Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3887 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3887 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Valentino Paolo, nato a Cosenza il 17/01/1979

avverso la sentenza emessa il 16/12/2013 dalla Corte di appello di Catanzaro

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Enrico Delehaye, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

Paolo Valentino ricorre personalmente avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza di condanna emessa nei suoi
confronti dal Tribunale di Cosenza il 02/12/2009. L’imputato è stato ritenuto
responsabile di reati di bancarotta fraudolenta (patrimoniale e documentale), in

Data Udienza: 11/12/2014

ipotesi commessi relativamente alla gestione della ditta individuale “Planet
Computer di Valentino Paolo”, dichiarata fallita nel 2006; ad avviso dei giudici di
merito, l’istruttoria dibattimentale aveva fatto emergere irrefutabilmente (in
particolare, sulla base di quanto attestato dal curatore fallimentare) che:
– non era stato possibile accertare le cause del fallimento, mancando la totalità
delle scritture contabili e non esistendo neppure fatture di cessione o vendita;
– non si erano rinvenute le merci fornite da un imprenditore (che poi aveva
presentato l’istanza di fallimento, in difetto del pagamento del corrispettivo), né

– l’imputato aveva effettuato ulteriori ordinativi di beni, ricevuti e rimasti a loro
volta impagati.
Con l’odierno ricorso, l’imputato deduce mancanza assoluta di motivazione
della sentenza impugnata, osservando che la Corte territoriale non avrebbe
indicato gli elementi posti a base del proprio convincimento, né offerto alcuna
valutazione critica dei dati probatori ritenuti decisivi, non consentendo perciò di
verificare la completezza dell’esame delle risultanze processuali. La pronuncia,
in definitiva, «non risponde ai requisiti minimi di esistenza, completezza e
logicità del discorso argomentativo su cui è fondata la decisione», non
rinvenendosi nell’impianto motivazionale del giudice di merito «una corretta e
precisa esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che hanno
determinato la sua libera scelta».
Inoltre, il ricorrente lamenta inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale, con riferimento agli artt. 217 e 219, ultimo comma, legge fall.: ad
avviso del Valentino, la Corte di appello di Catanzaro non spiega in alcun modo
perché la condotta contestata non sarebbe riconducibile alle ipotesi
normativamente previste di bancarotta semplice, come invece sostenuto nei
motivi di gravame, né fornisce motivazione sul negato riconoscimento
dell’attenuante da correlare alla speciale tenuità del danno patrimoniale
cagionato ai creditori.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
1.1 Le prime ragioni di doglianza si palesano infatti del tutto generiche, non
avendo il Valentino evidenziato in quali parti e sotto quali profili la motivazione
della sentenza impugnata risulterebbe carente ai fini di una compiuta esposizione
delle ragioni poste a fondamento della decisione assunta: nessuna delle censure
avanzate dal ricorrente, infatti, si riferisce specificamente alla pronuncia in

2

il Valentino aveva documentato l’avvenuta alienazione a terzi degli stessi beni;

epigrafe, risolvendosi le stesse in osservazioni astratte e richiami di
giurisprudenza circa lo standard minimo di una sentenza di condanna, sul piano
del contenuto ideale. E’ invece consolidato l’orientamento secondo cui deve
ritenersi inammissibile «il ricorso per cassazione i cui motivi siano generici,
ovvero non contenenti la precisa prospettazione delle ragioni in fatto o in diritto
da sottoporre a verifica» (Cass., Sez. III, n. 16851 del 02/03/2010, Cecco, Rv
246980: la pronuncia appena richiamata si riferisce ad un caso nel quale veniva
appunto lamentata, senza specifici riferimenti alla fattispecie concreta, la

decisione).
1.2 Parimenti inammissibili debbono intendersi le ulteriori doglianze del
Valentino, in primis per manifesta infondatezza: quanto alla ravvisabilità del
meno grave reato di cui all’art. 217 del r.d. n. 267 del 1942, è infatti ineccepibile
l’assunto della Corte territoriale secondo cui una prospettiva di riqualificazione
degli addebiti non aveva alcuna consistenza, mentre già il tenore della rubrica
esclude in radice l’applicabilità dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale
tenuità (risultandovi l’espressa menzione di condotte distrattive di beni per un
valore complessivo di circa 110.000,00 euro).
In vero, in presenza di una fattispecie di bancarotta patrimoniale, financo
consistita in una distrazione della ricordata entità, una eventuale derubricazione
appare ex se impraticabile; ed analogamente è a dirsi per la bancarotta
documentale contestata sub 2), dove non si ipotizza che la contabilità fosse stata
tenuta con modalità irregolari, comunque tali da precludere una ricostruzione del
patrimonio o del movimento degli affari della ditta, ma che le scritture de quibus
furono addirittura sottratte. Deve peraltro rilevarsi che la questione della
ravvisabilità della circostanza prevista dall’art. 219, ultimo comma, legge fall.
non era stata neppure proposta in sede di motivi di appello, dove la difesa – in
punto di trattamento sanzionatorio – si era limitata a sollecitare la concessione
al Valentino delle circostanze attenuanti generiche, sul presupposto che gli
fossero state immotivatamente negate dal primo giudice.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dell’imputato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

3

mancata applicazione delle regole della logica nelle argomentazioni fondanti la

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso 1’11/12/2014.

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