Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3901 del 29/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3901 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POPA VERA N. IL 25/12/1957
avverso la sentenza n. 20/2013 GIUDICE DI PACE di
PORTOGRUARO, del 07/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO

Data Udienza: 29/12/2014

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. F. Baldi, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata il 07/07/2014, il Giudice di pace di Portogruaro ha
dichiarato Vera Popa colpevole del reato di diffamazione (per aver offeso la

voce alto e in presenza di una decina di clienti, che la madre era una ladra),
condannandola alla pena di 400 euro di multa.
Avverso l’indicata sentenza del Giudice di pace di Portogruaro ha proposto
ricorso per cassazione, nell’interesse di Vera Popa, il difensore avv. M. G.
Turchetto, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine al requisito della
“comunicazione con più persone”: dalla testimonianza di Anna Guzzardo non
emerge che le frasi pronunciate dall’imputata siano state percepite da più
persone, avendo precisato, nel corso della deposizione, che le frasi stesse erano
state pronunciate sulle scale e non al piano inferiore, mentre del tutto omessa è
stata la valutazione dell’esame dell’imputata, che ha escluso che fossero presenti
altri clienti e di aver parlato a voce alta.
Il secondo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione dell’art. 595
cod. pen.: non risulta che alcuna delle persone asseritamente presenti abbia
udito le parole dell’imputata, né che la stessa fosse consapevole della
comunicazione con più persone.
Il terzo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione degli artt. 133
cod. peri. e 52 d.lgs. 274 del 2000: la pena irrogata è maggiore del minimo
edittale, nonostante il riferimento in tal senso contenuto nella motivazione; la
individuazione di una pena superiore al minimo edittale non tiene conto
dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, della modesta gravità del
fatto contestato e delle condizioni dell’imputata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è solo in parte fondato.
Il primo e il secondo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente,
non meritano accoglimento. Non sussiste il vizio motivazionale denunciato (in
tale vizio risolvendosi anche il secondo motivo, che formalmente denuncia

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reputazione di Laura Baldassin dicendo alla figlia Anna Guzzardo, con tono di

v

erronea applicazione della legge penale): la sentenza impugnata ha dato conto
della presenza di molte persone nel momento in cui l’imputata pronunciò le
espressioni di cui all’imputazione, desumendo da tale circostanza la sussistenza
del requisito della comunicazione con più persone richiesto dall’art. 595 cod. pen.
Né sussiste il travisamento della prova denunciato: la circostanza che l’imputata
abbia chiesto ad Anna Guzzardo se fosse la figlia della persona offesa mentre
stava scendendo le scale che conducevano al piano inferiore del negozio, non
inficia il dato che la frase diffamatoria sia stata pronunciata in modo tale da

puntuale ricostruzione del contenuto della testimonianza della stessa Guzzardo,
la quale, tra l’altro, ha riferito anche che qualcuno dei presenti era andato a
riferire l’accaduto al responsabile del negozio. Alla luce dei rilievi svolti, è
infondata anche la doglianza relativa dell’elemento soggettivo del reato, che,
sostanzialmente, ripropone la già esaminata questione della presenza di altri
clienti al momento del fatto e della percezione da parte loro delle frasi
pronunciate dall’imputata. Le ulteriori doglianze del ricorrente sono inammissibili,
in quanto deducono questioni di merito, sollecitando, attraverso il riferimento
alla tesi sostenuta dall’imputata, una rivisitazione, esorbitante dai compiti del
giudice di legittimità della valutazione del materiale probatorio operata dal
giudice di merito con motivazione immune da cadute di conseguenzialità logica.
E’ invece fondato il terzo motivo. Pur dando atto di volersi attestare, nella
commisurazione della pena, sui minimi edittali, il Giudice di pace ha individuato
come pena base la multa di euro 600, ridotta a 400 euro per l’applicazione delle
circostanza attenuanti generiche. All’errore può porre rimedio questa Corte, in
quanto, individuato il minimo edittale nella multa pari a 258 euro (ex art. 52,
comma 2, lett. a), d. Igs. n. 274 del 2000) ed operata la riduzione nella misura
di un terzo come stabilito dal Giudice di pace, la pena deve essere rideterminata
nella mula di euro 172.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena irrogata
che ridetermina nella multa di euro 172,00. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 29/12/2014

essere udita dalle altre persone presenti, tanto più che il ricorso omette una

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