Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38968 del 15/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 38968 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Bergamaschi Enrico Bortolo, nato a Romano di Lombardia il
3.10.1947, e da Bergamaschi Franco Luigi, nato a Turbigo,
1’11.5.1954, avverso la sentenza pronunciata dalla corte di appello
di Milano il 3.5.2013;
visti gli atti, ìl provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Eugenio Selvaggi, che ha concluso per il rigetto dei
ricorsi;

Data Udienza: 15/05/2015

uditi per i ricorrenti, l’avv. Raffaella Monaldi, del Foro di Roma,
difensore di fiducia del Bergamaschi Enrico Bortolo, e l’avv.
Francesco Cardone, difensore di fiducia del Bergamaschi Franco

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 3.5.2013 la corte di appello di
Milano, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di
Milano, in data 18.6.2009, aveva condannato, tra gli altri,
Bergamaschi Enrico Bartolo e Bergamaschi Franco, Luigi alle
pene, principali ed accessorie, ritenute di giustizia, ed al
risarcimento dei danni derivanti da reato, in relazione ai reati di
bancarotta fraudolenta documentale, bancarotta fraudolenta
patrimoniale per dissipazione, bancarotta impropria e bancarotta
preferenziale, in relazione al fallimento della società “EFIS spa”,
nella rispettive qualità, il primo, di consigliere di amministrazione
dal 16.7.2001 al 24.7.2003, il secondo di amministratore delegato
dal 16.7.2002 al 24.7.2003 e quale amministratore di fatto dal
9.11.2000 al 24.7.2003, dichiarava non doversi procedere in
relazione al reato di bancarotta preferenziale perché estinto per
prescrizione, rideterminando in senso più favorevole ai rei il
trattamento sanzionatorio, anche con riferimento alla sanzione
accessoria riguardante Bergamaschi Franco Luigi, confermando
nel resto la sentenza impugnata.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale hanno proposto
tempestivo ricorso per cassazione entrambi gli imputati, a mezzo
dei rispettivi difensori di fiducia, articolando autonomi motivi di
impugnazione.

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Luigi, che hanno concluso per raccoglimento dei rispettivi ricorsi.

Il Bergamaschi Franco Luigi, in particolare, lamenta: 1) violazione
di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata
notifica del decreto che dispone il giudizio all’imputato, il quale
aveva eletto domicilio presso il primo difensore, che poi aveva

decreto nonostante fosse stato dichiarato contumace in sede di
udienza preliminare; 2) violazione di legge in ordine al mancato
riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati in
precedenza indicati e quelli per i quali è stata pronunciata
sentenza dalla corte di appello di Torino per i reati di bancarotta in
relazione al fallimento delle società “DETRA” e “DETRACO”, non
avendo la corte territoriale considerato che, pur trattandosi di
fallimenti diversi, in entrambi i casi la condotta del Bergamaschi
appare improntata al medesimo modus operandi, costituito dalla
realizzazione di interventi volti ad affrontare le difficoltà delle
società della cui gestione si occupava, o attraverso l’acquisto di
pacchetti azionari o attraverso la rappresentazione di capitali
sociali in realtà inesistenti, finalizzati a far apparire all’esterno una
situazione patrimoniale più florida di quella reale; 3) difetto di
motivazione in ordine alle doglianze prospettate nell’atto di
appello, limitandosi la corte territoriale a riprendere la
motivazione della sentenza di primo grado.
Il Bergamaschi Enrico, dal suo canto, fa rilevare preliminarmente
che la Suprema Corte con sentenza del 13.9.2012 ha annullato
con rinvio la sentenza della corte di appello di Milano sul ricorso
presentato dai coimputati, in relazione ai reati di cui ai capi 2, 3 e
4 dell’imputazione.
Lamenta, inoltre: 1) che con riferimento al delitto di cui all’art.
223, co. 2, n. 1, la corte non ha considerato che, come affermato

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rinunciato al mandato, non ricevendo la notifica del suddetto

dalla giurisprudenza di legittimità, nella fattispecie di bancarotta
fraudolenta impropria da reato societario in relazione all’art. 2621,
c.c., il richiamo contenuto nell’art. 223, co. 2, n. 1, è all’intera
fattispecie incriminatrice del falso in bilancio, con la conseguenza

delle cause di non punibilità rappresentate dalle cosiddette soglie,
il cui superamento è indispensabile per l’integrazione del reato
societario, così come occorre accertare l’esistenza di un nesso di
causalità tra la condotta ed il dissesto, profili sui quali la corte
territoriale non si è soffermata, non spiegando per quale motivo
l’artificiosa e mendace rappresentazione contabile possa avere
determinato, in rapporto di diretta causalità, il dissesto; 2)
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta
bancarotta fraudolenta patrimoniale per dissipazione con
riferimento alla cessione, senza corrispettivo, delle azioni Stayer,
di cui al capo n. 1), cessione che era stata imposta dal mancato
adempimento dell’Opa obbligatoria, dovendosi il mancato
pagamento del prezzo addebitare alla morte dell’acquirente, senza
trascurare la circostanza che il curatore avrebbe ben potuto
attivarsi per rivalersi sugli eredi di quest’ultimo; proprio la natura
imposta della cessione consente di escludere la dissipazione, in
relazione alla quale, peraltro, risulta indimostrata, sin dalla
formulazione del capo d’imputazione, una sua destinazione a scopi
estranei alla conduzione dell’impresa fallita, tenuto conto che
l’oggetto sociale della EFI era proprio la compravendita ed il
collocamento di azioni societarie e che la stessa corte territoriale,
con motivazione contraddittoria, afferma che le azioni al momento
della loro cessione erano svilite del loro valore; 3) violazione di
legge e vizio di motivazione anche con riferimento alla ritenuta

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che non si può prescindere dall’accertamento e della sussistenza

riferibilità al Bergamaschi Enrico Bortolo della “EFI” e della
“DANTER”, che si fonda su di una mera congettura: la corte
territoriale non ha considerato, da un lato l’evidente errore in cui
è caduto il tribunale in ordine alle dichiarazioni che il ricorrente

laddove il curatore non ha sentito il ricorrente, bensì il fratello
Franco, il quale aveva precisato che Enrico era solo presidente
onorario senza alcuna potere di rappresentanza della società,
dall’altro che nessuno dei soggetti coinvolti nella vicenda ha
attribuito un ruolo attivo al Bergamaschi Enrico Bortolo, che non
ha partecipato ad alcuna operazione né firmato un qualsiasi
documento; erra poi la corte territoriale nel far discendere la
responsabilità dell’imputato dagli interessi che quest’ultimo
avrebbe avuto nella società “DANTER”, su cui la corte, in realtà,
non motiva specificamente.
3. Il ricorso di Bergamaschi Franco Luigi va dichiarato
inammissibile, sotto un duplice profilo.
Da un lato, infatti, il ricorrente ha esposto censure che si risolvono
in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri
di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di
logicità tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi,
ricostruzione e valutazione, in quanto tali, precluse in sede di
giudizio di cassazione (cfr. Cass., sez. I, 16.11.2006, n. 42369,
rv. 235507; Cass., sez. VI, 3.10.2006, n. 36546, rv. 235510;
Cass., sez. III, 27.9.2006, n. 37006, rv. 235508).
Ed invero non può non rilevarsi come il controllo del giudice di
legittimità, pur dopo la novella dell’art. 606, c.p.p., ad opera della
I. n. 46 del 2006, si dispiega, pur a fronte di una pluralità di

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avrebbe reso al curatore fallimentare in ordine alla sua titolarità,

deduzioni connesse a diversi atti del processo, e di una correlata
pluralità di motivi di ricorso, in una valutazione necessariamente
unitaria e globale, che attiene alla reale esistenza della
motivazione ed alla resistenza logica del ragionamento del giudice

degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (cfr. Cass., sez. VI, 26.4.2006, n. 22256, rv.
234148).
Esulando, pertanto, dal controllo demandato alla Suprema Corte
la rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione, non
costituisce vizio comportante controllo di legittimità la mera
prospettazione di una diversa (e, per il ricorrente, più favorevole)
valutazione delle emergenze processuali, come quella prospettata
dal ricorrente (cfr. Cass., sez. V, 21.4.1999, n. 7569, rv. 213638).
Ulteriore causa di inammissibilità va, d’altro canto, individuata
nell’essere i suddetti motivi di ricorso del tutto generici, in
violazione dell’art. 581, lett.

c),

c.p.p., che nel dettare, in

generale, quindi anche per il ricorso in Cassazione, le regole cui
bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel
relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, “i
motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli
elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai
sensi dell’art. 591, co. 1, lett. c), c.p.p., determina, per l’appunto,
l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Cass., sez. VI,
30.10.2008, n. 47414, rv. 242129; Cass., sez. VI, 21.12.2000, n.
8596, rv. 219087).
Ciò vale anche per la doglianza con cui viene fatto valere un
preteso error in procedendo, di cui va, comunque, rilevata la

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di merito, essendo preclusa al giudice di legittimità la rilettura

manifesta infondatezza, in quanto, come correttamente rilevato
dalla corte territoriale, l’appellante, in sede di indagini preliminari,
aveva eletto domicilio presso il proprio difensore di fiducia, avv.
Raffaela Monaldi, la quale, successivamente, aveva rinunciato al

una nuova elezione di domicilio, sicché legittimamente il decreto
di citazione a giudizio è stato notificato all’imputato presso il
difensore di fiducia domiciliatario in precedenza nominato.
La rinuncia al mandato difensivo da parte del difensore di fiducia,
infatti, non fa venir meno l’efficacia dell’elezione di domicilio
presso il suo studio eseguita dall’imputato, se essa non viene
espressamente revocata (cfr. Cass., sez. I, 11/02/2010, n. 8116,
rv. 246387).
4. Fondato, invece, appare l’ultimo motivo di ricorso proposto
nell’interesse di Bergamaschi Enrico Bortolo, che assorbe in sé
ogni altra censura.
Ed invero la motivazione della sentenza della corte territoriale
risulta del tutto carente nella individuazione delle ragioni che
consentono di attribuire al Bergamaschi Enrico Bortolo, la
responsabilità per i reati fallimentari di cui in premessa.
Sotto questo profilo la corte territoriale, da un lato non si
sofferma minimamente sull’elemento soggettivo dei reati in
questione, dall’altro sembra far derivare la responsabilità del
suddetto imputato dal semplice dato formale dell’avere egli
rivestito per un certo periodo la carica di presidente del consiglio
di amministrazione della società fallita e da una sorta di
presunzione fondata sulla generica affermazione che, essendo
stata costituita la società “EFI” per gestire, in realtà, gli interessi
della famiglia Bergamaschi, tramite la “DENTER”, tutte le

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mandato difensivo, senza, tuttavia, che l’imputato procedesse ad

operazioni contestate non potevano non essere condivise e volute
anche dal Bergamaschi Enrico Bortolo, oltre che dal fratello Franco
Luigi.
Si tratta di affermazioni, in tutta evidenza, apodittiche e

doglianze formulate sul punto dall’imputato nell’atto di appello,
che, sostanzialmente, non hanno trovato risposta.
Con i motivi appello, infatti, il difensore dell’imputato aveva
eccepito un vero e proprio vizio di travisamento della prova, posto
che, a differenza di quanto sostenuto dal giudice di primo grado, il
Bergamaschi Enrico Bortolo non era stato sentito dal curatore
fallimentare, a differenza del fratello Franco, il quale, per di più,
aveva riferito all’organo del fallimento che il fratello non aveva
alcun potere di rappresentanza della società, rivestendo
semplicemente la carica di presidente onorario.
La difesa, inoltre, aveva eccepito come dagli atti emerga che
l’imputato non abbia mai partecipato al alcuna operazione o
firmato alcun documento riconducibile all’esercizio di effettivi
poteri di rappresentanza della società fallita.
Infine, evidenziava l’appellante, nessuno dei protagonisti della
complessa vicenda aveva attribuito al Bergamaschi Enrico Bortolo
alcun ruolo effettivo nella “EFI” o nella “DANTER”, che certo non si
può desumere (come erroneamente fa la corte territoriale) dalle
dichiarazioni rese al riguardo da Fabio Fassi e da Barnabé Maria
(riportate nel corpo della motivazione della sentenza oggetto di
ricorso), che, in realtà riguardano solo il Bergamaschi Franco.
Può, dunque, affermarsi che, in relazione al rilevato profilo, la
corte territoriale è venuta meno ad uno specifico onere
motivazionale, che integra il vizio denunciato.

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tautologiche, soprattutto ove si tengano presenti le specifiche

Come è noto, infatti, sussiste il vizio di mancanza di motivazione,
ex art. 606, comma primo, lett. e), c.p.p., quando, come nel caso
in esame, le argomentazioni addotte dal giudice a fondamento
dell’affermazione di responsabilità dell’imputato siano prive di

motivi di appello e dotate del requisito della decisività (cfr. Cass.,
sez. V, 13.12.2013, n. 2916, rv. 257967), in quanto attinenti ai
presupposti indispensabili per potere giungere ad una sentenza di
condanna.
5. Sulla base delle svolte osservazioni, il ricorso presentato
nell’interesse di Bergamaschi Franco Luigi va dichiarato
inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616,
c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma
di euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto
della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di
impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo
immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di
inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
Va, invece, accolto, nei termini innanzi indicati, il ricorso di
Bergamaschi Enrico Bortolo, con conseguente annullamento della
sentenza impugnata, con rinvio, per nuovo esame, ad altra
sezione della corte di appello di Milano, che provvederà a colmare
le evidenziate omissioni motivazionali.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso di Bergamaschi Franco Luigi, che
condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

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completezza in relazione a specifiche doglianze formulate con i

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Bergamaschi
Enrico Bortolo, con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della
corte di appello di Milano.

Così deciso in Roma il 15.5.2015

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