, ritiene la Corte che gli elementi indicati nella decisione impugnata consentano di individuare ugualmente gli estremi tipici dell'associazione mafiosa. 2.7.1. Emerge immediata, dalla lettura della sentenza impugnata, integrata anche dai riferimenti alla decisione di primo grado , la puntuale indicazione dei momenti strutturali destinati a conclamare l'organizzazione, la finalizzazione dell'azione e i rapporti interni tra sodali in termini chiaramente connotati dalla tipicità mafiosa. 10 Si tratta di elementi, piuttosto, compatibili con meri profili di elevata Rilevano al fine i riferimenti alla figura del Catalano Giuseppe, posto al vertice del "locale" di Siderno e dotato di referenzialità assoluta anche nei rapporti con le altre locali e con la casa madre. Figura, questa, che lascia trasparire la presenza di una ripartizione gerarchica interna alla stessa locale di Siderno, vieppiù conclamata non solo dai puntuali riferimenti contenuti in sentenza quanto alla presenza di un organigramma interno ( si veda pag 106 ),ma anche da quanto si dirà trattando gli ulteriori motivi di ricorso del Cataldo in punto alla prospettiva del ricorrente di metterne in discussione la leadership. secondo rituali tipici posti in essere in riunioni assembleari cui prendevano parte componenti di più locali ( molte delle quali svolte presso la sostanziale sede logistica delocale" di Siderno in Torino, il Bar Italia più volte citato in sentenza: A si veda l'elenco delle cerimonie descritto alle pagine 15 e 16 siccome tratto dalle indicazioni della sentenza di primo grado). Sempre con riferimento alla figura del Catalano Giuseppe, intorno alla quale ruotava l'intera attività deltrocale di interesse ( e non solo), appare determinante al fine anche il riferimento alla raccolta di fondi in favore dei sodali detenuti ( che il Catalano non disdegnava di realizzare anche nell'interesse di appartenenti a locali diverse : vedi pagina 96), tipico sintomo del collante che lega soggettivamente i diversi partecipi in ragione della sussistenza del vincolo associativo di matrice mafiosa. Nessun dubbio poi sull'oggetto sociale siccome compatibile con quello tipico delle associazioni mafiose giacchè, sempre fermandosi ..'-locale di Siderno ( in Torino) e limitando lo spazio di valutazione al solo profilo legato alla partecipazione ai subappalti ( divisi secondo accordi comuni tra le diverse locali : cfr pg 102), appare di immediata evidenza la puntuale coerenza degli scopi sociali con quelli di illecito dominio e sviamento della realtà economica territoriale tipicamente propri delle organizzazioni criminali di matrice mafiosa. Non sembra in dubbio, dunque, che i profili connotanti il gruppo riconducibile ale.4., "locale" di Siderno, risulti strutturato e finalisticamente orientato secondo le connotazioni tipiche degli enti criminali di matrice mafiosa. 2.7.2. La lettura della motivazione della decisione impugnata consente, poi, di attingere dalla stessa diverse indicazioni di fatto utili a ritenere che a siffatta entità strutturale e interna corrisponda anche una sostanziale esteriorizzazione CR>
del metodo mafioso immediatamente riferibile arlocale” di Siderno.
Sul punto sono necessarie due precisazioni.
In primo luogo non è controvertibile (lo confermano gli stessi Giudici distrettuali)
che l’elenco dei momenti fattuali richiamati in sentenza al fine ( si veda da pag

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Sono anche pacifiche le modalità formali di affiliazione e di conferimento di doti

107 in poi) attiene a comportamenti di prevaricazione posti in essere da
componenti di altre locali e nell’interesse immediato di queste ultime.
Venuto meno il concetto di unitarietà associativa tra le diverse locali, il
riferimento a tali indici rivelatori della esteriorizzazione del metodo non perde,
tuttavia, integralmente rilievo.
Non è contestato – per quanto specificatamente indicato in sentenza, senza che
sul punto nel ricorso si muova appunto alcuno – che, grazie al ruolo assunto dal
Catalano Giuseppe, al “locale” di Siderno era riconosciuta una posizione di

territorio di interesse. In tal senso sono determinanti le indicazioni dalle quali
emerge che il Bar Italia era uno dei punti di riferimento per gli incontri tra i
vertici delle diverse locali; ancora, si rimarca il ruolo assunto dal Catalano quale
collettore degli interessi comuni da rappresentare alla casa madre o nel favorire
l’apertura di nuove locali sul territorio o, infine, nel gestire momenti di
conflittualità e fibrillazione tra le diverse locali.
Muovendo da tale presupposto , ecco che, sul piano logico, il compimento, da
parte di altre locali, di concreti atti tipici di espressione del metodo mafioso non
può che essere indice destinato a riverberarsi anche sulle connotazioni afferenti
le modalità di insediamento del locale di Siderno all’interno del territorio di
riferimento, per forza di cose posto in essere in termini non distonici rispetto a
quelli propri delle altre locali.
In secondo luogo, va rimarcato che l’uso del metodo mafioso del quale
l’associazione si avvale per incunearsi nel tessuto sociale ed economico di
riferimento, non può trovare dimostrazione esclusivamente tramite la allegazione
di concreti atti di violenza. Piuttosto, la partecipazione deffocale in questione ad
ambiti socio-economici ed iniziative imprenditoriali tipicamente sfalsate, nella
loro essenza , dall’intervento dell’azione mafiosa per la forza prevaricatrice che la
connota, costituisce sintomo di rilievo della modalità di insediamento posta in
essere dal gruppo associativo in questione, ancor di più quando, come nella
specie, si tratta di attività realizzata in concorso con le altre locali, rispetto alle
quali è incontroversa, per quanto sopra segnalato, l’esteriorizzazione del metodo
mafioso.
Fanno gioco, in tal senso, i riferimenti alla spartizione, tra le locali, compresa
quella di Siderno, dei subappalti ( cfr pagina 102) ; attività, questa, fortemente
colorata dalle imposizioni rivolte alle imprese della zona ( ne è conferma
inequivoca la vicenda Sinisgalli descritta a pag 110).
Ancora, assumono definitivo rilievo in questa ottica :

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assoluto rilievo nell’assetto complessivo dei rapporti tra le locali attratte al

-

la destinazione anche alilocale di Siderno dei frutti derivanti dall’apertura dei
circoli per il gioco d’azzardo ( cfr pagina 113 ), tipico affare illecito dominato
dalla criminalità organizzata;

il coinvolgimento anche dei componenti delfilocale di Siderno nelle attività di
recupero forzoso, con metodi tipicamente intimidatori propri dell’azione mafiosa,
di crediti su mandato di soggetti terzi estranei all’associazione (cfr pagine 109 e
110 quanto all’attività in tal senso svolta dallo Tana su mandato di un soggetto
creditore che prevedeva il coinvolgimento di più locali, compresa quella con al

il tentativo di incidere sulle competizioni elettorali, veicolando il consenso della
platea elettorale di riferimento nel territorio, nel caso

convogliando

verso determinati candidati le indicazioni di voto canalizzate dalle rispettive locali
di riferimento ( determinante .i4–r~i~to. contenuto a pag 104 nel quale si fa
t
riferimento ad una iniziativa preelettorale gestita dal Catalano Giuseppe, che
curò di coinvolgere molti esponenti delle locali della provincia di Torino).
Ne viene, in conclusione, che , con le precisazioni sopra rassegnate , deve
ritenersi infondata la contestazione mossa dalla difesa del Cataldo quanto ai
profili afferenti la ritenuta sussistenza di una associazione mafiosa cui ricondurre
l’azione partecipativa ascritta all’imputato.

2.8. Venendo al motivo del gravame diretto a contrastare il ruolo partecipativo
ascritto al ricorrente, osserva la Corte come in sentenza si dia atto che al
Cataldo era stata conferita la dote di “quartino”. Dato, questo, pacifico e non
contrastato con il ricorso, che trova conferma, peraltro, nelle stesse dichiarazioni
del ricorrente il quale ha anche ribadito di conoscere la scala di valori delle doti
/
conferite nell’ambito di riferimento, attribuendo a quella posseduta un rilievo non
minimale ( superiore a quello della Santa e del Vangelo ).
2.8.1. La dote conferita, indice formale dell’affiliazione, ha di certo un valore
indiziarlo, importante seppur non decisivo ai fini del riscontro probatorio della
intraneità.
In parte qua il Collegio condivide in linea di principio il portato della sentenza
impugnata laddove – seguendo l’orientamento maggioritario espresso sul tema
da questa Corte ( da ultimo cfr Sez. 1, n. 39543 del 24/06/2013 – dep.
24/09/2013, Fontana, Rv. 257447, che si muove in linea con la sentenza SS UU
33748/05, Mannino, poi ribadita da numerosi altri arresti richiamati nella prima
delle statuizioni citate ) – si ribadisce che in tema di associazione di tipo
mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto
di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio,
tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e

13

L

T

vertice il Catalano Giuseppe);

i

funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno
associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni
fini criminosi.
La mera indicazione circa la qualità formale di affiliato, in linea di principio,
potrebbe dunque rimanere indifferente rispetto al risultato probatorio perseguito
laddove alla stessa non si correli la realizzazione di un qualsivoglia “apporto” alla
vita dell’associazione, tale da far ritenere concretamente avvenuto il suo
inserimento con carattere di stabilità e consapevolezza soggettiva.

esperienza di questa Corte: cfr Sez. 2, Sentenza n. 23687 del 03/05/2012 Rv.
253222; Sez. 5,

Sentenza n. 49793 del 05/06/2013 Rv. 257826) merita

tuttavia alcune precisazioni di dettaglio.
In determinati contesti – tipici quelli permeati e dominati dalla cultura propria
delle associazioni criminali di matrice “ndranghetistica”, ancor di più se
caratterizzati da un perimetro territoriale di operatività del sodalizio non
particolarmente esteso, da presenze partecipative largamente stratificate nel
tessuto sociale di riferimento e da compagini primariamente composte da
soggetti legati da rapporti di affinità e parentela – il conferimento formale della
qualifica potrebbe, infatti, assumere un significato equivoco, più coerente ad
automatismi sociali e familiari che indice, immediato ed autosufficiente, della
effettiva intraneità.
Ciò non significa, tuttavia, aderire ad un modello esclusivamente “causale” di
definizione della partecipazione associativa di matrice mafiosa, quasi a
sovrapporre indebitamente il tema della partecipazione con quello del concorso
esterno ex art. 110 e 416 bis cod.pen. : l’avvenuto inserimento del soggetto nel
gruppo criminoso in modo stabile può anche consistere, infatti, in un contributo
di carattere anche meramente morale e psichico, se oggettivamente
apprezzabile.
Ed è per tale ragione che lo stesso dato, quello della investitura formale, pur non
seguita da altri comportamenti materiali, potrebbe assumere tutt’altro significato
probatorio quando interessi soggetti che, per il ruolo sociale o i compiti
istituzionali che li connota, costituiscano, già solo per il conferimento della
qualifica, possibili e consapevoli strumenti per la realizzazione di cointeressenze
di rilievo nell’ottica afferente l’incunearsi del gruppo criminale nel tessuto sociale
ed economico di riferimento.
In via esemplificativa, basta rifarsi all’affiliazione rituale resa con riferimento ad
un rappresentante delle FF. 00. il quale, tramite l’investitura formale, altro non
fa che mettere a disposizione del gruppo le potenzialità correlate al ruolo, così da
fortificare, al contempo, pur in termini di mera prospettiva, l’adesione di tutti gli

14

2.8.2. Siffatta affermazione ( peraltro non univocamente condivisa nella

altri sodali, rafforzandone il proposito criminoso ed accrescendo le potenzialità
operative dell’associazione.
2.8.3. Ove, poi, il ruolo formalmente conferito, nella scala gerarchica
caratterizzante l’organigramma interno delle diverse associazioni, corrisponda ad
ambiti di rilievo sempre più crescenti, il valore indiziario da ascrivere al dato
dell’affiliazione finisce per assumere un portato chiaramente più determinante
sul piano del rilievo probatorio, laddove, come si è riscontrato accade nella
società criminale di matrice “ndranghetista”, alla crescita per gradi corrispondano

logico, non potenzialità da esprimere, ma meriti già concretati da pregresse
condotte positivamente esitate nell’interesse della compagine.
Ed in questa ottica, il giudizio sulla intraneità mafiosa potrebbe esclusivamente
circoscriversi alla carica formale – di rilievo nella scala dei valori interni
all’associazione – rivestita dall’imputato.
2.8.4. La sentenza impugnata ha fatto buon governo di tali principi.
La “dote” formalmente ascritta al ricorrente non era di rilievo minimale nel
quadro complessivo della scala di valori interna all’organigramma delle
associazioni “ndranghestistiche”. Lo conferma il ricorrente; ma lo si trae anche
dalle dichiarazioni del collaborante Varacalli , confermate , per quanto indicato in
sentenza anche dalle intercettazioni , dalle quali emerge chiaramente che a doti
più elevate corrispondeva un giudizio meritocratico crescente, indice di una
profondità nel rapporto con il gruppo di riferimento che logicamente non può
ritenersi ferma ad ambiti di mera potenzialità, non ancora esplicata.
La Corte distrettuale, peraltro, non si è fermata esclusivamente al dato formale
della qualifica rivestita.
Pur in assenza di riscontri in ordine alla esecuzione di specifici reati fine compresi
nel programma associativo, dato sintomatico non essenziale della intraneità,
emerge, piuttosto, dalla lettura della decisione impugnata che la posizione del
Cataldo consentiva allo stesso di partecipare ad incontri con esponenti di rango
elevato del “locale” di suo immediato riferimento oltre che delle “locali” operative
nella provincia di Torino ( si vedano i riferimenti espressi a pagina 119 ); di
intrattenere contatti con soggetti all’apice del mondo criminale ndranghetistico”
(si consideri l’interlocuzione con Giuseppe Commisso nel corso della quale si
mette a disposizione per una possibile ulteriore promozione nell’organigramma
interno); di partecipare a discussioni ed assumere posizioni relative a
problematiche afferenti altre “locali”, mostrando dunque piena consapevolezza
delle tematiche strutturali afferenti realtà diverse , sintomo inequivoco di una
intraneità consolidata in ragione della fiducia accordatagli da interlocutori di

15

positive valutazioni meritocratiche, le quali presuppongono a loro volta, sul piano

rilievo ( si veda l’intercettazione del’11/ 10/ 2009, riportata in sentenza a pagina
121 quanto al colloqui con il vertice del locale di Siderno, Catalano Giuseppe).
Rispetto a tale ultimo atto di indagine, la difesa non ne contrasta in ricorso il
portato logico offerto dalla lettura del dato siccome resa dai Giudici distrettuali.
Piuttosto contesta la riferibilità del colloquio al ricorrente e il mancato
espletamento di una perizia fonica destinata a dissolvere i dubbi sul punto
prospettati con l’appello.
Tuttavia, la perizia fonica non è di certo incombente istruttorio imprescindibile e

incongruenze logiche, né escluda la necessita perché comunque in grado,
attraverso specifici elementi fattuali, di affermare comunque la riconducibilità
del dialogo intercettato all’imputato. E tanto è avvenuto nella specie ( cfr pag
121 della sentenza ) senza che in ricorso risultino addotte censure destinate a
mettere in discussione la coerenza logica delle valutazioni spese sul punto dalla
Corte distrettuale.
Costituisce, infine , ulteriore momento di conferma della intraneità del ricorrente
il dato portato dalla intercettazione del 13 dicembre 2009 relativo ad un
colloquio con altri soggetti coinvolti nel “locale” di riferimento , nel corso del
quale il Cataldo contesta il ruolo del Catalano Giuseppe e prospetta un cambio al
vertice, proponendosi quale possibile sostituto grazie ai contatti dallo stesso
intrattenuti con esponenti di spicco della casa madre.
Colloquio, questo, rispetto al quale , ancora una volta ,

2\
difetta di una

critica specifica e mirata ; e che , ancora più decisamente, disvela il profilo di
intraneità dell’imputato, evidentemente connotato da profili di funzionalità
concreta all’interno del gruppo associativo, non discutibile con riferimento a chi
mira , senza millantare alcunché, alle posizione di vertice dell’associazione
stessa.
A fronte di tale cornice probatoria, destinata a riempire di contenuti la – per il
vero generica — affermata affiliazione promanante dalla chiamata del
collaborante Varacalli, perdono di rilievo le evidenze probatorie richiamate in
ricorso dalla difesa, relative alla riscontrata correttezza dell’agire del ricorrente
all’interno del proprio ambito professionale.
Il dato è privo di decisività perché palesemente recessivo rispetto al portato
complessivo del materiale probatorio rassegnato dalla Corte distrettuale a
sostegno della decisione assunta. E tale sostanziale indifferenza probatoria trova
ulteriore conforto nelle valutazioni spese sul punto in sentenza , prive di profili di
manifesta illogicità e dunque non censurabili in questa sede , giacchè l’intraneità
mafiosa, caratterizzata da profili di segretezza, non contrasta in linea di principio
con la linearità e la correttezza di comportamenti assunti dal partecipe in ambiti

16

decisivo laddove il Giudice del merito , con valutazioni immuni da manifeste

diversi da quelli di immediata e diretta esplicazione dei momenti di illiceità
coperti dall’azione dell’associazione criminale di riferimento.
2.9. Sono fondati , per contro , i motivi di ricorso afferenti l’aggravante di cui al
comma IV dell’art. 416 bis cod.pen. e la applicazione della misura di sicurezza
della libertà vigilata ai sensi dell’art. 417 cod.pen.
2.9.1. Sul primo versante, la motivazione della decisione impugnata non regge il
portato delle censure sollevate con il ricorso una volta che sia venuto meno il
presupposto logico che la sorregge, quello della unicità dell’associazione

I momenti fattuali posti a sostegno del relativo giudizio riposano, infatti,
esclusivamente su riferimenti legati a locali diverse da quella di appartenenza del
ricorrente.
La relativa valutazione andrà dunque nuovamente filtrata muovendo dal dato
istruttorio unicamente riferibile al “locale” di Siderno in Torino, dal quale la Corte
aVexctiAe

distrettuale , in sede di rinvio , dovrà/trarre gli elementi oggettivi e soggettivi
utili ad affermare la sussistenza della aggravante in disamina.

2.9.2. Quanto alla liberta vigilata , va ribadito che l’applicazione di una misura di
sicurezza personale presuppone indefettibilmente, anche nell’ipotesi prevista
dall’art. 417 cod. pen. e con specifico riferimento a persone condannate per il
reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, l’accertamento di
un’attuale pericolosità del soggetto ai sensi dell’art. 203 cod. pen. (Sez. 1, n.
3801 del 15/11/2013 – dep. 28/01/2014, Perri, Rv. 258602).
Giudizio che nel caso difetta integralmente sicchè, anche sul punto, si impone
l’annullamento con rinvio per colmare il riscontrato vuoto argomentativo.

3. Venendo al ricorso della Procura Generale avverso la sentenza di assoluzione
di Catalano Giovanni dalla imputazione associativa di cui al capo A della rubrica
allo stesso mossa, ritiene la Corte la infondatezza delle doglianze sottese al
gravame.

3.1. Con la sentenza impugnata la Corte ha sostenuto che :

in linea di principio la mera affiliazione non altrimenti supportata da concreti
comportamenti utili a supportare l’azione associativa non vale a conclamare
l’intraneità;
pur riconoscendo che alcuni elementi fattuali possano portare all’idea della
affiliazione del Catalano, comunque mancherebbe una

17

prova certa della

costituita dalle diverse locali operative nella provincia di Torino.

perdurante concreta partecipazione attiva e dinamica al consorzio criminale di
riferimento;
non è adeguatamente comprovata la stessa presenza di una affiliazione formale,
ritenuta per contro adeguatamente supportata dal materiale istruttorio dal
giudice di prime cure, giacchè l’attribuzione della dote della “Santa” non avrebbe
trovato sufficiente conferma nell’unico elemento indicato a sostegno dell’assunto,
il ritrovamento presso l’abitazione del Catalano delle formule per il conferimento
della relativa dote , non confortato da altre emergenze indiziarie;

possibilità di sostituire il fratello al vertice non sarebbe determinante al fine
considerato il comportamento tenuto nell’occasione dall’imputato e l’assenza di
altri elementi destinati a supportare un ruolo concreto svolto dall’imputato nel
contesto associativo, a differenza di quanto accertato con riferimento al Cataldo;
– gli inviti a partecipare alle cerimonie di affiliazioni e conferimento sono rimasti
inevasi avendo il ricorrente preferito evitare la partecipazione;
se è vero poi che l’imputato, sempre su sollecitazione del Cataldo, ebbe a recarsi
dal Commisso e dall’Albanese, esponenti dalla casa madre in visita alla locale , lo
fece comunque dopo aver manifestato una radicata resistenza;
le intercettazioni danno poi conto di atteggiamenti imprenditoriali certamente
distonici ai tipici comportamenti intimidatori correlati alla partecipazione
mafiosa;
non troverebbe conferma l’affermazione in forza alla quale le somme pervenute
a disposizione dei familiari del Catalano durante la sua carcerazione costituiscano
il reimpiego di proventi dell’associazione in linea con la tipica assistenza ai
carcerati garantita dal gruppo.
3.2. La sentenza non merita le censure esposte con il ricorso.
3.2.1. In linea di principio, la decisione si muove lungo le direttrici sopra
rassegnate nel procedere alla disamina della posizione del Cataldo, aderendo ad
indicazioni astratte sul piano della configurabilità della intraneità mafiosa che
questa Corte condivide , per quanto sopra evidenziato.
In parte qua, dunque, deve ritenersi infondata la doglianza sollevata dalla
Procura ricorrente in ordine alla possibilità di risalire alla intraneità mafiosa solo
ed esclusivamente in forza al riscontro della mera affiliazione all’ente criminale.
Nel caso, peraltro, non va tralasciato che il ricorrente era il fratello del soggetto
posto al vertice del locale di Siderno e che nei confronti dello stesso ben
possono, dunque, ribadirsi le considerazioni in precedenza svolte quanto al
contesto familiare e sociale attraverso il quale occorre filtrare il dato afferente
l’affiliazione al gruppo ove non altrimenti supportata da concreti comportamenti
di sostegno all’azione comune.

18

per quanto ritenuto suggestivo, il dato legato al colloqui con gli altri sodali sulle

Del resto la Corte distrettuale ha escluso , con una lettura immune da profili di
manifesta illogicità, che nel caso possa ritenersi comprovata una affiliazione
formale siccome desumibile dall’unico elemento probatorio richiamato a sostegno
dell’assunto accusatorio; ed in parte qua, il gravame è palesemente erroneo
nella parte in cui pretende di colmare i vuoti probatori denunziati dal Giudice
dell’appello attraverso il contegno processuale dell’imputato.
3.2.2. Le ulteriori doglianze sottese al ricorso si risolvono in una riproposizione
della interpretazione del materiale probatorio in atti già esposta con l’appello e

illogicità e contraddittorietà delle argomentazioni spese dal Giudice di appello,
non tali, tuttavia, da integrare gli estremi della manifesta incongruenza utile a
giustificare il vaglio di legittimità.
Il tutto a fronte di una disamina, quella devoluta al giudice di appello che,
innanzi al medesimo dato probatorio di riferimento, avrebbe potuto portare alla
condanna dell’imputato solo in presenza di elementi logici di valutazione dotati di
una forza tale da destrutturare integralmente il portato delle considerazioni
poste dal Tribunale a sostegno della assoluzione, senza dare spazio alcuno al
ragionevole dubbio.
Chiave di lettura, quest’ultima , che la Corte distrettuale ha puntualmente e
coerentemente posto a fondamento delle valutazioni spese con la sentenza
impugnata e che, oggi, costituisce, per forza di cose, sul piano della rigorosità
del vaglio ascritto a questa Corte, il filtro attraverso il quale dover procedere
allo scrutinio delle ragioni di doglianza prospettate con il gravame sotto il
versante della tenuta argomentativa della decisione contrastata.

I Giudici del merito , con valutazione integralmente condivisa ( ulteriormente
rimarcata in appello per aver denegato l’affiliazione formale ), hanno
convintamente escluso, sulla base del medesimo substrato istruttorio che, a
voler ritenere l’imputato in fatto affiliato, lo stesso abbia poi manifestato un
contegno attivo nel contesto associativo. Piuttosto, hanno segnalato gli
atteggiamenti sostanzialmente passivi del ricorrente rispetto alle sollecitazioni
rivoltegli in tal senso da altri sodali ( specificatamente il Cataldo) quanto alla
partecipazione ad eventi comuni di spiccato rilievo nell’ambito associativo,
svilendone comunque il significato indiziario alla luce dell’atteggiamento
recalcitrante mostrato dal Catalano rispetto a quelli cui lo stesso ebbe modo di
partecipare (la visita di esponenti di vertice della casa madre ) o della banalità
delle scuse richiamate per sottrarsi alla partecipazione ( la riunione per il
conferimento di una dote di non indifferente portato ponderale).
E sul punto, per quanto suggestiva, la considerazione critica spesa dall’ufficio
ricorrente nel ricorso ( diretta a sopravvalutare in sè l’invito a prendere parte a

19

non condivisa da entrambi i giudici del merito. Ancora, in rilevati profili di

riunioni di rilievo nell’ottica associativa, prescindendo dall’atteggiamento del
ricorrente quale sintomo logico di una intraneità comunque definitivamente
conclamata nel confronto reciproco e dinamico con il gruppo di riferimento)
costituisce una chiave di lettura comunque alternativa del medesimo dato,
dotata al più di identica forza logica ma non tale da destrutturare, nei termini
anticipati, integralmente, il portato delle considerazioni espresse dai Giudici del
merito.
Laddove, poi, in sentenza è stato attribuito rilievo al dato indiziario (la

fratello del ricorrente , ebbe a proporsi per una eventuale sostituzione dello
stesso incassando l’assenso esplicitato nell’occasione dal Catalano Giovanni), se
ne è al contempo ribadita l’inadeguatezza probatoria.
Tanto per la unicità del dato. Si è sottolineato, infatti, che a differenza di quanto
emarginato avuto riguardo al Cataldo, la circostanza non è altrimenti supportata
da ulteriori elementi probatori destinati a disvelare i profili di utile e concreto
sviluppo della potenziale affiliazione in termini dinamici e concretamente
funzionali rispetto alle esigenze comuni.
E ciò finisce per assorbire anche il tema delle contraddittorietà delle valutazioni
rese nella disamina delle posizioni dei due diversi imputati , effettivamente
caratterizzate da una differente consistenza probatoria tale da giustificare, senza
vizi di manifesta illogicità , le opposte conclusioni all’uopo assunte.
Tanto, in particolare , considerando che all’affiliazione in fatto , non altrimenti
precisata nel grado e sostanzialmente passiva ascrivibile al Catalano fa da
contraltare il ruolo formale e di rilievo rivestito dal Cataldo, sistematicamente
attivo all’interno delle dinamiche del gruppo, come riscontrato dai continui
contatti con i vertici anche della casa madre di riferimento nell’ottica orientata
alla perseguita crescita esponenziale in seno all’organigramma di riferimento del
locale di Siderno.

T..MA9.40
Da qui la reiezione dei~ proposto dalla Procura Generale competente.

4. Merita l’accoglimento , per le ragioni precisate da qui a poco , il ricorso
proposto nell’interesse di Zangrà Rocco.
4.1. In primo grado il Tribunale , ritenuta la presenza degli elementi strutturali e
finalistici tipici dell’associazione mafiosa avuto riguardo ad una locale operativa
nel ” basso piemonte” ed alla intraneità del ricorrente rispetto a tale entità
associativa , ha poi negato l’esistenza dell’associazione ex art. 416 cod.pen. non
risultando provata le esteriorizzazione del metodo mafioso.

20

discussione intercettata nel corso della quale il Cataldo, contestando la figura del

In appello , la Corte distrettuale, muovendo dalle prime due evidenze logiche, è
pervenuta ad una conclusione opposta limitatamente a tale ultimo momento di
giudizio.

Il
il
I giudici distrettuali, infatti, hanno ritenuto che seppur autonoma, la locale in
questione mutuava dalla casa madre e dalle locali confinanti la capacità di
intimidazione di tipica matrice mafiosa si che non era necessario comprovare
singole iniziative immediatamente riferibili al soggetto collettivo di riferimento
nel territorio di pertinenza per pervenire alla conclusione della esteriorizzazione

In ogni caso, come già fatto in occasione della disamina relativa alla associazione
tutiA
di cui al capo A), anche con riferimento l?i””locale” di immediato interesse,
descritta al capo B) della imputazione, in sentenza viene indicata una traccia
esterna dell’azione colorata dal metodo mafioso.
Tanto facendo riferimento alla vicenda legata al sodale Caridi , consigliere
comunale in Alessandria , già condannato quale partecipe della medesima
compagine, ed al contrasto da questi avuto , nella sua qualità di Presidente della
Commissione per il territorio svolta presso l’indicato ente, con altro consigliere
comunale relativamente ad una variante del PRG destinata ad una notevole
speculazione edilizia.

4.2. La sentenza non merita censure quanto ai due passaggi logici che
precedono il giudizio reso sulla esteriorizzazione del metodo mafioso.
La motivazione è, infatti, puntuale nel delineare la presenza di una struttura
associativa tipicamente permeata, nei momenti organizzativi di funzionamento,
nei rapporti interni tra i sodali e nella finalizzazione programmatica , dalle
connotazioni tipiche delle entità di matrice “ndraghestitica”.
Assumono rilievo in tal senso, grazie ad una lettura estranea a profili

di

manifesta illogicità del materiale indiziario, i richiami :
all’individuata delimitazione territoriale del perimetro di azione di
riferimento ( sarebbe operativa tra Novi Ligure, Asti, Alba, e Sommariva);
alla riscontrata struttura gerarchica ( che vedeva a capo il Pronestì
Bruno);
alla

costante,

per

le

strutture “ndranghetistiche”

delocalizzate,

correlazione con la casa madre, sempre senza perdere di autonomia
(determinante in tal senso proprio il riferimento all’assenso ricercato dallo
Zangrà presso l’Oppedisano Domenico, esponente di vertice della
“ndrangheta” calabrese per creare una nuova struttura che si staccasse
da quella governata dal Pronestì);

21

del metodo ex art. 416 bis, comma III, cod.pen..

ai momenti di contatto con le locali confinanti ( quelle liguri in particolare,
compulsate anche per valutarne l’opinione rispetto al progetto
“autonomistico” dell’imputato);
ai momenti di affiliazione ( secondo i rituali di prassi) ed ai profili di
solidarietà tra i componenti ( l’assistenza ai carcerati ed alle loro famiglie
segnalata al fl 144 della sentenza avuto riguardo proprio alla posizione
del ricorrente);
alla finalizzazione illecita coerente ai programmi tipici delle associazioni di

tra i sodali; dal rischio, rassegnato nelle intercettazioni dai soggetti
coinvolti, di vedersi sottoposti a controlli e osservazioni da parte degli
organi di polizia; dalle preoccupazioni successive ai primi arresti che
ebbero a coinvolgere i componenti del gruppo; dalle contrapposizioni
interne sorte rispetto al progetto del ricorrente di creare una locale
distaccata nel territorio di Alba, segno della possibile incidenza che tanto
poteva assumere nella ripartizione degli affari illeciti di riferimento ).
4.3 Del pari , anche il giudizio legato alla partecipazione del ricorrente al relativo
gruppo non merita censure, bastando al fine rimarcare l’iniziativa dallo stesso
assunta nel tentare di creare una struttura autonoma da quella oggetto di
attuale scrutinio all’uopo contattando i vertici della casa madre calabra.
4.4. Non regge il peso delle censure mosse con il ricorso, per contro , la
valutazione resa dalla Corte distrettuale con riferimento al giudizio di
esteriorizzazione del metodo mafioso.
4.4.1. In parte qua , sì è già detto della non condivisibilità della tesi in forza alla
quale, muovendo dalla autonomia dcale” oggetto di scrutinio, si finisca
comunque per ritenere, una volta riscontrata la struttura tipica dell’associazione
mafiosa e i profili finalistici propri della stessa, indifferente al fine la presenza di
concreti elementi fattuali, riferibili al gruppo di interesse, di materiale
estrinsecazione del metodo mafioso nel territorio riferimento.
Sul punto basta richiamarsi a quanto già evidenziato nel trattare la posizione del
Cataldo.
4.4.2. Di ciò, peraltro, la stessa Corte distrettuale mostra di aver piena
consapevolezza tanto da aver indicato , alla stregua di quanto già effettuato nel
valutare la posizione del Cataldo, profili in fatto di esteriorizzazione del metodo
mafioso ritenuti utili a superare i dubbi sul punto prospettati dal primo giudice
nel procedere alla assoluzione dello Zangrà.
4.4.3. Giova subito precisare che tali argomentazioni, distoniche rispetto alle
valutazioni di primo grado, riposano su un diverso substrato probatorio giacchè
l’episodio richiamato a sostegno della difforme conclusione assunta ( il conflitto

22

matrice mafiosa (non illogicamente desunta dalla segretezza delle riunioni

tra il sodale Caridi e il consigliere comunale Belotti), pur conosciuto dal giudice di
prime è stato diversamente scandagliato dal Giudice distrettuale grazie
alla rinnovazione istruttoria realizzata con l’escussione dei testi Belotti e De
Marte.
Non si verte, dunque, in parte qua, nella tipica ipotesi della cd “doppia difforme”,
laddove alla assoluzione in primo grado sia seguita una condanna in appello sulla
base del medesimo materiale istruttorio ; situazione che impone , come è noto,
un onere di motivazione in capo al Giudice di Appello caratterizzato da una

Ciò non toglie, tuttavia, che i nuovi momenti istruttori devono comunque
possedere un grado di decisività tale da far ritenere superate, e con nettezza di
giudizio, le considerazioni di segno contrario esposte dal Giudice di prime cure a
supporto della assoluzione.
4.5. Tanto non si riscontra nella motivazione adottata sul punto.
4.5.1. In primo luogo , ritiene la Corte che una coerente disamina argomentativa
presupponeva a monte il confronto con i passaggi attraverso i quali il giudice di
prime cure era pervenuto a ritenere non riscontrata la esteriorizzazione del
metodo mafioso .
In parte qua la sentenza è gravemente carente anche perché manca di
segnalare, nel raffronto ponderale con il portato della motivazione di primo
grado, la decisività delle nuove emergenze istruttorie.
Vero è che tale raffronto poteva ritenersi superfluo innanzi ad emergenze di tale
chiarezza da assorbire integralmente il pregresso giudizio di disvalore probatorio
reso dal Tribunale. Ma tanto è nella specie smentito non solo da quanto si dirà,
da qui a poco, sul portato effettivo di tali emergenze, ma anche dallo stesso
tenore letterale della decisione in disamina, che, esplicitamente, ascrive un
rilievo sostanzialmente modesto all’episodio indicato a sostegno della diversa
conclusione assunta.
4.5.2. Al di la del metodo seguito nell’argomentare, non convince la Corte la
natura apodittica e congetturale della indicazioni segnalate a sostegno della
lettura del fatto nei suoi tratti logici di maggiore rilievo rispetto alla finalità
probatoria perseguita.
In linea di principio, il fatto è potenzialmente foriero di rilievo rispetto al metodo
mafioso riferibile.aocale” oggetto di scrutinio. Infatti
coinvolge, quantomeno per quanto emerge dalla realtà processuale devoluta a
questa Corte, un sodale ( il Caridi, condannato per aver fatto parte della
medesima associazione con sentenza non ancora passata in giudicato) il quale
rivestiva un ruolo politico ( all’epoca era consigliere comunale e Presidente della
Commissione territorio presso il Comune di Alessandria) ;

23

stringente rigorosità nel fare emergere i presupposti fondanti la condanna.

involge temi di indubbio interesse collettivo, possibile veicolo di interessi di
matrice illecita del gruppo di riferimento ( una variante al PRG particolarmente
controversa che poteva dare spazio a determinate speculazioni edilizie);
concreta contegni in sè in linea con le situazioni di assoggettamento tipicamente
correlate al potere di intimidazione dell’azione mafiosa ( allo screzio intervenuto
tra il Caridi ed il Belotti, avente sullo sfondo la citata problematica, fecero
seguito comportamenti del Caridi, ma anche di altri componenti di realtà
politiche non distanti dal Belotti, finalizzate a chiudere la vicenda, malgrado il

sua sostanziale sottomissione).
E’ di tutta evidenza, tuttavia, che il portato essenziale della vicenda, nell’ottica
che qui interessa, afferisce in primo luogo alla leggibilità della forza di
intimidazione sprigionata dai contegni correlati al comportamento del sodale
siccome anche indirettamente collegati alla riferibilità del Caridi ‘ILu
f3’locale” di
riferimento.
Non si discute nella specie della intimidazione conseguenziale al contegno del
Caridi e del senso di assoggettamento riscontrato in sentenza rispetto alla
sottomissione mostrata in parte qua dal Belotti e da altri esponenti politici che lo
invitarono a soprassedere : tanto esprime il segno della convinzione sul punto
assunta dalla Corte distrettuale, immune a profili di manifesta illogicità, così da
sottrarsi al vaglio di legittimità.
Si analizza, piuttosto, la vicenda quale cifra della capacità di intimidazione delego
“locale” cui era partecipe lo Zangrà. Occorreva , dunque, legare i due momenti:
tanto muovendo da una più puntuale esplicitazione delle connotazioni afferenti la
posizione del Caridi siccome soggetto, nell’ambiente di riferimento, portatore
delle istanze del “locale” in disamina, quando, per contro, nel caso , ne risulta
meramente accennata la posizione di sodale, pur la stessa facendo riferimento
ad un accertamento giudiziale, anche se non definitivo; e da tali spunti poi
collegare, senza automatismi, l’assoggettamento riscontrato alla riferibilità del
Caridi al “locale” di medesima appartenenza dello Zangrà.
Ma tali spazi di approfondimento non trovano alcun conforto in sentenza.
E’ poi evidente che anche in questa ottica potrebbero assumere assoluto rilievo
logico le tensioni retrostanti alle ragioni dello screzio tra il Caridi ed il Belotti. Ci
si riferisce alla variante del PRG che ebbe a fungere da giustificazione mediata
del conflitto tra i due; ai possibili interessi illeciti collegati a tale vicenda in nome
di eventuali speculazioni edilizie; al coinvolgimento di soggetti riferibili al “locale”
in disamina in tali prospettive di illecito lucro.
Sul punto la motivazione adottata sentenza è, se non apodittica, congetturale.
Tanto perché si lascia sullo sfondo tale prospettiva di lettura ( vedi il secondo

24

torto , sul piano del contegno istituzionale, patito da quest’ultimo, attraverso una

capoverso del fl 156, peraltro apparentemente eccentrico rispetto al tema in
dibattito), lagata ad un non consentito giudizio di mera verosimiglianza, slegato
dalla indicazione dei profili in fatto , anche di ordine logico e deduttivo, utili a
giustificare una siffatta conclusione.
Si impone, in coerenza, l’annullamento con rinvio perché , seguendo le
indicazioni spese in precedenza, vengano colmati i vuoti argomentativi
riscontrati.
PQM

sezione della Corte di Appello di Torino per nuovo giudizio. Annulla, altresì, la
stessa sentenza nei confronti di Carmelo Cataldo limitatamente alla circostanza
aggravante di cui all’art. 416-bis comma quarto cod. pen. e alla applicazione
della misura di sicurezza ex art. 417 cod. pen., e rinvia ad altra sezione della
Corte d’Appello di Torino per nuovo giudizio su tali punti.

Rigetta nel resto il

ricorso del Cataldo. Rigetta il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso il 20 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

annulla la sentenza impugnata nei confronti di Rocco Zangrà e rinvia ad altra

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