Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3890 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3890 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sui ricorsi proposti dai difensori di:
Palmieri Pasquale
Dessi Sara
Palmieri Umberto
Di Micco Anna

avverso il decreto del 4/10/2012 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. Roberto Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 17/12/2013

1.Con decreto del 4 ottobre 2012 la Corte d’appello di Napoli confermava il
provvedimento con cui il locale Tribunale aveva applicato a Palmieri Pasquale la misura
di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con l’obbligo di
soggiorno nel comune di residenza e ordinato la confisca dei beni già in sequestro
intestati sia al medesimo che ad alcuni dei suoi familiari.
2. Avverso il decreto ricorrono a mezzo dei propri difensori sia il prevenuto, che Dessì
Sara, Palmieri Umberto e De Micco Anna nella loro qualità di terzi interessati alla

2.1 Il ricorso proposto nell’interesse di tutti e quattro i ricorrenti dall’avv. Sperlongano
articola due motivi.
2.2 Con il primo deduce la violazione degli artt. 125 c.p.p. e 1 I. n. 575/1965, nonché
correlati vizi di motivazione in merito alla ritenuta attualità della pericolosità sociale
del Palmieri. In particolare i ricorrenti lamentano che in tal senso la Corte territoriale
avrebbe immotivatamente trascurato plurimi indici della sopravvenuta cessazione di
tale pericolosità, non tenendo conto del fatto che il prevenuto: a) è detenuto in
carcere da più di sei anni, b) ha di fatto reciso i collegamenti con presunti esponenti di
consorterie criminali, c) i reati per cui è stato condannato risalirebbero al 2004 o ad un
epoca anche più lontana; d) è sposato e padre di quattro figli e la moglie per
sopravvive lavorando come badante e non frequenta pregiudicati.
2.3 Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano analoghe violazioni della legge
processuale e delle disposizioni in materia di misure di prevenzione, nonché anche in
questo caso correlati vizi motivazionali del provvedimento impugnato, in relazione alla
disposta confisca dei beni del prevenuto e dei suoi familiari. In proposito si censura il
mancato accoglimento da parte della Corte territoriale della richiesta di audizione del
consulente della difesa a chiarimento delle conclusioni esposte nella sua relazione ad
oggetto la stima del valore effettivo dei beni sequestrati e la proporzione lo stesso e le
disponibilità economiche del prevenuto e dei suoi familiari. Conclusioni che in ogni
caso imponevano una rettifica dei valori calcolati dal Tribunale ed una diversa
valutazione della loro compatibilità con la capacità reddituale della famiglia Plamieri.
2.4 II ricorso proposto dall’avv. La Rotonda nell’interesse esclusivo di Palmieri Umberto
e De Micco Anna ripropone gli stessi due motivi dell’altro ricorso, ripercorrendone in
maniera pedissequa le argomentazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Innanzi tutto devono essere dichiarati inammissibili i ricorsi di Palmieri Umberto e
De Micco Anna in quanto, pur trattandosi di terzi interessati al provvedimento
applicativo della misura patrimoniale, gli stessi non avevano in precedenza proposto

procedura in quanto intestatari dei beni oggetto del provvedimento di confisca.

ricorso avverso il provvedimento applicativo emesso dal Tribunale di Napoli al quale si
riferisce il decreto impugnato.

2. Inammissibili risultano peraltro anche i ricorsi proposti nell’interesse di Palmieri
Pasquale e Dessi Sara.
2.1 Per il consolidato orientamento di questa Corte – asseverato anche dal giudice
delle leggi con le sent. n. 321/2004 e n. 80/2011 – in tema di misure di prevenzione la

vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p., sicché il
controllo del provvedimento consiste solo nella verifica della rispondenza degli
elementi esaminati ai parametri legali, imposti per l’applicazione delle singole misure e
vincolanti, in assenza della quale ricorre la violazione di legge sub specie di
motivazione apparente (ex multis Sez. 5, n. 19598 dell’8 aprile 2010, Palermo, Rv.
247514).
2.2 Le censure proposte con i suddetti ricorsi, al di là della dichiarata intenzione dei
ricorrenti di denunciare plurime violazioni della legge processuale o sostanziale, si
risolvono invero nella critica della motivazione del provvedimento impugnato. La Corte
territoriale ha infatti diffusamente argomentato sui presupposti che legittimavano
l’adozione tanto della misura personale, che di quella patrimoniale, soffermandosi
specificamente, nel primo caso, sulle ragioni per cui sussisterebbe la contestata
attualità della pericolosità sociale del prevenuto nonostante i periodi di detenzione
sofferti dal medesimo, mentre nel secondo sui motivi che consentirebbero di ritenere
sproporzionato il valore dei beni oggetto di ablazione rispetto alle fonti reddituali lecite
del Palmieri e dei suoi familiari. In tal senso non può ritenersi che l’ordinanza difetti in
maniera radicale di un apparato giustificativo ovvero che questo risulti solo apparente,
non ricorrendo così alcuna delle fattispecie che consentono di ricondurre i vizi
motivazionali allo schema dispositivo della lett. b) dell’art. 606 c.p.p. piuttosto che a
quello della successiva lett. e) del medesimo articolo.
2.3 Quanto infine alla mancata audizione del consulente di parte, i ricorsi si rivelano, a
tacer d’altro, meramente assertivi, non spiegando perché tale audizione avrebbe
dovuto aggiungere elementi di valutazione ulteriori rispetto a quelli che la Corte
distrettuale, così come in precedenza il Tribunale, ha tratto dalla lettura della relazione
del medesimo versata in atti e che la stessa ha fatto oggetto di specifica confutazione,
talchè anche sotto tale profilo il provvedimento impugnato non può ritenersi solo
apparentemente motivato.

3. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento
della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

riserva del sindacato di legittimità alla violazione di legge non consente di dedurre il


P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 17/12/2013

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