Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3891 del 16/12/2014
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3891 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA
SENTENZA
sul ricorso proposto dal difensore di:
Intrisano Antonino, nato a Paternò, il 16/5/1978;
quale parte civile nel procedimento nei confronti di:
Cesare Gianluca, nato a Catania, il 12/12/1973;
avverso la sentenza del 25/6/2013 del Tribunale di Catania sez. dist. di Paternò;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Umberto
De Augustinis, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per la parte civile l’avv. Liotta, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Trantino, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Data Udienza: 16/12/2014
1.Con la sentenza impugnata, in riforma della pronunzia di primo grado, il Tribunale di
Catania sez. dist. di Paternò ha assolto Cesare Gianluca dal delitto di cui all’art. 612
c.p. ai danni di Intrisano Antonino (che sarebbe stato commesso nel minacciare
quest’ultimo dì denuncia se non si fosse astenuto dallo svolgere attività sindacale)
ritenendo che il fatto non costituisse reato per difetto dell’elemento soggettivo.
2. Avverso la sentenza ricorre a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale e
agli effetti civili l’Intrisano nella sua qualità di parte civile, deducendo la
evidenzia come il giudice dell’appello abbia riconosciuto l’oggettiva natura intimidatoria
delle frasi pronunziate dall’imputato, evidenziandone l’arbitrarietà e sproporzione
rispetto al comportamento tenuto dalla persona offesa, al quale il Cesare avrebbe così
inteso reagire. Conseguentemente risulterebbe del tutto contraddittorio l’aver
successivamente ritenuto non integrato il dolo del reato contestato sulla base della
pretesa convinzione dell’imputato di aver legittimamente agito a tutela degli interessi
dell’azienda di cui lo stesso era un dirigente e l’Intrisano un dipendente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto.
2. Va innanzi tutto ricordato come, per consolidato insegnamento di questa Corte,
l’elemento soggettivo del reato di minaccia si caratterizza per il dolo generico,
consistente nella cosciente volontà di minacciare un male ingiusto, indipendentemente
dal fine avuto di mira (Sez. 5, n. 50573 del 24 ottobre 2013, Schepis, Rv. 257765).
Il Tribunale ha ritenuto che nel caso di specie difettasse il suddetto elemento
psicologico per aver l’imputato agito nella supposizione della legittimità del male
minacciato, ma tale affermazione si appalesa come effettivamente contraddittoria con
quanto osservato dal giudice del merito trattando dell’elemento oggettivo del reato. In
tale sede, infatti, lo stesso non si era limitato a riconoscere l’idoneità intimidatoria della
condotta posta in essere dall’imputato, ma aveva altresì rilevato l’arbitrarietà
dell’iniziativa giudiziaria minacciata e al contempo l’implicita intenzione del medesimo
di sfruttare il rapporto di subordinazione dell’Intrisano per prospettargli i riflessi che il
suo comportamento avrebbero potuto avere sulla sua posizione lavorativa.
E’ dunque evidente che in tal modo il giudice dell’appello aveva già escluso che il
Cesare potesse aver agito nella convinzione di esercitare un preteso diritto e che
comunque la sua azione si era spinta ben al di là dei limiti che lo stesso gli avrebbe
consentito.
contraddittorietà della motivazione resa dal Tribunale. In tal senso il ricorrente
L.
3. La sentenza deve conseguentemente essere annullata agli effetti civili con rinvio per
nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente
per valore in grado di appello.
Così deciso il 16/12/2014