Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3905 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3905 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
Zappia Gionathan, nato il 9 agosto 1983
avverso l’ordinanza del Tribunale di Cosenza del 13 giugno 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
‘udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale,
Francesco Salzano, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

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Data Udienza: 12/11/2013

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i

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 13 giugno 2013, il Tribunale di Cosenza ha rigettato la
richiesta di riesame proposta nell’interesse dell’indagato avverso il provvedimento di
sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Paola il 10 maggio 2013, in
relazione al reato di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav., avente ad oggetto una platea in
cemento, un manufatto in muratura, una recinzione con cancello, manufatti adibiti a
docce, un prefabbricato in alluminio, una struttura in legno su base di cemento, tutti

occupata.
2. – Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo, con unico motivo di doglianza, la violazione di legge «per
l’assoluta inesistenza del

perículum in mora».

Non si sarebbe considerato, in

particolare, che l’indagato si era dichiarato pronto a rilasciare l’area demaniale
attraverso l’eliminazione della recinzione e la cessazione di ogni uso e che i manufatti
oggetto della misura cautelare non insistono sul suo demaniale ma esclusivamente su
aree di proprietà privata, come risulterebbe dalla consulenza tecnica prodotta in atti.
La difesa lamenta, in particolare, che il Tribunale avrebbe negato la richiesta di
riduzione dell’area sottoposta a sequestro sulla base di una pretesa difficoltà di
delimitare l’area privata rispetto all’area demaniale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile per gli effetti dell’art. 325, comma 1, cod. proc.
pen., perché sostanzialmente diretto a porre in discussione la motivazione del
provvedimento impugnato anziché a prospettare una violazione di legge. La
contestazione del ricorrente ha infatti per oggetto la natura demaniale o privata
dell’aria occupata dai manufatti sequestrati e cioè una questione tipicamente attinente
ad accertamenti di fatto.
Sul punto, del resto, il Tribunale ha fornito una motivazione pienamente
adeguata, laddove ha evidenziato che la consulenza tecnica prodotta dalla difesa
risulta inidonea a suffragare la prospettazione difensiva, perché in essa non sono
specificati i criteri utilizzati per individuare le aree interessate; ha inoltre precisato che
le opere abusive che hanno determinato l’occupazione risultano poste esattamente a
cavallo del confine tra l’area demaniale e quella strettamente di proprietà privata, con
la conseguenza che la consistenza dei luoghi deve essere sottoposta a ulteriori
accertamenti, da compiersi nel giudizio di merito.

insistenti – secondo l’ipotesi accusatoria – su un’area demaniale abusivamente

4. – Il ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

P.Q.M.

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