Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3892 del 16/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3892 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA GIUSEPPINA N. IL 11/12/1951
avverso la sentenza n. 1341/2010 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 19/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
t1 n OC‘ C) n- IV ( -S
che ha concluso per Q

Udito, per la parte
civile, l’Avv

Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/12/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Chiamata a rispondere di concorso nel furto aggravato di un borsello contenente la
somma di circa 110 euro, Giuseppina Bevilacqua era riconosciuta responsabile con
doppia sentenza conforme (29-3-2010 del Tribunale di Cosenza e 19-12-20103 della
Corte di Appello di Catanzaro).
2. Con il ricorso proposto tramite il difensore deduce due motivi.

accusa e sentenza. A fronte dell’imputazione che indicava la somma sottratta in C 100,
le decisioni di primo e secondo grado l’avevano invece individuata in quella di C 400,
con conseguente incertezza assoluta sull’oggetto dell’accusa e mancato riconoscimento
della circostanza di cui all’art. 62 n.4 cod. pen..
4. Secondo motivo: vizio di motivazione per mancato esame della doglianza, proposta con
l’atto di appello, di travisamento del fatto relativamente alla difformità tra il contenuto
del verbale di arresto (dal quale risultava che l’app. Russo aveva recuperato la somma
di C 400, di cui l’imputata stava cercando di liberarsi, ma per la quale non vi era verbale
di sequestro) e quello dei verbali delle perquisizioni eseguite successivamente da cui
risultava il ritrovamento sulla persona della Bevilacqua della somma di C 120 e su
quella della madre, concorrente nel reato, della somma di C 200, di cui C 100 erano
restituiti alla madre e C 100 all’imputata, corrispondenti alla somma sottratta, mentre
nessuna decisione era stata presa sulla somma di C 400. Con la conseguenza che il
fatto che il provento del furto fosse pari a C 400 si basava su una prova inesistente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in parte riproponendo, senza l’aggiunta di significativi elementi
di novità, questioni già affrontate e motivatamente disattese dai giudici di merito, in
parte prospettando questioni nuove che, in base al principio della devoluzione
dell’impugnazione o al regime delle nullità, avrebbero dovuto essere sollevate in
precedenza.
2. Così l’eccezione, di cui al primo motivo, di nullità di entrambe le sentenze di merito per
violazione della correlazione tra accusa e sentenza è tardiva dal momento che la
violazione di tale principio integra una nullità a regime intermedio, che non può essere
dedotta per la prima volta in sede di legittimità ove non sia stata denunciata nei motivi
di appello (Sez. 5, n. 9281 del 08/01/2009 – dep. 02/03/2009, Parente, Rv. 243161;
Sez. 5, n. 44008 del 28/09/2005 – dep. 02/12/2005, Di Benedetto ed altro, Rv.
232805).
3. Né è deducibile il conseguente mancato riconoscimento della circostanza attenuante di
cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., del pari non oggetto di doglianza in appello.
2

3. Primo: nullità di entrambe le sentenze di merito per violazione della correlazione tra

4.

E’ poi manifestamente infondata la censura, di cui al secondo motivo, di vizio di
motivazione per mancato esame della doglianza, proposta con l’atto di appello, di
travisamento del fatto relativamente alla difformità tra il contenuto del verbale di
arresto e quello dei verbali delle perquisizioni eseguite successivamente.

5.

Per quanto la questione fosse stata in effetti sollevata con l’impugnazione della
pronuncia di primo grado, essa era stata puntualmente esaminata e ritenuta priva di
fondamento dal giudice di appello osservando che, dopo che i militari presenti nel

portafogli dalla borsa della p.o., l’app. Russo aveva recuperato la somma di € 400 di cui
la Bevilacqua stava cercando di disfarsi, mentre a quest’ultima erano stati resi C 120
trovatile indosso, somma non ritenuta provento di furto.
6.

La corte territoriale aveva quindi correttamente escluso qualunque travisamento delle
prove posto che il pronto recupero della somma di € 400, sottratta alla p.o. di cui
l’imputata stava cercando di liberarsi (e che non era stata sequestrata perché
evidentemente restituita, nell’immediatezza, alla derubata), era stato citato nel verbale
di arresto, mentre dai verbali di perquisizione e sequestro risultava il ritrovamento sulla
persona della Bevilacqua della diversa somma di C 120 (e non di C 100, come asserito
nel ricorso), restituita alla donna, essendo quindi da escludere che il ritenuto
ammontare di C 400 del provento del furto si basasse su una prova inesistente, essendo
ben chiara, negli atti richiamati in sentenza, la differenza tra la somma sottratta (€
400) di cui l’imputata aveva cercato di disfarsi, e l’altra, di non provata origine illecita,
restituita quindi alla Bevilacqua.

7.

Seguono le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc. pen. determinandosi in C 1000, in
ragione della natura delle doglianze, la somma di spettanza della cassa ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 16-12-2014

mercato rionale avevano visto madre (Virginia Marotta) e figlia (l’imputata) sottrarre il

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