Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39013 del 15/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 39013 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da SENSINI Massimo, nato a Cesena (FC) il 23/06/1960,
avverso la sentenza del 01 / 04/ 2010 del Tribunale di Forlì sezione di Cesena;
esaminati gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G. dott. Francesco Mauro
Iacoviello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, avv. Pietro Asta, che si è riportato ai motivi del
ricorso, invocandone l’accoglimento.

Motivi della decisione
1. Con la decisione in oggetto il Tribunale di Forlì sezione di Cesena ha dichiarato,
all’esito di giudizio ordinario, Massimo Sensini colpevole del delitto di esercizio
arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, perché -al fine di esercitare il
preteso diritto di proprietà su un appartamento ceduto in locazione a Donato Sansone e
sito in un immobile della sua famiglia- si faceva arbitrariamente ragione da sé stesso,
pur potendo ricorre al giudice, chiudendo il cancello d’ingresso all’immobile e
impedendo al Sansoni di accedervi il 14.8.2006 con un camion per effettuare il trasloco
dei propri mobili dal detto appartamento, il cui contratto di locazione scadeva alla data
del 31.8.2006. Per l’effetto, concessegli le circostanze attenuanti generiche, il Tribunale ha
condannato il Sensini alla pena di 200,00 (duecento) euro di multa e al risarcimento del
danno in favore della parte civile, liquidato nella somma di euro 300,00 (trecento).
La decisione di merito ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputato, essendo
ravvisabili nella sua condotta gli elementi costitutivi, materiale e soggettivo, del
contestato reato di ragion fattasi. In sentenza si osserva che alle lineari e logiche
dichiarazioni della persona offesa Sansone in riferimento alla sua possibilità di accedere

Data Udienza: 15/04/2013

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3. La sentenza è stata impugnata con ricorso immediato per cassazione dal
difensore del Sensini, che ha dedotto i motivi che seguono, imperniati sulla violazione
della legge processuale e sulla insufficienza, contraddittorietà e illogicità della decisione.
3.1. Erronea applicazione dell’art. 392 c.p. e illogicità della motivazione.
Al momento dell’episodio incriminato non era in corso una contesa tra le parti,
che prende corpo soltanto il 14.8.2006. E’ in questo giorno che sorge per la prima volta la
contestazione del diritto del Sansone di entrare nel cortile dell’immobile con un
autoveicolo. Quanto accaduto in precedenza, cioè la preesistente asserita facoltà di
accesso del Sansone, deve ritenersi irrilevante, essendo nel frattempo -dopo la morte del
padre dell’imputato- mutata la titolarità del rapporto di locazione ed essendo il Sensini
divenuto il nuovo proprietario dello stabile. Difetta, dunque, nella vicenda l’elemento
costitutivo del reato rappresentato dalla preesistenza di una contestazione di un diritto o
di una facoltà del soggetto passivo.
3.2. Violazione degli artt. 190, 495, 498 c.p.p.
La difesa dell’imputato aveva chiesto in dibattimento il controesame dei testimoni
addotti dalla parte civile. Alla intervenuta rinuncia della parte civile all’esame dei propri
testi la difesa del Sensini non ha prestato alcun consenso. Ne risulta così violato il diritto
alla prova dell’imputato.
4. Il ricorso proposto nell’interesse di Massimo Sensini è inammissibile.
4.1. Il primo motivo di doglianza sul merito storico e valutativo della regiudicanda
ripropone rilievi critici già vagliati dal Tribunale, che ne ha motivatamente argomentato
l’inconsistenza. Il ricorrente prefigura una rilettura meramente fattuale delle fonti di
prova non consentita nell’odierno giudizio di legittimità ed in ogni caso palesemente
infondata, perché contraddetta dai logici e corretti rilievi del giudice di merito. Per
quanto si evince dalla ricostruzione sequenziale degli eventi esposta in sentenza, infatti,
la contestazione del diritto di accesso insorge tra il Sensini e il Sansone ben prima del
14.8.2006, poiché è preceduta dall’arbitraria interdizione dell’accesso al cortile attuata
dall’imputato mediante la disattivazione del sistema elettronico di accesso e il cambio
del codice di apertura del cancello di ingresso, sì da impedire l’esercizio della facoltà di
uso del cortile pur pacificamente riconosciuta al locatario Sansone dai genitori
dell’imputato, che lo avevano dotato di un telecomando per aprire il cancello. Non è
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al cortile dell’immobile anche con un veicolo, secondo gli accordi contrattuali intercorsi
con i genitori del Sensini, tanto da essere stato fornito dalla madre dell’imputato di un
telecomando per l’apertura del cancello, l’imputato ha contrapposto argomenti e temi
difensivi implausibili per giustificare il divieto opposto al Sansone di entrare nel cortile
con un autocarro per prelevare i propri mobili in vista del rilascio dell’appartamento.
Divieto che si inscrive nel contegno assunto dal Sensini dopo la morte del padre,
innovando la dinamica del rapporto di locazione dell’appartamento e privando
definitivamente il Sansone della sua facoltà di accesso previo apposito mutamento del
codice del telecomando non comunicato al locatario. Contegno contestato dal Sansone
perché incongruamente limitante il godimento dell’immobile locatogli. Pur essendo in
corso una contesa di fatto tra le parti, quindi, il Sensini ha ritenuto di poter determinare,
con autonoma e arbitraria decisione, i limiti dell’esercizio del diritto di locazione e di
fruizione degli spazi annessi all’appartamento affittato al Sansone quale definito nel
quadro dei rapporti instaurati tra il Sansone e i genitori dell’imputato.

All’ inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa
delle ammende, che stimasi equo stabilire in misura di euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 15 aprile 2013
Il consigliere stensore
Giacomo i1aolori

Il residente
F a ces Serpico

revocabile in dubbio, per tanto, che l’esistenza di un contrasto tra le parti precludesse
all’imputato un personale e autonomo intervento modificativo dello stato dei luoghi
connessi al contratto di locazione dell’appartamento in corso con il Sansone. Il bene
giuridico tutelato dall’art. 392 c.p. si identifica con l’interesse a garantire l’esclusiva
riconducibilità all’autorità giudiziaria della risoluzione di controversie tra soggetti
depositari di pretese contrapposte e in conflitto ed il nucleo fondante del comportamento
sanzionato dal legislatore è tipizzato in funzione del risultato di autotutela diretta
perseguito dal soggetto agente con la sua condotta (cfr., ex plurimis: Cass. Sez. 6,
17.12.2008 n. 6187/09, Perucci, rv. 243053; Cass. Sez. 6, 28.10.2010 n. 41368, Giustozzi, rv.
248715).
4.2. Il secondo motivo di ricorso di carattere processuale è manifestamente
infondato. Dall’esame del verbale dell’udienza dibattimentale dell’1.4.2010 (esame
permesso, vertendosi in tema di addotto error in procedendo) si evince che alla rinuncia di
alcuni propri testimoni (esame della madre e di un fratello dell’imputato) effettuata dalla
parte civile la difesa del ricorrente non ha manifestato alcuna forma di dissenso.
Per un verso la rinuncia all’esame di uno o più testimoni formulata dalla parte che
ne aveva richiesto l’ammissione (concessa dal giudice) è immediatamente efficace, sì che
l’unica possibilità per le controparti di assumere il mezzo istruttorio rinunciato è offerta
dall’esercizio dei poteri officiosi di integrazione probatoria riservati al giudice di merito
ex art. 507 c.p.p., che l’imputato non si è neppure premurato di sollecitare. Per altro verso
la decadenza da una prova di una delle parti non può essere surrogata dal recupero di
una prova alla quale un’altra parte abbia rinunciato (cfr.: Cass. Sez, 2, 18.3.1999 n. 11264,
Vitanza, rv. 214365; Cass. Sez. 3, 23.5.2007 n. 35372, Panozzo, rv. 237411).

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