Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3909 del 04/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3909 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
1) Ramsid Mohammed, nato in Tunisia il 02/10/1987
2) Azaozui Mohmed Alì, nato IN Tunisia il 11/03/1989
avverso l’ordinanza del 24/07/2013 del Tribunale della Libertà di Brescia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Nicola
Lettieri, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi per gli imputati l’avv.

Data Udienza: 04/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Brescia in funzione di giudice del riesame, con ordinanza
emessa in data 24 luglio 2013, ha disposto nei confronti di Mohammed Ramsid e
Mohmed Ali Azaouzi la misura cautelare della custodia in carcere, in
accoglimento dell’appello cautelare presentato dal Pubblico Ministero di Bergamo
avverso l’ordinanza del medesimo Tribunale, in composizione monocratica, di

giudiziaria.
Ai ricorrenti è stato contestato il reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 cod. pen.
73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 perché, con più azioni esecutive del
medesimo disegno criminoso, detenevano e successivamente cedevano, a Pricci
Salvatore ed a Brena Stefano, 200 grammi di hashish ed il solo Mohmed Alì
Azouzi deteneva 10 grammi di cocaina e 0,5 g. di hashish frazionati in dosi.
Il Tribunale è giunto a riformare l’ordinanza impositiva della misura
coercitiva non custodiale rilevando innanzitutto come la cognizione dell’appello
cautelare fosse limitata alla valutazione circa l’adeguatezza o meno della misura
cautelare applicata e ritenendo poi condivisibili le doglianze prospettate dal
pubblico ministero sul rilievo che il fatto contestato ad entrambi gli imputati
fosse estremamente grave, tenuto conto del dato ponderale della sostanza
stupefacente (nonostante si trattasse di hashish), quantitativo che implicava il
ricorso a solide fonti di approvvigionamento, e, quindi, a contatti reiterati con
ambienti dediti allo spaccio.
Una tale dimestichezza con le suddette fonti consentiva di escludere,
secondo il Tribunale, la natura occasionale della cessione, rimarcando la
pericolosità del circuito di acquisto e vendita, da cui l’inadeguatezza della misura
applicata implicante un eccessivo ambito della libertà di movimento.
Peraltro, secondo il Tribunale, la gravità del fatto era stata confermata
dall’elevata pena inflitta all’esito del giudizio di cognizione (anni quattro di
reclusione al Ramsid ed anni quattro e mesi quattro di reclusione all’Azouzi), con
la conseguenza che, a maggior ragione, la modestia della misura applicata fosse
in contrasto con la successiva valutazione operata dal Giudice del procedimento
principale.
Il Tribunale ha infine sottolineato, quanto al profilo personale di entrambi gli
imputati, come gli stessi avessero subito precedenti arresti per identici fatti in
materia di stupefacenti (per come sarebbe risultato dall’elenco dei precedenti
dattiloscopici), e tale circostanza confermerebbe quella indisponibilità al rispetto
delle norme e quel radicato inserimento nel settore della droga (già emergente
dal dato ponderale), da cui la necessità di interrompere una continuata attività
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applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia

illecita con una misura in grado di impedire la libertà di movimento e, quindi, la
conservazione di quei legami illeciti conservati anche dopo i pregressi arresti,
dovendosi ritenere che l’unica misura adeguata al soddisfacimento delle ritenute
e non contestate esigenze cautelari fosse, anche in assenza di indicazioni
difensive di idonei domicili, quella della custodia cautelare in carcere.

2. Per l’annullamento della predetta ordinanza ricorrono per cassazione gli
imputati per mezzo del loro difensore, affidando la doglianza ad un unico

glella motivazione in riferimento all’adeguatezza della misura adottata nei
confronti di entrambi i ricorrenti in accoglimento dell’appello del pubblico
ministero.
Assumono come l’argomentazione – circa l’estrema gravità del fatto,
desumibile dal dato ponderale della sostanza stupefacente, ed il conseguente
ritenuto collegamento con organizzazioni criminali – non sia supportata da alcun
solido elemento che possa dimostrare lo stabile inserimento dei ricorrenti in
circuiti criminali volti alla detenzione ed alla cessione di sostanze stupefacenti.
Si sottolinea come i due imputati siano soggetti incensurati e la presenza a
loro carico di isolate segnalazioni di polizia, che non si sono tradotte in
successive condanne, non inficia il loro status giudiziario e non può costituire
elemento in grado di sostenere una loro presunta “censuratezza”.
Secondo i ricorrenti, il fatto appare del tutto occasionale e privo di una
seppur artigianale organizzazione; le modalità della consegna dello stupefacente,
l’assenza di molteplici utenze telefoniche, il mancato rinvenimento di cospicue
‘somme di denaro, il basso dato qualitativo dello stupefacente rinvenuto
sarebbero tutti elementi da valutare in senso opposto rispetto alle conclusioni
operate dal Tribunale del riesame di Brescia.
Circa la asserita “indisponibilità al rispetto delle norme” si rileva come il
Tribunale del riesame non abbia tenuto conto del comportamento post delictum
attuato dagli imputati, i quali hanno serbato, al contrario di quanto ritenuto dal
Tribunale, un atteggiamento rispettoso delle prescrizioni impostegli e del
precetto penale in generale, non avendo compiuto condotte rimproverabili né
contrarie alle regole della convivenza sociale.
La misura applicata risulta infine priva dei requisiti dell’attualità, della
urgenza e della strumentalità rispetto al procedimento penale in cui si innesta,
non potendosi alla stessa attribuire finalità in chiave inammissibilmente
sanzionatoria e, quindi, anticipatoria della pena, con la conseguenza che
l’ordinanza impugnata vada censurata sotto il profilo della contraddittorietà e
manifesta illogicità della stessa.

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complesso motivo con il quale si denunzia contraddittorietà e manifesta illogicità

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti e sulla base delle considerazioni che
seguono.

2. Le conclusioni cui è giunto il Tribunale sono certamente sorrette da logica
ed adeguata motivazione, insindacabile pertanto in sede di giudizio di legittimità,
quanto alla sussistenza dell’esigenza cautelare e della inidoneità della misura

adeguatamente il pericolo di recidiva.
Come ha correttamente osservato il Tribunale, la misura cautelare
originariamente applicata è, nella specie, senza dubbio inidonea ad evitare il
ravvisato pericolo della ripetizione criminosa specifica, non potendo il pericolo
stesso essere salvaguardato con l’obbligo di presentazione dell’imputato alla
polizia giudiziaria allorquando, adempiuto all’obbligo, il pericolo si riproporrebbe
allo stesso modo, e senza alcuna logica attenuazione, subito dopo l’assolvimento
della prescrizione cautelare.
Il sistema cautelare processuale, in altri termini, non permette che sia
imposto un sacrificio alla libertà personale del cittadino che prescinda dal
soddisfacimento di una finalità cautelare, essendo inibita, anche in presenza di
un periculum ex libertate, l’imposizione di una misura che sarebbe inutiliter data
con specifico rifermento alla natura e al grado delle esigenze cautelari da
soddisfare nel caso concreto (art 275, comma 1, cod. proc. pen.).
In presenza dunque di un bisogno cautelare da soddisfare al giudice
compete, nel rispetto dei principi che reggono il sistema cautelare penale, di
scegliere la misura adeguata ed idonea ad appagare il ravvisato bisogno.
Nel caso di specie, il Tribunale – e di ciò fondatamente si lamentano i
ricorrenti – ha individuato la misura, idonea al soddisfacimento del bisogno
cautelare, direttamente all’interno dell’area coercitiva custodiale, stimando
inapplicabili gli arresti domiciliari per assenza di prova circa l’esistenza di idonei
domicili come luoghi nei quali disporre l’esecuzione della cautela, senza però
spiegare le ragioni per le quali altre misure coercitive non custodiali, diverse
dalla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, fossero
parimenti inidonee per soddisfare il bisogno cautelare, non potendosi considerare
a ciò ostative l’entità della pena inflitta e/o le precedenti segnalazioni di polizia
non seguite da precisi riscontri processuali neppure con riferimento all’inizio di
procedimenti avviati a seguito delle prospettate segnalazioni.
Va considerato che l’obbligo (e il divieto) di dimora, al pari dell’obbligo di
presentazione alla polizia giudiziaria, ha assunto, pur non dismettendo del tutto
la sua originaria funzione, una autonoma configurazione nel vigente sistema
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cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria a fronteggiare

cautelare, sganciandosi dalla natura accessoria o surrogatoria che la precedente
procedura ad esso attribuiva, costituendo, se opportunamente dosato, l’unica
vera alternativa alla custodia cautelare nei casi in cui i pericula ex libertate
esigano protezione in presenza di un bisogno cautelare.
Con tale incisiva misura, fortemente limitativa della libertà di movimento a
maggior ragione quando corredata dagli obblighi accessori, si è voluto offrire al
giudice un dispositivo che, in relazione alla natura ed al grado delle esigenze
cautelari da soddisfare nel caso concreto, fosse flessibile ed al tempo stesso

non assolutamente necessaria, in ambiti sempre più esigui.
Fermo il principio secondo cui le cautele, quando effettivamente sussistono,
devono essere incisive ed efficaci, dovendo essere salvaguardate con la misura
più idonea (custodiale o non custodiale, secondo i casi, quanto alle misure
cautelari coercitive), l’obbligo di dimora, se accompagnato dalle prescrizioni
accessorie, può atteggiarsi, caso per caso, come utile strumento per la
salvaguardia delle esigenze cautelari nell’ottica del principio costituzionalmente
imposto del minore sacrifico necessario per le libertà individuali, principio che
regge tutto il sistema delle misure cautelari personali.
L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio, per nuovo esame,
al Tribunale di Brescia che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati,
indicando le ragioni per le quali misure coercitive non custodiali, diverse dalla
misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, correttamente
esclusa, siano inidonee per il soddisfacimento del ritenuto bisogno cautelare.
P.Q.M.

Annulla con rinvio la ordinanza impugnata al Tribunale di Brescia.
Così deciso il 04/12/2013

penetrante per confinare la custodia cautelare, soprattutto carceraria, laddove

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