Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3881 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3881 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA
Sui ricorsi proposti da

GIURASTANTE Roberto, nato a Trieste il 2403/1965
e dalla parte civile
Gandi Luigi

avverso la sentenza del Gip del Tribunale di Trieste del 29/01/2013;

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore
Generale dr. Aurelio Galasso, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso del
Giurasante ed il rigetto del ricorso del Gandi;
sentito, altresì, l’avv. Edoardo Longo che si è associato alle richieste del PG, quanto
all’inammissibilità del ricorso del Gandi ed ha insistito per l’accoglimento del ricorso
in favore del Giurastante.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 22/11/2013

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Gip del Tribunale di Trieste,
pronunciando ai sensi dell’art. 425 c.p.p., dichiarava non doversi procedere perché
il fatto non sussiste nei confronti di Roberto Giurastante, imputato del reato di cui
all’art. 595 cod. pen. perché offendeva la reputazione di Gandi Luigi, conduttore
della trasmissione televisiva “La Piazza” presso l’emittente Antenna Tre-Nord-Est”
pubblicando su Internet un articolo dal titolo “Rigassificatori nel golfo di Trieste: il
sistema del doppio binario legale” in cui affermava che “nell’ottobre del 2009 gli
ambientalisti di AAG e di Greenaction Transnationale furono sottoposti ad un vero e

Antenna Tre Nord-Est”, che vi era stato un “attacco di sì informativo” con lo “scopo
di appoggiare il progetto del rigassificatore della spagnola Gas Natural nel porto di
Trieste” è “screditare gli ambientalist di AAG” che “oggetto principale dell’attacco
era Roberto Giurastante, portavoce in Italia di AAG e responsabile di Greenaction,
che veniva presentato come una specie di ecoterrorista mediatico attribuendogli
dichiarazioni mai fatte, disinformazione abituale sabotaggi dell’economia triestina”,
che “i contenuti ed i toni utilizzati (uno spezzone della trasmissione era tuttora
visibile in youtube”)

erano inoltre tali da aizzare ambienti estremisti contro

Giurastante e le organizzazioni ambientalistiche da lui rappresentate” tanto che
dopo qualche mese Giurastante fu oggetto di un’intimidazione di stampo mafioso
trovando davanti alla porta dell’abitazione la testa mozzata di una capra”, che “la
tensione aumentata dagli attacchi dei media contro gli ambientalisti di AAG
cresceva, che “nei confronti di Giura stante, diventato una specie di “nemico
pubblico” è stata portata avanti una chirurgica operazione di “eliminazione civile”
attuata con una persecuzione giudiziaria abbinata minacce di morte, intimidazioni
continuate, denigrazioni pubblici”; e con le aggravanti dell’attribuzione di fatto
determinato di offesa recata col mezzo di pubblicità. Riteneva il giudicante che il
fatto-reato fosse scriminat dall’esercizio del diritto di critica politica, sul rilievo che
le dichiarazioni dell’imputato, pertinenti e non esorbitanti i limiti della veridicità e
continenza, avessero – magari con toni forti ed aspri, ma senza scadere in
denigrazioni personali – semplicemente rimarcato che dal punto di vista dello stesso
Giurastante, non era stata fatta corretta informazione e che lui era stato inutilmente
e gratuitamente attaccato come una sorta di ecoterrorista, attribuendogli pure
pensieri mai avuti. D’altra parte, era pure emerso che l’imputato aveva escluso
categoricamente di aver rilasciato al Gandi le dichiarazioni contestate e quindi,
stando al contrasto delle posizioni, in assenza di prove aliunde, non sarebbe stato
possibile dimostrare la verità dei fatti.
Avverso la decisione anzidetta il difensore dell’imputato, avv. Edoardo
Longo, ed il difensore della parte civile , avv. Paolo Micozzi, hanno proposto distinti
ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di censura indicate in parte
motiva.
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proprio linciaggio pubblico nel corso di una trasmissione televisiva sull’emittente

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso in favore dell’imputato censura il rigetto dell’eccezione di difetto
di giurisdizione da parte del Gip, denunciando il difetto di motivazione o l’illogicità
della stessa. L’eccezione era stata proposta sul rilievo che la città di Trieste,
costituita in Territorio Libero in forza di accordi internazionali a partire dal Trattato
di Pace di Parigi del 1947, fosse estranea alla giurisdizione italiana e, in via

giudiziario che, in contrasto con gli accordi internazionali, non prevedevano
l’esclusione dell’anzidetto territorio libero dalla competenza territoriale penale
italiana.
Il primo motivo del ricorso in favore della parte civile denuncia travisamento
della prova per mancata percezione di prova ed elementi indiziari decisivi, ai sensi
dell’art. 606, comma 1,1ett. c) del codice di rito nonché assoluta assenza,
contraddittorietà e falsità della motivazione, ai sensi dell’art. e) ed ancora violazione
di legge con riferimento agli artt 192 530 cod. proc. pen. e con riferimento al
criterio di giudizio di cui all’art. 425, comma 2 3, del codice di rito. Contesta, in
particolare, il ragionamento probatorio del giudice a quo che mal interpretando le
risultanze di causa era pervenuto ad un giudizio non consentito dalla norma
processuale da ultima richiamata.
Il secondo motivo deduce carenza di motivazione o motivazione
contraddittoria di logica, ai sensi dell’art. 606 lett. e) le travisamento della prova e
dei fatti, ai sensi dell’art. 606 lett.

b); erronea interpretazione di applicazione

dell’art. 595 cod. pen. per erronea individuazione dell’elemento oggettivo rilevante.
Il terzo motivo denuncia identico difetto motivazionale nonché l’errata
interpretazione applicazione degli artt. 51 cod. pen. e 21 Cost. In relazione alla
ritenuto esercizio del diritto di critica politica, tenuto peraltro conto che il
giornalista-conduttore di una trasmissione televisiva non era soggetto politico vero
che il giudicante non si era curato di verificare se le accuse mosse dal Giurastante
avessero contenuto di veridicità storica.
Con il quarto motivo si denuncia erroneità, contraddittorietà od illogicità
della motivazione, posto che la formula di proscioglimento “perché il fatto non
sussiste” era in contraddizione con l’assunto motivazionale secondo cui non vi era
alcuna certezza dei presupposti che potessero giustificare l’adozione di una delle
formule liberatorie previste dall’articolo 425 del codice di rito, ritenendo, al
contrario, che non emergessero indizi sufficienti e dunque manifestando il dubbio.

2. Per quanto concerne il ricorso del Giurastante, si osserva che é pacifico che il
difetto di giurisdizione possa essere rilevato, anche d’ufficio in ogni stato e grado

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subordinata, sollevava questione di costituzionalità delle norme dell’ordinamento

del procedimento, ma è pur vero che una siffatta declaratoria può aver luogo
nell’ambito di un rapporto processuale regolarmente costituito. E quello relativo
all’impugnazione postula l’esistenza di uno specifico interesse, ai sensi dell’art. 568
comma 4 cod.proc.pen., da apprezzare in funzione al concreto obiettivo di una
statuizione che assicuri il conseguimento di un obiettivo favorevole alla posizione
giuridica dell’impugnante, obiettivo che, nel caso di specie, il Giurestante aveva già
conseguito, non essendo giuridicamente rilevante il mero interesse ad ottenere, al
di là della statuizione di proscioglimento nel merito, una mera declaratoria sulla

12/02/2009 ) Rv. 243068. Secondo cui non sussiste l’interesse richiesto dall’art.
568, comma quarto, cod. proc. pen., quando l’impugnazione sia inidonea,
attraverso l’eliminazione del provvedimento impugnato, a costituire una situazione
pratica più vantaggiosa per l’impugnante).
E’ appena il caso di notare che l’eccezione di legittimità costituzionale delle
norme dell’ordinamento giudiziario, proposta dallo stesso ricorrente, è irrilevante
per analoghe ragioni.
Venendo ora al ricorso della parte civile, le distinte censure possono essere
globalmente considerate, aggredendo tutte il corredo motivazionale della pronuncia
impugnata che è pervenuta al proscioglimento dell’imputato in esito al
riconoscimento del diritto di critica, nel contesto di una penetrante valutazione di
merito che esorbiterebbe dai limiti istituzionali della cognizione del GIP.
Le doglianze sono destituite di fondamento. Ed invero, con motivazione
esauriente ed immune da vizi od incongruenze di sorta il GIP ha dato conto del suo
convincimento che si è articolato secondo un percorso argomentativo su un doppio
livello. In primo luogo ha escluso che le evidenze probatorie consentissero di
attribuire con certezza le espressioni diffamatorie allo stesso imputato; in via
gradata, ha ritenuto che, ad ogni modo, le stesse espressioni fosssero scriminate
dall’esercizio del diritto di critica.
3. Per quanto precede, il ricorso dell’imputato va dichiarato inammissibile,
mentre va rigettato quello della parte civile, con le consequenziali statuizioni
dettate in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di Giurestante, che condanna al pagamento
delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle ammende.
Rigetta il ricorso della parte civile che condanna al pagamento delle spese
processuali.

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giurisdizione (cfr., tra le altre, Sez. 6, Sentenza n. 6181 del 23/01/2009 Cc. (dep.

Così deciso il 22/11/2013

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