Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39112 del 16/09/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 39112 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Pupa Antonio, nato a Crotone il 01/08/1971

avverso l’ordinanza del 04/03/2014 del Tribunale di Catanzaro

visti gli atti, la ordinanza denunziata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro – adito ex art. 309
cod. proc. pen. – confermava la ordinanza in data 14 febbraio 2014 del Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Crotone con la quale veniva applicata
a Antonio Pupa la misura della custodia cautelare in carcere in ordine ai reati di
cui agli artt. 110, 81 cpv. cod. pen., 2 e 7, primo comma, legge n. 895 del 1967

Data Udienza: 16/09/2014

(capo A), 23, primo, terzo e quinto comma, legge n. 110 del 1975 (capo B), 110
cod. pen. e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo C), accertati in località Gabella di
Crotone il 10 febbraio 2014.
Osservava il Tribunale che sussistevano a carico del Pupa gravi indizi in
ordine alla commissione dei reati contestati: egli venne notato da appartenenti
alle forze dell’ordine arrivare in ora serale, a bordo di un’autovettura Renault
Clio, nei pressi dell’area recintata di un villaggio turistico sito in contrada Gabella
di Crotone, ove già stazionava un’autovettura Fiat Panda con a bordo due

colpo di clacson che determinava l’apertura del cancello dell’area, farvi ingresso
con la sua auto, seguita dall’altra; e successivamente, sceso dall’auto e insieme
agli altri due, servendosi di chiavi in suo possesso per l’apertura della serratura
della porta d’ingresso, entrare in un

bungalow

munito di impianto di

videosorveglianza. All’interno del locale, poi, a seguito di irruzione degli operanti,
vennero rinvenuti, in una vetrinetta, circa gr. 80 di cocaina, materiale per il
confezionamento delle dosi, un bilancino di precisione, 50 proiettili, una cartuccia
corazzata e un’agendina con nomi e cifre; sotto un materasso, una pistola con
matricola abrasa e un fucile con canne mozze e calcio tagliato; infine, all’interno
di un battiscopa, altri due bilancini di precisione, un caricatore monofilare, un
mirino di precisione, due maschere utilizzabili per il camuffamento, e altri
oggetti.
Veniva poi accertato che le utenze telefoniche dei tre erano interessate da
numerosi contatti tra loro intercorsi sia nei giorni precedenti sia, nella stessa
serata, fino ad alcuni minuti precedenti l’incontro; e che nell’archivio del cellulare
del Posca e in quello del Bartolillo erano contenute foto raffiguranti il bungalow
suddetto.
Tali elementi, in ordine ai quali il Pupa, tratto in arresto, non riteneva di
fornire alcuna delucidazione, essendosi avvalso della facoltà di non rispondere in
sede di interrogatorio di garanzia (mentre, nell’immediatezza dei fatti, aveva
affermato genericamente di essersi recato nel luogo per un incontro conviviale
tra amici), venivano apprezzati come seriamente indicativi della utilizzazione del
bungalow da parte del medesimo e degli altri due quale deposito di sostanze
stupefacenti finalizzate allo spaccio nonché di armi e munizioni, clandestine e
pronte all’uso, derivandone una valutazione dell’inserimento del Pupa in un
circuito criminale di alto livello, che implicava il concreto pericolo di reiterazione
criminosa, fronteggiabile solo con la misura carceraria.

persone (poi identificate in Bruno Posca e Giuseppe Bartolillo); quindi, dopo un

2. Ricorre per cassazione il Pupa, a mezzo del difensore avv. Giuseppe
Barbuto, il quale deduce con un unico motivo la carenza di motivazione
dell’ordinanza impugnata in punto di gravità indiziaria.
Si osserva che il Tribunale ha riproposto le considerazioni dell’ordinanza
applicativa senza dare risposta alle deduzioni difensive, con le quali in particolare
si rilevava l’assenza di prova circa la consapevolezza da parte del Pupa della
esistenza dello stupefacente e delle armi all’interno del locale nel quale egli era
entrato, considerato che le forze di polizia intervennero immediatamente dopo

risultavano in piena vista. Non valeva a stabilire un collegamento del Pupa con le
cose custodite nel locale il rinvenimento nella memoria del cellulare (del solo
Posca) di alcune foto del bungalow né i pregressi contatti telefonici tra i tre,
potendosi solo desumere da ciò che essi avessero in precedenza frequentato il
locale ma non che fossero a loro riferibili le cose ivi rinvenute.

3. Con motivi aggiunti il medesimo difensore denuncia la mancanza di
motivazione circa la richiesta subordinata di sostituzione della misura carceraria
con quella domiciliare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.

Lungi dall’avere trascurato le obiezioni difensive, il Tribunale ha

puntualizzato che la riferibilità al Pupa (e agli altri due) delle cose rinvenute nel
bungalow si desumeva con tranquillante sicurezza dalla circospezione con la
quale i tre si avvicinarono al locale; dal fatto che questo fosse provvisto di un
impianto di video sorveglianza; dal possesso delle chiavi della porta da parte del
Pupa; dalla collocazione, in una vetrinetta che rendeva ben visibile le cose in
essa riposte, del quantitativo di sostanza stupefacente, del bilancino, di 50
proiettili e di un’agendina indicativa di attività di pregresso spaccio; dalla
accertata pregressa frequentazione del luogo da parte de tre, desumibile, oltre
che dal possesso delle chiavi della porta di entrata, dalle foto rinvenute nei
cellulari.
Il tutto, a fronte di una scelta di mancata risposta all’interrogatorio da parte
del Pupa, che sebbene del tutto legittima, non aveva consentito di prendere in

che i tre erano entrati nel bungalow e che né le armi né lo stupefacente

considerazione elementi di valutazione su cui fondare una alternativa
ricostruzione dei fatti in senso favorevole all’indagato.

3. Il motivo aggiunto è inammissibile, in quanto non collegato ai punti
toccati con il ricorso principale, devolutivo del solo aspetto relativo alla gravità
indiziaria (v. per tutte Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, Bono, Rv. 210259).

4. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna dell’imputato al

ammende di una somma che, in relazione alle questioni dedotte, si stima equo
determinare in euro mille.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 16/09/2014.

pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle

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