Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3904 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3904 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VALMAR GROUP SRL
avverso l’ordinanza n. 23/2013 TRIB. LIBERTA’ di CAMPOBASSO,
del 29/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
1d/sentite le conclusioni del PG Dott.
g,Q3Cecs

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 12/11/2013

25677/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 29 aprile 2013 il Tribunale di Campobasso ha respinto l’appello
presentato da Valmar Group Srl contro ordinanza emessa il 14 marzo 2013 dal gip del
Tribunale di Larino di rigetto di istanza di dissequestro in relazione a sequestro preventivo di
un gazebo per cui erano in corso indagini per i reati di cui agli articoli 54 e 1161 cod. nav., 44
d.p.r. 380/2001 e 181 d.lgs. 42/2004.

mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione quanto ai reati ex articoli
1161 e 54 cod. nav., ex articolo 606, primo comma, lettera e), c.p.p. e violazione degli articoli
1161 cod. nav.,, 822 c.c., 28 cod. nav., e 125 c.p.p. Il Tribunale svolge un ragionamento
contraddittorio ritenendo dubbia la demanialità della particella interessata da un lato, e
dall’altro ritenendo che “esistendo una concessione demaniale non vi sarebbe l’autorizzazione a
realizzare innovazioni”. Il Tribunale non avrebbe “risposto in merito all’appartenenza della
particella al demanio marittimo” (mentre questa non vi rientrerebbe), e inoltre avrebbe
“stravolto l’originaria contestazione” da occupazione abusiva (articolo 54 cod. nav.) passando a
innovazione non autorizzata (articolo 55 cod. nav.). Il secondo motivo denuncia ancora vizio
motivazionale ex articolo 606, primo comma, lettera e), c.p.p., nonchè violazione degli articoli
1161 e 54 cod.nav., 533 c.p.p., adducendo pure che “il prevenuto avrebbe dovuto essere
mandato assolto” ex articolo 530, secondo comma, c.p.p. Lamenta la ricorrente che il
Tribunale avrebbe dovuto approfondire la verifica delle ipotesi di reato, e non avrebbe neppure
considerato i documenti depositati. Il terzo motivo adduce l’insussistenza di motivazione sul
periculum in mora, che il Tribunale avrebbe ritenuto solo per la permanenza dei reati, senza
tener conto che il decorso del tempo toglierebbe ogni esigenza cautelare.
Con memoria del 7 novembre 2013 il difensore ha comunicato, come fatto nuovo, che è
intervenuto sollecito da parte della Regione al pagamento dei canoni per la concessione
dell’area, adducendo che in tal modo si avvalorerebbero “i dubbi sull’appartenenza al demanio
marittimo” dell’area.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
In riferimento ai primi due motivi è il caso di evidenziare fin d’ora che è inammissibile in
questa fattispecie cautelare ex articolo 325 c.p.c. il ricorso ex articolo 606, primo comma,
lettera e), il vizio motivazionale rilevando dinanzi al giudice di legittimità, a proposito della
cautela reale, solo nel senso di violazione di legge e quindi di assenza o apparenza di
motivazione (Cass. sez.V, 1 ottobre 2010 n. 35532; Cass. sez.VI, 20 febbraio 2009 n. 7472;

2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo tre motivi. Il primo motivo denunzia

Cass. sez.V, 28 febbraio 2007 n. 8434; Cass. sez.III, 15 giugno 2004 n. 26583; S.U. 13
febbraio 2004 n. 5876). Non ha pertanto incidenza una eventuale contraddittorietà o manifesta
illogicità della motivazione, purché questa non sia fittizia e costruita su formule di stile, cioè
realmente non sussista, essendo qualificabile come apparente. Nel caso in esame, la
motivazione non è affetta da tale vizio radicale, avendo anzi il Tribunale offerto un apparato
illustrativo adeguato alla propria decisione, dal quale, poi, non emerge alcuna delle violazioni di
legge che, non del tutto chiaramente, il motivo inserisce in quella che, in realtà, è

Tribunale – si osserva ad abundantiam per quanto appena rilevato in termini di ammissibilità esposto analiticamente che cosa ha dedotto dal compendio probatorio a proposito di fumus dei
reati ipotizzati (motivazione, pagina 2), affrontando anche la questione della demanialità (non
corrisponde, infatti, al reale contenuto dell’ordinanza l’assenza di risposta a questo aspetto) e
richiamando l’articolo 55 cod.nav. non come stravolgimento di un capo di imputazione, bensì
come alternativa eventualità di qualificazione, tenuto conto logicamente della fase di indagini
ancora in corso.
Il secondo motivo, oltre a richiamare formalmente l’articolo 606, primo comma, lettera
e),c.p.p., a differenza del precedente si orienta a tematiche diverse, introducendo delle
incongrue doglianze ex articolo 533 c.p.p. – pur in una fase di cognizione sommaria – e perfino
lamentando una omessa assoluzione ex articolo 530, secondo comma, c.p.p., invocando poi
esiti alternativi del “quadro probatorio” e adducendo genericamente che “non sono nemmeno
stati valutati” i documenti depositati. L’inammissibilità, dunque, affligge chiaramente il motivo.
Il terzo motivo afferma che l’ordinanza “nulla dice in ordine al pericolo” sostenendo soltanto
“che l’innovazione non autorizzata sulla fascia di rispetto – che costituirebbe reato permanente
– legittimerebbe il mantenimento della misura e non considerando “il decorso del tempo quale
elemento che esclude ogni esigenza”. A parte che quest’ultimo rilievo si pone su un piano
fattuale, la carenza di motivazione sul periculum in mora non sussiste, avendo il Tribunale non
solo evidenziato le conseguenze della permanenza del reato di cui all’articolo 1161 cod.nav
come supporto del sequestro, ma altresì sottolineato come “trattasi di costruzione realizzata in
assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica e che, sebbene ultimata,
continua a proiettare le sue conseguenze negative sul regolare assetto del territorio ed a
costituire un’offesa al bene rappresentato dall’armonia paesaggistica”, oltre a determinare “un
aggravamento del carico urbanistico”. Anche questo motivo risulta quindi manifestamente
infondato.
Infine, a tacer d’altro è del tutto fattuale il contenuto della memoria del 7 novembre 2013,
l’eventuale concreta incidenza di un sollecito al pagamento del canone per la concessione
dell’area non potendo inserirsi in aspetti valutabili dal giudice di legittimità.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna della ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle
spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sertenza della Corte

propriamente una censura ex articolo 606, primo comma, lettera e), c.p.p. Ha infatti il

costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di
ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 12 novembre 2013

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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