Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38884 del 30/07/2015


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Penale Sent. Sez. F Num. 38884 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI CATANZARO
nei confronti di:
RIILLO CARMINE N. IL 18/06/1987
avverso l’ordinanza n. 172/2015 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 10/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
4M/8/sentite le conclusioni del PG Dott. AL
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Data Udienza: 30/07/2015

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 10 marzo 2015 il Tribunale del riesame di
Catanzaro ha parzialmente annullato, con riferimento ai reati di cui ai capi sub C)
[associazione di stampo mafioso operante in Crotone ed altre località italiane ed
estere sino al marzo 2013,

ex art. 416-bis c.p.] e

sub J) [estorsione

pluriaggravata ex artt. 629, comma 2, 628, comma 3, n. 3, c.p., 7 I. n. 203/91],

2015, che applicava nei confronti di Carmine Riillo (classe ’87) la misura della
custodia cautelare in carcere,

confermandola riguardo ai reati oggetto

dell’imputazione provvisoria di cui ai capi sub 32 (violenza pluriaggravata ex artt.
610, 61, comma 1, nn. 1-2-5, c.p., 7 I. n. 203/91), sub 33 (lesioni personali
pluriaggravate ex artt. 582-585, 577, comma 1, n. 4, 61, nn. 2-5, c.p., 7 I. n.
203/91) e sub 34 (violenza privata ex artt. 610, 61, comma 1, nn. 1-2-5, c.p., 7
I. n. 203/91), commessi in località Capopiccolo di Isola di Capo Rizzuto 1’8 luglio
2012.
Con la medesima ordinanza, inoltre, il Tribunale del riesame ha sostituito la
misura custodiale con quella degli arresti domiciliari.

2. Avverso la su indicata ordinanza del 10 marzo 2015 ha proposto ricorso
per cassazione il P.M. presso il Tribunale di Catanzaro deducendo violazioni di
legge in relazione agli artt. 416-bis, 629 c.p. e 273 c.p.p., nonché vizi
motivazionali, per illogicità e contraddittorietà, avendo il Tribunale erroneamente
escluso il giudizio di gravità indiziaria in ordine alla sussistenza dei su indicati
delitti di partecipazione ad associazione mafiosa e di estorsione pluriaggravata,
nonostante le emergenze investigative avessero posto in evidenza alcuni dati di
rilievo, quali: a) l’esistenza di contatti e riunioni fra gli associati della locale di
Isola Capo Rizzuto e Nicolino Grande Aracri per dirimere controversie inerenti la
spartizione degli utili del villaggio turistico Capopiccolo fra Salvatore Iulis e
Domenico Riillo; b) il fatto che la spartizione degli introiti e più in generale il
controllo del villaggio costituisse un affare di interesse per la cosca;

c) la

circostanza che tali riunioni erano state convocate per il fatto che Antonio,
Giuseppe e Carmine Riillo avevano costretto Mancuso Roberto, nipote di
Salvatore Iulis, e Francesco Belsito, entrambi dipendenti della struttura, ad
abbandonare la guardiola del predetto villaggio e, ancor prima, per il fatto che il
consiglio di amministrazione, a seguito della scadenza delle assunzioni, aveva
deciso di licenziare Carmine Riillo; d) il clima di pressione intimidatoria dell’intera

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l’ordinanza emessa dal G.i.p. presso il medesimo Tribunale in data 19 febbraio

famiglia Riillo nei confronti dell’amministrazione del villaggio, tanto che
l’amministratrice Maria Rosa Prandelli aveva difficoltà ad individuare ditte
estranee a quella famiglia per l’espletamento di taluni servizi; e) il fatto che
quest’ultima fu costretta ad allontanarsi repentinamente dal villaggio, assieme al
marito.
Si evidenzia, in tal senso, che proprio a causa degli atteggiamenti
intimidatori e vessatori assunti dal Riillo e dalla sua famiglia nei confronti

riconosciuti dallo stesso Tribunale del riesame – l’indagato cercava di realizzarne
un controllo finalizzato allo sfruttamento economico nell’interesse del sodalizio di
riferimento.

3. Con memoria depositata nella Cancelleria di questa Suprema Corte il 30
luglio 2015 il difensore dell’indagato ha esposto ed ampiamente sviluppato
un’articolata serie di argomentazioni critiche volte a confutare la fondatezza delle
ragioni di doglianza sottese al ricorso proposto dal P.M., chiedendone la
declaratoria di rigetto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va rigettato per le ragioni di seguito indicate.

2. Il Tribunale, dopo aver dato atto delle risultanze investigative emerse a
sostegno dell’impostazione accusatoria – secondo cui l’indagato, assieme ad altri
componenti la famiglia Riillo, farebbe parte di una “locale” di `ndrangheta di Isola
Capo Rizzuto che avrebbe cercato di acquisire il controllo delle attività
economiche e dei servizi di un villaggio turistico attraverso l’imposizione di
società riconducibili al predetto nucleo familiare, in tal modo ponendosi quale
esecutore materiale delle direttive impartite dai maggiorenti della “locale” – ha
puntualmente ricostruito le vicende storico-fattuali sottese ai diversi temi
d’accusa, illustrando, sia pure con sintetiche argomentazioni, le ragioni
giustificative individuate a sostegno del su indicato epilogo decisorio.
In tal senso, valorizzando i profili inerenti all’assenza di sufficienti elementi
di conferma in merito alla esatta specificazione del ruolo concretamente assunto
dall’indagato nella predetta consorteria, il Tribunale ha motivatamente escluso la
presenza del requisito della gravità indiziaria in ordine all’ipotizzata condotta di
partecipazione al sodalizio, osservando che il mero rapporto parentale e la

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dell’amministrazione di quel villaggio turistico – atteggiamenti peraltro

commissione dei delitti di violenza privata e lesioni personali, pur sintomatici di
un atteggiamento prevaricatore volto a stabilire un clima di sopraffazione ed
intimidazione al fine di agevolare il conseguimento del controllo sul villaggio
turistico da parte dello zio dell’indagato, Domenico Riillo, ritenuto intraneo alla
consorteria mafiosa di Isola Capo Rizzuto, non consentono di pervenire ad una
valutazione positiva sulla configurabilità in sede cautelare dell’ipotizzata figura
delittuosa, la cui integrazione necessariamente implica il formarsi di una base

fra il singolo e l’organizzazione criminale, in forza del quale il primo rimane
stabilmente a disposizione della seconda per il perseguimento dello scopo
sociale, con la volontà di appartenere al gruppo, mentre l’organizzazione lo
riconosce ed include nella propria struttura, anche “per facta concludentia (Sez.
6, n. 16958 del 08/01/2014, dep. 16/04/2014, Rv. 261475).
Al riguardo è noto, infatti, che la condotta di partecipazione è riferibile solo a
colui che sì trovi in un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il
tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di
appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale
l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione
dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. Un., n. 33748 del
12/07/2005, dep. 20/09/2005, Rv. 231670).
Né, peraltro, la semplice esistenza di relazioni di parentela con un esponente
dell’associazione può costituire di per sé prova o solo indizio della appartenenza
di un soggetto alla medesima (Sez. 5, n. 18491 del 22/11/2012, dep.
24/04/2013, Rv. 255431).

3. A fronte di un completo apprezzamento delle emergenze investigative,
rispettoso dei canoni valutativi stabiliti da questa Suprema Corte ed esposto
attraverso cadenze argomentative chiare ed immuni da vizi logico-giuridici ictu
°cui/ percepibili, il ricorrente ha opposto, sotto la formale veste della violazione
di legge, una diversa o alternativa lettura delle risultanze offerte dagli atti
processuali, limitandosi ad esporre questioni in punto di fatto il cui vaglio
delibativo evidentemente esula dai confini propri del sindacato da questa
Suprema Corte esercitabile.
Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, deve rilevarsi
come il Tribunale del riesame abbia provveduto ad una completa analisi
ricognitiva del materiale investigativo raccolto, senza alcuna “atomizzazione” dei
dati oggetto del suo vaglio, ma opportunamente inserendoli, dopo averne

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indiziaria oggettivamente sintomatica della conclusione di un “pactum sceleris”

singolarmente saggiato il rilievo, in una visione complessiva dei fatti e delle
correlative emergenze investigative, in tal guisa pervenendo, del tutto
coerentemente, ad un giudizio di insufficienza indiziaria di parte delle accuse
formulate a carico dell’indagato, perché non sostenute da elementi di fatto
adeguatamente riscontrati e assistiti da una specifica ed inequivoca forza

Rigetta il ricorso del P.M. .

Così deciso in Roma, lì, 30 luglio 2015

Il Consigliere estensore

Il res -nte

P.Q.M.

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