Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3910 del 04/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3910 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sui ricorsi proposti da

VIVACQUA Antonio, nato a Caltanissetta il 6/10/1981
VIVACQUA Gaetano, nato a Licata il 19/4/1984
VIVACQUA Davide, nato a Licata il 28/8/1988
avverso l’ordinanza del 28/8/2013 del Tribunale di Milano, che ha parzialmente
annullato l’ordinanza coercitiva che dispone la custodia in carcere degli indagati
emessa il 2/5/2013 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Milano
in relazione a plurime violazioni dell’art.8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74 in
relazione agli artt.81 e 100 cod. pen., reati contestati in relazione alle annualità
2006-2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Nicola
Lettieri, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi per rinuncia.

RITENUTO IN FATTO
1. I Sigg. Vivacqua sono stati raggiunti dalla misura cautelare della custodia
in carcere emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Milano
con riferimento a tré contestazioni cautelari, tra loro collegate, che rilevano

Data Udienza: 04/12/2013

l’esistenza di gravi indizi rispetto a condotte di emissione di fatture per
operazioni inesistenti commesse in un largo arco temporale (2006-2012)
mediante l’utilizzo di strutture societarie diverse e per importi che ammontano
nel complesso a molte decine di milioni di euro, con altrettanto rilevante
evasione d’imposta.
In sintesi, i ricorrenti, unitamente al sig. Paolo Vivacqua nel frattempo
deceduto e ad altri, fra cui persone convenzionalmente definite “teste di legno”
in quanto amministratori formali ma privi di poteri decisionali di fatto, avrebbero:

massivamente utilizzata per emettere fatture per operazioni inesistenti attestanti
cessioni mai effettuate n favore di numerose società operative nel settore della
utilizzazione di rifiuti e materiali ferrosi;
capo B: gestito la società “Ital Metal S.r.l.” in modo da emettere in favore della
“Buffoli Legnami S.r.l.” fatture per operazioni simulate ovvero totalmente
inesistenti relative a cessioni di legname asseritamente proveniente da società
“comunitarie”;
capo C: gestito la società “Ful Metal S.r.l.”, poi “Ferrinox S.r.l.” emettendo sia
fatture per operazioni totalmente inesistenti sia fatture per importi maggiori delle
reali operazioni economiche.
2. Avverso le misure cautelari i sigg. Acquaviva hanno proposto ricorso
immediato avanti la Corte di cassazione proponendo plurime questioni che
l’ordinanza del Tribunale di Milano qui impugnata ha sintetizzato alle pagine 2-4.
La Corte, con ordinanza 16/7/2013 ha convertito i ricorsi in riesame e disposto
trasmettersi gli atti al Tribunale.
3. Con l’ordinanza qui impugnata il Tribunale ha rigettato i ricorsi ad
eccezione di parte del ricorso di Davide Acquaviva relativo ai fatti contestati al
capo A.
Osserva il Tribunale che la famiglia Vivacqua (Paolo Vivacqua e suoi figli)
avrebbe ideato un complesso sistema di frodi tributarie e lo avrebbe realizzato
utilizzando plurime società, a partire dalla “Giada S.r.l.” amministrata da Paolo
Vivacqua, società operanti nel tempo come “cartiere” in relazione a fatture per
operazioni inesistenti per importi notevolissimi e tali da assicurare ai componenti
della famiglia vantaggi patrimoniali ingenti: solo nell’anno 2008 i vantaggi
derivanti dalla gestione “Ital Metal” ammonterebbero secondo il perito a 1,7
milioni di euro, mentre con riferimento alla società “Ferrinox” sono emersi
trasferimenti di denaro in favore di società estere tramite banca estera per un
ammontare di 2,3 milioni di euro nel corso del 2012.
Osserva, poi, che le misure emesse in 2/5/2013 si collegano a quella
emessa dal Giudice delle indagini preliminari in data 16/4/2012, ma hanno ad

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capo A: gestito la società “Ital Metal S.r.l.”, destinata o comunque

oggetto condotte ulteriori e diverse emerse in corso di accertamenti e non
sussistono, dunque, ragioni per escluderne la applicabilità. In effetti, le condotte
oggetto della precedente misura cautelare hanno per oggetto fatti commessi fino
all’anno 2008.
Tale conclusione non può operare per la posizione di Davide Vivacqua per la
parte di condotte che sono state oggetto di sentenza ex art.425 cod. proc. pen.
in sede di giudizio abbreviato avanti il Tribunale di Brescia, con la conseguenza
che la misura cautelare emessa nel maggio 2013 va annullata limitatamente alle

raffineria “Rivadossi” e alla fattura dell’importo di 39.995,00 euro emessa nel
2008 in favore della raffineria “Riboldi”.
Quanto alla specifica posizione di Antonio Vivacqua, va esclusa la
retrodatazione della misura cautelare con riferimento alla misura precedente,
posto che nessuna prova certa è stata fornita dall’indagato in ordine ai
presupposti che la giustificherebbero e posto che in ogni caso il tema si porrebbe
solo per una parte dei fatti contestati al capo A e non coinvolgerebbe le restanti
contestazioni, così che si è in presenza di una questione non influente sulla
decisione.
In ordine alle esigenze cautelari, il Tribunale evidenzia come la situazione
emersa dopo gli accertamenti relativi all’anno 2008 abbia fatto emergere non
solo una rete stabile di rapporti e un organizzazione complessa utilizzabili per
nuove condotte illecite, ma anche l’esistenza di ingenti capitali esteri che
rendono concreti i rischi di reiterazione e di fuga previsti dall’art.274 cod. proc.
pen.
3. Con separati ricorsi i sigg. Vivacqua propongono ricorso tramite i
Difensori (avv. Daria Pesce e Maurizio Bortolotto per Gaetano Vivacqua; avv.
Daria Pesce per Davide Vivacqua; avv. Daria Pesce per Antonio Vivacqua).
Per Gaetano Vivacqua si lamenta:
Omessa motivazione ex art.606, lett.e) cod. proc. pen. in relazione all’art.297,
comma 3, cod. proc. pen. I fatti oggetto della misura cautelare emessa dal
Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Milano in data 16/4/2012
concernono sia l’ipotesi di reato prevista dall’art.416 cod. pen. sia le ipotesi
previste dagli artt.8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74 e 12-quinquies, comma 1,
del decreto legge n.306 del 1992, convertito in legge n.356 del 1992. La
circostanza che il Pubblico ministero abbia proceduto a chiedere il giudizio solo
per il reato ex art.416 cod. pen. (con condanne in primo grado per tutti gli
odierni ricorrenti) non esclude che la misura cautelare emessa nel mese di aprile
2012 risulti ancora attuale e che i fatti oggetto della misura del maggio 2013
siano legati ai precedenti quantomeno perché riconducibili a unico disegno

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fatture per operazioni inesistenti “Ital Metal” emesse nel 2008 in favore della

criminoso e, come tali, riconducibili all’applicazione dell’art.12, lett.b), cod. proc.
pen. Inoltre, i fatti oggetto della misura del maggio 2013 non erano ignoti
allorché venne emessa la misura dell’aprile 2012, e il risultato della consulenza
depositata successivamente ha per oggetto sempre i medesimi fatti, tanto è vero
che la richiesta di emissione di misura avanzata dal Pubblico ministero nel
dicembre 2001 concerneva anche le fatture “Ital Meta! S.r.l.”, fatture per le quali
il Giudice delle indagini preliminari ritenne non sussistessero elementi indizianti
tali da consentire la custodia cautelare. Analoghe valutazioni devono ritenersi

Per Davide Vivacqua si lamenta:
Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. in ordine ai gravi
indizi di colpevolezza e all’esistenza di una connessione qualificata dei fatti. In
particolare:
a.

Il Tribunale, dopo avere escluso l’applicabilità della misura per i fatti oggetto
di sentenza di proscioglimento emessa dall’autorità giudiziaria di Brescia, si è
limitato a richiamare per il ricorrente (pag.6 dell’ordinanza) i medesimi
argomenti che giustificherebbero la conferma della misura in danno dei due
restanti ricorrenti, omettendo del tutto di considerare che anche per lui
debbono valere i profili di applicazione dell’art.297, comma 3, cod. proc. pen.
che, pur non posti a fondamento dell’istanza di riesame, hanno portata
generale. Non vi è dubbio che i fatti contestati ai capi A e B presentano una
connessione qualificata con i fatti oggetto della misura cautelare emessa nel
mese di aprile 2012. Analoghe considerazioni debbono operare per i fatti
contestati al capo C;

b.

È incontestabile che il quadro indiziario posto a fondamento della misura
emessa nel maggio 2013 è lo stesso sul quale si è fondata la misura cautela
dell’aprile 2012, così che non vi sono ragioni che giustifichino l’emissione
della seconda delle misure.

Per Antonio Vivacqua si lamenta:
Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. in relazione
all’applicazione dell’art.297, comma 3, cod. proc. pen. con riguardo:
a.

ai fatti già contestati avanti l’autorità giudiziaria di Brescia (che si allega) e
per i quali il Tribunale di Milano avrebbe dovuto acquisire l’ordinanza emessa
a Brescia e non limitarsi a prendere atto della omessa allegazione da parte
della difesa;

b.

ai fatti oggetto dell’ordinanza emessa dal Giudice delle indagini preliminari
del Tribunale di Milano nel mese di aprile 2012; sul punto il ricorso espone
argomenti corrispondenti a quelli esposti nel motivo sostegno del ricorso di
Gaetano Vivacqua, segnalando come l’ordinanza del Tribunale di Milano
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esistenti per le fatture “Ferrinox” contestate al capo C.

ometta del tutto di affrontare il tema e si limiti a richiamare la parziale non
coincidenza dei fatti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con dichiarazioni pervenute in data 13/11/2013, sottoscritte dai ricorrenti
con autentica del Difensore, è stata comunicata la volontà degli stessi di
rinunciare alle impugnazioni.

alla Corte di rilevare la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione e la
conseguente necessità di dichiarare i ricorsi inammissibili ai sensi degli artt. 568,
comma 4, e 591, comma 1, lett.a) cod. proc. pen.
3. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte i ricorsi devono essere
dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi
siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata
in via equitativa, di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 500,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 4/12/2013

2. La ritualità delle dichiarazioni di rinuncia presentate dai ricorrenti impone

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