Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39043 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 39043 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BIANCHI ANGELO N. IL 02/05/1981
IUSSI IOSELITO N. IL 26/06/1974
avverso la sentenza n. 1651/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 05/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per 1 , am

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 26/06/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 5 luglio 2013 la Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza del
Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Modena che in data 12 ottobre 2012 aveva
condannato Bianchi Angelo per tentato furto aggravato in abitazione e lussi goselito per tentata
rapina impropria aggravata, resistenza e violazione degli articoli 495 e 477 482 codice penale.
Ricorrono per cassazione gli imputati.
lussi Joselito deduce che la sentenza impugnata è incorsa in:

come delitto tentato considerato l’impossibilità di ritenere sussistente la rapina
impropria in quanto manca l’impossessamento. Rileva che l’imputato al momento della
cattura era ancora nascosto in casa e quindi nell’assoluta impossibilità di sottrarre
alcunché in quanto stava solo visionando il materiale che avrebbe voluto rubare;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle
attenuanti di cui all’articolo 62 numero 6 e delle attenuanti generiche

Bianchi Angelo lamenta la mancata concessione delle attenuanti di cui all’articolo 62 numero 6
c.p. e la mancata concessione delle attenuanti generiche in termini di prevalenza
Il ricorso di lussi Joselito è inammissibile perché generico e manifestamente infondato.
Con riguardo alla corretta qualificazione del reato contestata non può che richiamarsi la
giurisprudenza di questa Corte secondo la quale è configurabile il tentativo di rapina c.d.
impropria anche in assenza dell’elemento dell’avvenuta sottrazione della cosa, giacché il
capoverso dell’art. 628 c.p., dove è descritta la fattispecie del reato consumato, si integra
necessariamente con la norma generale di cui all’art. 56 c.p., di guisa che non può escludersi
che l’una o l’altra delle figure criminose unificate nella norma (il furto e la violenza o minaccia)
possa presentarsi in astratto nella forma del tentativo.
In particolare le Sezioni Unite di questa Corte

(Sez. U, Sentenza n. 34952 del 2012)

Rv. 253153 ) hanno affermato il seguente principio di diritto: «E’ configurabile il tentativo di
rapina impropria nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti in modo non
equivoco alla sottrazione della cosa altrui, adoperi violenza o minaccia per procurare a sé o ad
altri l’impunità». Hanno infatti sostenuto che se il legislatore ha ritenuto con il delitto di rapina
di sanzionare in maniera ben più severa le condotte di per sé autonomamente punibili della
violenza o minaccia e del furto, in ragione del nesso di contestualità che unisce le due offese,
attribuendo così maggiore gravità anche al furto, appare ragionevole ritenere che tale ratio
sussista anche nel caso in cui il soggetto agente tenta di sottrarre il bene altrui ed è poi
disposto per assicurarsi l’impunità ad usare violenza o minaccia. Non vale infatti l’obiezione che
l’equiparazione del trattamento sanzionatorio può essere fondata su una connessione
“analoga”, quale sarebbe quella che lega l’offesa al patrimonio già realizzata e l’offesa alla
persona commessa per assicurarsi il possesso della cosa sottratta o per conseguire l’impunità;
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1. violazione di legge e vizio della motivazione. Contesta la mancata qualificazione dei fatti

poiché il rapporto di “analogia” rispetto al trattamento sanzionatorio deve essere tra termini
corrispondenti e, quindi, tra tentativo di rapina impropria e tentativo di rapina propria e
quest’ultimo, come dimostrano i molteplici casi giurisprudenziali (ad es. Sez. 2, n. 18747 del
20/03/2007, Di Simone, Rv. 236401; Sez. 2, n. 21955 del 10/02/2005, Grani/lo, Rv. 231966;
Sez. 2, n. 3596 del 01/02/1994, Evinni, Rv. 197753), è configurabile anche nelle ipotesi in cui
non siano perfezionate né l’offesa al patrimonio né quella alla persona, quando la condotta
dell’agente sia potenzialmente idonea a produrre l’impossessamento della cosa mobile altrui,
mediante violenza o minaccia, e la direzione univoca degli atti, desumibile da qualsiasi

Con riguardo all’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. oggetto di ricorso da parte di entrambi i
ricorrenti deve rilevarsi che la Corte di merito con motivazione giuridicamente corretta, fondata su
presupposti di fatto, non disattesi, ha escluso la sussistenza dell’attenuante richiesta.
Lamenta lussi vizio di motivazione anche in ordine al diniego di concessione delle circostanze
attenuanti generiche.
Sul punto deve ribadirsi che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art.
62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con
motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché la stessa
motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione
neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori
attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass. sez.VI 24 settembre 2008 n.42688,
Caridi; sez.VI 4 dicembre 2003 n.7707, Anaclerio).
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il
giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o
comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Cass.
sez.VI 16 giugno 2010 n.34364, Giovane, Sez. 6, Sentenza n. 34364 del 16/06/2010 Ud.
(dep. 23/09/2010) Rv. 248244)
Nella fattispecie la Corte territoriale ha motivato il diniego delle attenuanti generiche con
riferimento ai precedenti penali e alla modalità professione di realizzazione dei reati.
Così come con motivazione logica e coerente ha giustificato, sul presupposto di una
valutazione in fatto, incensurabile in questa sede, il giudizio di bilanciamente delle concesse
attenuanti generiche al Bianchi in termini di equivalenza.
I ricorsi sono pertanto inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di C 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

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elemento di prova, renda manifesta la volontà di conseguire l’intento criminoso.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deliberato in Roma il 26.6.2014

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