Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3891 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3891 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso presentato da:
Giuliani Massimo, nato ad Ancona, il 27/8/1963;

avverso l’ordinanza del 20/11/2012 della Corte d’appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott.ssa Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 20 novembre 2012 la Corte d’appello di Ancona rigettava l’istanza
di ricusazione proposta da Giuliani Massimo ai sensi degli artt. 36 comma 1 lett. g) e
37 c.p.p. nei confronti del dr. Lorenzo Falco, componente del collegio dinanzi al quale
l’istante era stato citato per rispondere dei reati di cui agli artt. 372 e 366 c.p., in

Data Udienza: 17/12/2013

quanto lo stesso giudice già aveva, in altro procedimento in cui il Giuliani era stato
invece imputato del reato di cui all’art. 611 c.p., valutato in senso positivo
l’attendibilità della teste Camilletti Germana, chiamata a deporre, come teste a carico,
anche nel dibattimento in corso dinanzi al Tribunale in composizione collegiale.
Osservava la Corte territoriale come nel procedimento ritenuto pregiudicante (all’esito
del quale peraltro il Giuliani era stato assolto ai sensi dell’art. 530 cov. c.p.p.) il
giudice ricusato non avesse valutato, nemmeno incidentalmente, la posizione

asseritamente pregiudicato, né fosse entrato nel merito della valenza probatoria nei
suoi confronti delle dichiarazioni rese dalla menzionata Camilletti, la cui attendibilità
era stata invece affermata esclusivamente ai fini della prova della responsabilità per il
reato di cui all’art. 611 c.p. della coimputata del Giuliani nello stesso procedimento.
2. Avverso l’ordinanza ricorre personalmente il Giuliani deducendo la violazione
dell’art. 37 c.p.p. e correlati vizi di motivazione del provvedimento impugnato. In
particolare il ricorrente lamenta che la Corte distrettuale avrebbe omesso di
considerare il rapporto di connessione oggettiva e soggettiva tra i reati oggetto dei
diversi processi in cui il dr. Falco, rispettivamente, aveva svolto ed era chiamato a
svolgere la propria funzione, circostanza evidentemente idonea a determinare il
pericolo di un pregiudizio nella valutazione dell’attendibilità della medesima fonte
probatoria, ma altresì della stessa necessità di acquisirne le dichiarazioni
predibattimentali ex art. 500 comma 4 c.p.p. nel procedimento pregiudicato, atteso
che il reato contestato in quello pregiudicante era stato quello di cui all’art. 611 c.p.,
asseritamente commesso ai danni della Camilletti al fine di costringerla a non
assumere la qualità di testimone ovvero a ritrattare quanto dichiarato nelle indagini
preliminari in quello pregiudicato, con altrettanto evidenti conseguenze sull’esercizio
del diritto di difesa dell’imputato e in particolare su quello di controesaminare i testi a
carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato e per certi versi anche inammissibile.

2. Quanto al profilo dell’effetto pregiudicante della valutazione di attendibilità della
medesima fonte probatoria in procedimenti autonomi ad oggetto reati diversi deve
infatti ritenersi che i giudici del merito abbiano fatto corretta applicazione dei
consolidati principi affermati da questa Corte, senza che in proposito possa rilevare
l’eventuale connessione tra i procedimenti eccepita dal ricorrente.
2.1 In proposito giova infatti ricordare che la Corte Costituzionale, con sentenza
14.7.2000 n. 283, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 37 c.p.p., comma

dell’odierno ricorrente per i fatti che gli erano stati contestati nel procedimento

1, dettato in tema di ricusazione, nella parte in cui non prevede che possa essere
ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere in ordine alla responsabilità di
un imputato, abbia espresso in un altro procedimento, anche non penale, una
valutazione di merito “sullo stesso fatto” e nei confronti del medesimo soggetto.
2.2 Ora, nel caso in esame non è dato ravvisare una situazione di pregiudizio del tipo
di quella delineata dalla Corte Costituzionale con la sentenza anzidetta, soprattutto se
si tiene conto del carattere di eccezionalità costantemente riconosciuto dalla

possibilità di far luogo ad interpretazioni estensive od analogiche delle medesime (ex
multis Sez. 1, n. 21064 del 12 maggio 2010, Abbruzzese, in motivazione).
2.3 Ne consegue che l’eventuale connessione non è situazione in grado di estendere
l’ambito di operatività dell’art. 37 in relazione all’art. 36 comma lett. g) c.p.p. Deve
infatti osservarsi, per un verso, che la connessione è relazione riguardante i
procedimenti (e non i reati), per definizione concernenti “fatti” diversi; per l’altro, che
l’art. 34 c.p.p. (cui la menzionata lett. g) dell’art. 36 rinvia) non prevede
l’incompatibilità del giudice a partecipare agli autonomi giudizi instaurati per fatti
diversi commessi dal medesimo imputato, anche quando i relativi procedimenti
debbano ritenersi connessi ai sensi dell’art. 12 c.p.p. e nemmeno per il caso che
l’accertamento di tali fatti dipenda dalla valutazione delle medesime fonti di prova.
2.4 Con riguardo all’altro profilo agitato con il ricorso va invece rilevato, come
correttamente eccepito nella sua requisitoria dal Procuratore Generale, che la
questione non era stata sottoposta al giudice della ricusazione e che pertanto la stessa
non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità, soprattutto nell’ottica
del difetto di motivazione. Non di meno va osservato che, alla luce dei principi ricordati
in precedenza, la questione sarebbe comunque infondata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso il 17/12/2013

giurisprudenza di legittimità alle norme sulla ricusazione, tale da escludere la

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