Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39076 del 16/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 39076 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sui ricorsi proposti dalle parti civili, Arrnenio Salvatore e
dalla s.r.l. Il Fico d’India in persona del suo legale rappresentante,
avverso la sentenza 28 maggio 2013 della Corte di appello di Palermo
pronunciata nei confronti di Nieminem Soile, nata il 24 agosto 1946
in Finlandia, ed assolta perchè il fatto non sussiste dall’accusa ex art.
392 cod. pen., in riforma della sentenza del Tribunale monocratico di
Marsala 20 gennaio 2011.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi ed i motivi aggiunti
delle parti civili.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
Generale Elisabetta Cesqui, che ha concluso per l’annullamento con

Data Udienza: 16/04/2014

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rinvio al giudice civile, nonché, per le parti civili l’avv. Fabrizio De
Marsi, quale sostituto processuale dell’avv.ssa Rosanna Piccinelli, che
ha concluso richiamandosi al ricorso, ed il difensore dell’imputata che

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale monocratico di Marsala con sentenza 20 gennaio
2011 ha ritenuto Niemìnem Soile, nata il 24 agosto 1946 in Finlandia,
responsabile del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni,
previsto dall’art. 392 c.p., perché„ con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, al fine di esercitare un preteso diritto sulle
particelle, i locali e le strade interne contestate in contrada Khamma
Sotto (F.M. 42 particelle 89, 06, 99, 96, 211, 39, 38,159, 160, 163 e
164 di proprietà della società D Fico d’india s.r.1″ e particelie 97 e-98 di
proprietà di Nieminem Soile e inglobate nelle predette), si faceva
arbitrariamente ragione da sé medesima cambiando il lucchetto posto
dalla controparte e impedendo l’acceso a spazi rivendicati dalla
controparte. Fatto commesso in Pantelleria sino al 22.8.2005..
2. Nel corso del dibattimento si costituivano parti civili Armenio
Salvatore e la società “Il Fico d’India” s.r.1, ed il Tribunale, previa
concessione delle attenuanti generiche, condannava l’imputata alla pena
di euro 270,00 di multa, dichiarata interamente condonata, oltre al
pagamento delle spese processuali cui è seguita la condanna al
risarcimento dei danni patrimoniali cagionati alle parti civili e refusione
delle spese.
3.

L’imputata, nel proporre appello, ha lamentato che la

sussistenza del fatto sia stata ottenuta senza considerare prove
documentali e testimoniali, decisive per pervenire al giudizio assolutorio,
posto che nessuna controversia è mai esistita circa la titolarità del bene
in questione, essendo incontroverso tra le parti che il bene era di
proprietà dei coniugi Cardile-Nieminem, i quali, sul bene, esercitavano

ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.

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anche l’effettivo possesso, sicchè nessuna pretesa usucapione da parte
dell’Armenio è seriamente ipotizzabile, stante le accertate fallite
trattative dallo stesso intraprese per acquistare il bene, accompagnate

3. La Neminem, nel suo appello, ha quindi lamentato nell’ordine:
a) che via stata erronea asserzione di sussistenza del fatto,
tenuto conto che, secondo il giudice della condanna, sarebbe esistita
una contesa circa la titolarità del bene, quando invece, al contrario, la
Nieminem non aveva posto in essere alcuna azione arbitraria, né
tantomeno, esercitato un preteso diritto, dal momento che la donna,
trovato un lucchetto a chiusura della porta del proprio “dammuso”, si è
limitata a rimuoverlo;
b) che nessuna controversia è mai esistita circa la titolarità del
bene in questione, essendo pacifico e ben noto alle parti che il bene era
di proprietà dei coniugi Cardile-Nieminem, i quali sul bene esercitavano
anche l’effettivo possesso, sicchè nessuna pretesa usucapione da parte
dell’Armenio è seriamente ipotizzabile, stante le accertate fallite
trattative dallo stesso intraprese per acquistare il bene;
c)

che l’Armenio, pur essendo pienamente consapevole del

fallimento delle trattative e nella piena coscienza che si trattasse di
bene altrui, non aveva rinunciato ad esercitarvi un potere di fatto del
tutto illegittimo, ponendo in essere ripetuti atti di spoglio violento di
quella proprietà, contrastati dall’imputata all’atto della loro conoscenza.
4. La Corte di appello, con la gravata sentenza, andando in
contrario avviso rispetto agli assunti del primo giudice, dopo aver
premesso e spiegato che il delitto di ragion fattasi, mediante violenza
sulle cose, non è configurabile se non in relazione a cose possedute da
altri e non anche su quelle nel legittimo possesso dell’autore della
condotta, ha precisato che, ciò che rileva al fine di integrare il reato,
non è tanto l’esistenza in concreto del diritto che si sia inteso tutelare,

ripetuti atti di spoglio violento di quella proprietà.

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quanto l’esistenza dì un atto o fatto materiale che, con modalità
antigiuridiche, impedisca, alteri o modifichi l’utilizzabilità del bene
controverso tra le parti, poiché la norma intende punire il modo anti-

sua effettiva esistenza o meno ( si cita sul punto Cass. sez. VI 10
novembre 1994, 1381- sez. VI 10 gennaio 1990 n.60).
4.1. Su tali premesse la corte distrettuale ha concluso che, nel
caso in esame, il bene non era controverso tra le parti e che la
Nieminem, la quale ne aveva da lungo tempo il legittimo possesso e la
esclusiva incontroversa titolarità, si era limitata a tutelare i propri diritti,
autoreintegrandosi nel suo possesso a fronte di spogli violenti ed
arbitrari, reiteratamente posti in essere ai suoi danni dall’Armenio.
4.2. La Corte di appello ha pertanto assolto l’imputata dal reato
ascrittole perché il fatto non sussiste, revocando le statuizioni civili del
primo giudice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I due ricorsi delle parti civili sono pressocchè identici nella
forma, nel contenuto, nelle conclusioni e nella documentazione
allegata.
1. Le parti civili, a mezzo dei loro difensori, prospettano con un
unico motivo di ricorso violazione di legge e vizio di motivazione in
ordine alla negata sussistenza, degli elementi oggettivi e soggettivi di
cui all’art. 392 cod. pen., nella condotta dell’imputata.
2. Sostengono i ricorrenti che l’assunto, secondo cui la Nieminem
«dal 2001 era la legittima proprietaria di quell’immobile, il quale fin
dalla stipula del preliminare, risalente agli anni Settanta, era nella sua
disponibilità, avendone legittimamente acquisito il godimento…
esercitato, unitamente al possesso, negli anni successivi, sia pure nei
limiti di una casa destinata a trascorrervi periodi, per lo più estivi»,

giuridico con cui un preteso diritto venga fatto valere, astraendo dalla

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mancherebbe di sostegno probatorio, e di corrispondenza con le
effettive risultanze del processo.
2.1. In ogni caso si tratterebbe di un rapporto di possesso con il

viveva a duemila miglia di distanza, a Bergamo, e brillando per la sua
assenza da molti anni, quantomeno, da quei luoghi, se mai vi si era
recato.
2.2. In conclusione, per i ricorrenti sarebbe palese il fatto che,
quantomeno durante 35 anni dal 1979, quell’area sarebbe rimasta
costantemente nella disponibilità delle parti civili stesse giusta corretta
decisione del primo giudice.
2.3. Infine, la sentenza d’assoluzione apparirebbe lacunosa,
perché, secondo quanto si rileva dal tenore del capo d’imputazione, che
contempla l’arbitrarietà dell’esercizio di pretese proprie ragioni da parte
dell’imputata in relazione a tutto un cumulo di particelle, di cui al foglio
mappa 42, la Corte si è limitata a portare la sua indagine, nella
prospettiva che l’imputata stessa potesse essere da essa totalmente
scagionata, soltanto su due soltanto, di tali particelle, e cioè sulla 97 e
la 98, ipotizzate come di proprietà dell’imputata stessa.
3. In definitiva per le parti civili :
a)

anche ipotizzando una qualche rivendicazione, da parte delle

Eminem, di quel supposto suo diritto di proprietà, essa sarebbe stata
comunque destinata all’insuccesso, per la mancanza, tra l’altro, delle
indispensabili “probationes diabolicae, di un valido diritto dominicale sul
bene, anche perché resistite dall’acquisto, anche a titolo originario, in
favore della parte civile Armenio, ampiamente maturato, a far tempo
dal 1979, già nel 1994 al più tardi;
b) tutto un settore del capo d’imputazione, avente ad oggetto atti
di arbitrio su unità immobiliari diverse e indistinte dalle particelle 97 e
98, e risultate, dopo, non aver mai avuto a che vedere, nemmeno

bene, molto particolare posto che il promittente-venditore, Azzolina,

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lontanamente, con la Nieminem, per la completa loro appartenenza,
sotto ogni profilo, alla Sri il Fico d’India, è rimasto privo di risposta, in
sentenza d’appello, nel momento in cui con essa è stata pronunciata

immotivata, perciò, anche sotto questo particolare profilo, atteso che le
motivazioni, scarse e inconsistenti in essa contenute a sostegno del
decisum sulle due particelle ultime dette, non apparirebbero utilmente
riferibili a tutt’altri rapporti dominicali, cui l’accusa di arbitrarietà in
parola era stata estesa.
4. Ritiene la Corte che i gravami proposti dalle parti civili e
concernenti la rottura-sostituzione (ad opera della Eminem) di un
lucchetto, dalle stesse apposto alla porta di accesso del dammuso, di
proprietà e nel possesso della Eminem, non hanno fondamento.
4.1. Nella specie la Corte di appello, con una motivazione
indenne da incoerenze ed illogicità, ha ricostruito la successione
cronologica degli eventi, ha correlato ad essa i conformi dati processuali
in atti ed ha concluso con un giudizio, in questa sede non censurabile in
quanto non riconducibile alle invalidità previste dall’art. 606 cod. proc.
pen., affermando nell’ordine:
a)

che il bene in questione (il dammuso), ed oggetto

dell’intervento della Eminem, di sostituzione del lucchetto apposto dai
ricorrenti, ed impediente l’accesso al detto bene, insistente sulle
particelle 97 e 98 (acquistate dalla donna), non era «controverso tra le
parti»;
b) che l’appellante Eminem ne aveva da lungo tempo il legittimo
possesso e la esclusiva incontroversa titolarità, pur essendo essa
usualmente presente nei luoghi soltanto nei periodi estivi.
4.2 II ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del
provvedimento alle norme stabilite, nonché apprezzata la tenuta logica

assoluzione piena e totale dell’imputata, da ritenersi del tutto

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e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata dalla
corte distrettuale.
4.3. In particolare, quanto alla lamentata omessa motivazione

imputazione, né dalle decisioni difformi dei giudici di merito risulta in
modo evidente che “il lucchetto” sostituito dalla Eminem impedisse
l’accesso a spazi diversi dal dammuso in questione, e cioè aree diverse
dalle particelle 97 e 98, che erano inglobate nei terreni degli odierni
ricorrenti.
4.4. Anzi dalla stessa decisione di condanna del primo giudice, a
pag. 2, risulta testualmente: «… cambiando ripetutamente un lucchetto
collocato dalla controparte sulla porta di ingresso di un fabbricato del
tipo dammuso e così impedendo alla società proprietaria.. .di accedere al
suddetto immobile”. Il lucchetto quindi “chiudeva” l’accesso al
Dammuso e non era pertanto necessaria una motivazione specifica
riferita alle altre particelle di cui è fatta menzione nell’imputazione, in
quanto particelle “inglobanti” quelle 97 98 «di proprietà di Nieminem
Soile”».
4.5. Da ultimo, e per mero scrupolo, quanto alla sentenza del
Tribunale di Marsala (in data 16 gennaio 2012), di assoluzione
dell’Armenio dallo speculare delitto ex art. 392 cod. pen. in danno della
Eminem, sentenza contenuta nel corpo dei motivi “aggiunti”, peraltro
depositati (fuori dai termini stabiliti a pena di decadenza) il 4 aprile
2014), va rilevato che, a prescindere dalla irritualità della censura, e
dalla non vincolatività di quel giudizio penale, in essa si fa riferimento
ad una situazione possessoria dell’Armenio, limitamente al periodo ed
alle condotte intercorse nell’arco temporale di dieci mesi dal 2 ottobre
2004 al 16 agosto 2005, mentre l’odierno addebito, all’imputata
Eminem, fa riferimento testuale a «fatto commesso in Pantelleria sino al
22 agosto 2005».

per le “altre particelle”, osserva questa Corte che né dal capo di

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4.6. Il giudizio

odierno è quindi -tra l’altro- diversamente

connotato sotto il profilo cronologico.
4.7. In ogni caso, bene ed opportunamente la Corte di appello,

scansione giuridica e temporale dei rapporti tra le parti, non
compiutamente considerata dal giudice della condanna, concludendo nei
termini dianzi riferiti (e ragionevolmente sostenibili) in un contesto in
cui la Eminem, a differenza delle parti civili, aveva un rapporto di fatto
con il bene, di cui era possessore e proprietaria, caratterizzato da
discontinuità temporale, non essendo essa presente in loco tutto l’anno.
4.8. E’ invero noto che, in tema di esercizio arbitrario delle
proprie ragioni, l’arbitrarietà non può ritenersi sussistente qualora
ricorra la difesa in continenti del possesso o la autoreintegrazione di
esso nell’immediatezza dì uno spoglio violento da parte di altri, purchè
non si tratti di ipotesi di compossesso nella specie non provata (cfr. ex
plurimis: cass. pen. sez. 6, 49760/2012 Rv. 254185; massime
precedenti conformi: N. 4470 del 1977 Rv. 138615, N. 4470 del
1977 Rv. 138615, N. 6387 del 1998 Rv. 210908, N. 6387 del 1998 Rv.
210908, N. 4975 del 2006 Rv. 236315, N. 4975 del 2006 Rv. 236315).
5. Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del
provvedimento alle norme stabilite, nonché apprezzata la tenuta logica
e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata.

come era nei suoi poteri-doveri, ha considerato e vagliato l’intera

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P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
ì deciso in Roma il giorno 16 aprile 2014

processuali.

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