Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3897 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3897 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POILLUCCI BRUNO N. IL 16/12/1961
avverso la sentenza n. 2519/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 03/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
frinev4,1441

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 11/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di L’Aquila con sentenza 3.2.2012 ha confermato quella
del Tribunale di Sulmona che aveva riconosciuto Poillucci Bruno colpevole del reato di
cui all’art. 4 D. L.vo n. 74/2000 (dichiarazione infedele in relazione ad un omesso
versamento di IVA per importazione dall’estero di autoveicoli usati).
2. Il difensore ricorre per cassazione censurando il giudizio di responsabilità con
due motivi.
Con un primo motivo il ricorrente lamenta la violazione di norme

processuali stabilite a pena di nullità (art. 606 comma

1 lett. c cpp) dolendosi del

rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza del 3.2.2012 nonostante fosse stato dedotto, a
mezzo fax, l’impedimento del difensore a comparire per le avverse condizioni
atmosferiche documentate da comunicati stampa della Prefettura di L’Aquila.
2.2 Con un secondo motivo denunzia la mancanza, e manifesta illogicità della
motivazione in ordine all’elemento psicologico del reato; osserva che era stato tratto in
inganno dal proprio commercialista, che in ogni caso la normativa non era chiara e
pertanto si imponeva l’assoluzione ex art. 530 comma 2 cpp.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La non manifesta infondatezza del primo motivo – che pone una questione di
nullità assoluta ed insanabile—consente di rilevare la prescrizione del reato di
dichiarazione infedele di cui il Poillucci è stato chiamato a rispondere.
La prescrizione del reato di dichiarazione infedele previsto dall’art. 4 del D. Lvo
n. 74/2000 comincia a decorrere col momento della sua consumazione che coincide
con la scadenza del termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di
imposta dell’anno successivo. Tale termine è fissato dalla L. n. 405 del 1990, art. 6,
comma 2, al 27 dicembre: nel caso di specie, trattandosi di violazione relativa all’anno
di imposta 2004, il momento consumativo va individuato alla data del 27.12.2005.
Non risultando cause di sospensione, il termine massimo di prescrizione (sette
anni e mezzo) risulta quindi maturato alla data del 27.6.2013.
Devono trovare applicazione i principi ribaditi dalle Sezioni unite (cfr. Sez. U.,
Sentenza n. 35490 del 28/05/2009 Ud. dep. 15/09/2009 Rv. 244274), secondo cui, in
presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare
sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui
le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo
da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo
assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al
riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi,
che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di
accertamento o di approfondimento.

2

2.1

Nel caso di specie, non ricorrendo le anzidette condizioni, va senz’altro applicata la
causa estintiva, restando così assorbita ogni altra questione.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 11.12.2013.

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