Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3884 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3884 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dal

Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Napoli

avverso la sentenza del Gip del Tribunale di Noia del 07/11/2012, nel procedimento
penale a carico di PESCE Luciano, nato a San Gennaro Vesuviano il 07/07/1947;

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale dr. Eugenio Selvaggi, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Gip del Tribunale di Noia,
pronunciando ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen., applicava a Luciano Pesce,
imputato del reato di cui all’art. 476 cod.pen. (perché , nella qualità di messo del
Comune di San Gennaro Vesuviano, addetto alle notifiche di atti, pubblico ufficiale
riformava, nell’esercizio delle sue funzioni, un atto falso nella specie la relazione di
notificazione dell’avviso di riscossione dei cannoni di consumo di acqua potabile

Data Udienza: 22/11/2013

indirizzata a Mazzocchi Carmine e datata 4.6.2006 – atto facente prova fino a
querela di falso – nella quale contraffaceva completamente la firma del ricevente)
2. Avverso la pronuncia anzidetta il Procuratore Generale presso la Corte
d’appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di
censura indicate in parte motiva.

1.

Con unico motivo d’impugnazione il PG ricorrente deduce inosservanza

della legge penale, ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’art.
537 dello stesso codice di rito sul rilievo che, nell’applicare la pena su richiesta delle
parti, il Gip avrebbe dovuto dichiarare la falsità della relata di notifica dell’avviso di
riscossione dei cannoni relativi al consumo di acqua, contenente la firma
contraffatta di Carmine Mazzocchi, così come previsto dal menzionato art. 537,
comma primo, del codice di rito.

2. Il ricorso è fondato e merito, pertanto accoglimento.
Non può, infatti, revocarsi in dubbio, alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale
consolidatasi sulla scia della statuizione di questa Corte regolatrice, nella sua più
autorevole espressione (cfr. Sez. Un. 20 del 27/10/1999, Rv. 214638) che con la
sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, che è decisione
equiparata ad una sentenza di condanna, il giudice è tenuto a dichiarare, ai sensi
del primo comma dell’art. 537 cod. proc. pen., l’accertata falsità di atti o di
documenti. (Nell’occasione la Corte ha precisato che la dichiarazione di falsità
prescinde dall’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, essendo
fondata esclusivamente sull’accertamento – che si rende possibile anche nel giudizio
speciale di patteggiamento, pur nei limiti di una cognizione “allo stato degli atti” della non rispondenza al vero dell’atto o del documento; cfr„ tra le altre, Cass. Sez.
5 n. 37665 del 28/05/2008, Rv. 242308).
La questio iuris che si pone è se, a fronte di omessa declaratoria del giudice
a quo, questa Corte regolatrice possa o meno provvedervi. Il quesito trova
divergenti interpretazioni nella giurisprudenza di legittimità essendosi talora
ritenuto che sia possibile adottare, in questa sede, i provvedimenti previsti dall’art.
537 cod. proc. pen.,

non occorrendo alcuna valutazione di merito per una

declaratoria che la legge pone come effetto inevitabile della sentenza di condanna, a
cui è equiparabile la sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti (cfr.
Cass. sez. 5, n. 45861 del 10/10/2012, Rv. 254989), ove, invece, in precedenti
occasioni è stato affermato che

l’omessa dichiarazione di falsità di un documento,

in sede di sentenza di applicazione della pena su richiesta, non legittima la Corte di
cassazione ad adottare i provvedimenti previsti dall’art. 537 cod. proc. pen., i quali

2

CONSIDERATO IN DIRITTO

richiedono una specifica motivazione, implicante valutazioni di merito a sostegno
della ritenuta falsità ed avverso i quali è riconosciuto alle parti il diritto di proporre,
anche autonomamente, impugnazione; in tal caso, pertanto, la falsità del
documento deve essere dichiarata dal giudice dell’esecuzione al quale devono
essere trasmessi gli atti (Cass. Sez. 5, n. 17283 del 26/11/2008, dep. 23/04/2009,

Rv. 243593; cfr., nello stesso senso, id. Sez. 5 n. 44613 del 25/10/2005, Rv
232717, secondo cui la Corte di cassazione non è legittimata ad adottare i

motivazione, implicante valutazioni di merito a sostegno della ritenuta falsità ed
avverso i quali è riconosciuto alle parti il diritto di proporre, anche autonomamente,
impugnazione).

Reputa il Collegio di dover aderire alla prima lettura interpretativa, sul riflesso che
la dichiarazione di falsità è statuizione accessoria che, pur prescindendo dal positivo
accertamento di penale responsabilità, inerisce ex lege alla pronuncia di condanna,
cui è equiparata, ai sensi dell’art. 445m comma

1 bis

la sentenza di

patteggiamento, di talché nessuna specifica valutazione di merito è richiesta in
proposito. Ciò è tanto più vero nel caso di specie, in cui l’accertamento di falsità
della relata di notifica risultava dalla consulenza tecnica grafologica che ne
attribuiva la paternità all’imputato, dalle sue parziali – seppur equivoche ammissioni e dal fatto che lo stesso ha chiesto di patteggiare in riferimento al reato
di cui all’art. 476 cod. pen. relativo alla relata di notifica in questione.

3.Per quanto precede, l’impugnata sentenza deve essere annullata in parte
qua, nei termini di cui in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’omessa
statuizione ex art. 537 cod.proc.pen. e dichiara la falsità della relata di notifica
dell’avviso di riscossione del 4.6.2006.
Così deciso il 22/11/2013

provvedimenti previsti dall’art. 537 cod. proc. pen., i quali richiedono una specifica

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