Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38807 del 15/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 38807 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIZZO GIANLUCA N. IL 26/01/1983
avverso la sentenza n. 43/2014 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA, del 17/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FILIPPO CASA
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per 2

Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 15/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12.11.2013, il Tribunale Militare di Verona dichiarava RIZZO
Gianluca responsabile del reato continuato e aggravato di furto militare (capo 1) e violata
consegna (capo 2) di cui agli artt. 81 cpv. c.p., 120, 230, commi 1 e 2, 47 n. 2 c.p.m.p. e lo
condannava alla pena di un anno e tre mesi di reclusione militare, concedendogli i doppi

2. Con sentenza del 17.9.2014, la Corte Militare di Appello, in parziale riforma della
prima decisione, concesse le circostanze attenuanti di cui all’art. 62, nn. 4 e 6, c.p.,
rideterminava la pena nella misura di cinque mesi di reclusione militare, confermando nel
reato la pronuncia impugnata.
I Giudici di merito pervenivano all’affermazione della responsabilità dell’imputato sulla
base delle deposizioni rese dai testi CAGNI, FALCONE e ZITTURI, che consentivano di
accertare, quanto al reato sub 1), come il finanziere RIZZO, al termine del proprio servizio di
piantone svolto presso la caserma di appartenenza della Tenenza di Silandro (BZ), si fosse
appropriato di una cartuccia calibro 9 parabellum, costituente parte integrante degli oggetti
di armamento militare in carico al piantone; e, quanto al reato sub 2), come l’imputato, al
termine del servizio di piantone, si fosse allontanato dal posto di servizio, per rientrare
presso il proprio alloggio insistente nella medesima caserma, senza osservare le consegne
vigenti, che imponevano di effettuare, al termine del turno, una verifica della consistenza di
tutto il materiale in consegna al piantone, in contraddittorio tra il militare smontante e quello
montante, obbligo nella circostanza ribadito verbalmente mediante un ordine impartito dal
maresciallo FALCONE.
In ordine al delitto di furto militare aggravato, entrambi i Giudici di merito
concordavano nell’attribuire importanza risolutiva, ai fini della prova di responsabilità
dell’imputato, alla deposizione della Tenente CAGNI, la quale aveva riferito di un colloquio
avuto, nell’immediatezza del fatto, con il finanziere RIZZO, nel corso del quale ebbe ad
invitarlo, qualora fosse stato responsabile della sottrazione, a restituire la cartuccia
mancante e, all’esito del quale, dopo un temporaneo allontanamento del finanziere
finalizzato a raggiungere il suo alloggio di servizio, la tenente CAGNI ricevette, all’interno del
proprio ufficio, la cartuccia in questione dal medesimo imputato, il quale, nell’occorso, le
manifestò sentimenti rancorosi verso alcuni colleghi di reparto.
Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, la Corte Militare di Appello riteneva
che il primo Giudice avesse correttamente assunto a fondamento della condanna le
dichiarazioni rese dalla CAGNI, la quale, pur titolare della qualifica di ufficiale di polizia
giudiziaria, aveva agito, nelle circostanze di tempo e di luogo di cui ai fatti di causa, nella

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benefici di legge.

diversa veste di comandante di Reparto, nonché dì comandante di Corpo del finanziere
RIZZO.
L’aver agito in tale veste valeva a far comprendere anche la ragione – pure oggetto
di censura da parte dell’appellante – per cui la tenente CAGNI non avesse proceduto ad un
formale provvedimento di sequestro della cartuccia restituita dal RIZZO, quale corpo di
reato.

ritenere che la teste CAGNI – avendo agito in veste di ufficiale di polizia giudiziaria e non
avendo osservato le garanzie di cui agli artt. 62, 63 e 64 c.p.p. – non avrebbe potuto riferire
in dibattimento su quanto confidatogli da un indiziato di reato, doveva, comunque,
considerarsi necessario operare un distinguo tra le dichiarazioni della CAGNI relative a
quanto riferitole dall’imputato e le dichiarazioni, invece, concernenti fatti e comportamenti
tenuti dall’imputato medesimo, dei quali l’ufficiale aveva avuto percezione diretta, in ordine
ai quali doveva considerarsi assolutamente pacifica la possibilità di deposizione testimoniale:
dovevano farsi rientrare in tale ultima categoria le condotte tenute dal RIZZO in quei
frangenti e, principalmente, l’allontanamento dello stesso verso il proprio alloggio e la
restituzione della cartuccia mancante nelle mani della tenente CAGNI.
I Giudici dell’appello escludevano che potessero inficiare la complessiva credibilità
della teste talune incongruenze comportamentali rilevate dalla difesa, che venivano spiegate
e contestualizzate.
Né valeva a minare il quadro probatorio la circostanza, riferita dall’imputato, per cui
la mattina del fatto, in orario compreso tra le ore 10 e le ore 10.30, egli fosse stato
convocato dalla tenente CAGNI presso l’ufficio di costei per ricevere la notifica del
provvedimento di trasferimento con decorrenza immediata, sicché, con la postazione militare
di piantone sguarnita, chiunque avrebbe potuto impossessarsi della cartuccia risultata
mancante.
Innanzitutto, era del tutto indimostrato che altri potessero aver attuato la condotta
delittuosa nel descritto arco di tempo, anche per l’ostacolo costituito dalla chiusura di
sicurezza di cui era dotato l’armadio corazzato all’interno del quale era custodita la cartuccia.
In secondo luogo, rimaneva inspiegabile la circostanza della successiva restituzione
da parte del RIZZO della cartuccia alla tenente CAGNI, che presupponeva necessariamente
la consapevolezza, da parte dell’imputato, del luogo dove si trovava la munizione dopo la
sparizione e, quindi, anche dell’autore dell’indebito impossessamento.
Il Giudice di secondo grado condivideva la qualificazione giuridica operata dal primo
Giudice del fatto sub 1) come furto militare, sussistendo anche l’elemento oggettivo del
danno economicamente apprezzabile, ancorché di tenue valore, in capo all’Amministrazione

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Secondo i Giudici di secondo grado, in ogni caso, anche a voler astrattamente

militare. Alla sussumibilità della condotta sotto la diversa fattispecie di ritenzione di cose
mobili militari (artt. 165 e 166 c.p.m.p.) indicata dalla difesa del RIZZO ostava la circostanza
che, trattandosi di oggetti di munizionamento militare, il fatto avrebbe potuto essere
ricondotto, sempre e solo in via residuale, alla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 164
c.p.m.p., che risultava procedibile d’ufficio e non su richiesta del Comandante di Corpo
dell’interessato.

fiducia.
3.1. Con il primo motivo, si deduce inosservanza o erronea applicazione della legge
penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge
penale.
I lacunosi dati probatori emersi non rimuovevano il ragionevole dubbio che il RIZZO
avesse commesso i fatti ascrittigli.
Secondo il difensore del ricorrente doveva ritenersi insolito che i due momenti chiave
della vicenda – ossia l’accertamento della mancanza del proiettile e le ammissioni rese dal
RIZZO davanti alla CAGNI con la restituzione della cartuccia – fossero caratterizzati,
rispettivamente, dall’assenza dell’imputato e dalla mancata verbalizzazione di quanto
accaduto.
Altre incongruenze era dato rinvenire nella deposizione della teste CAGNI, con
particolare riguardo: alle insoddisfacenti spiegazioni sulla precipitosa restituzione del
telefono cellulare al RIZZO; all’illogico riferimento, quanto all’elemento soggettivo del reato
di furto militare, alla sussistenza di eventuali screzi con il collega ANTONACCI, che il giorno
dei fatti non svolse turni di servizio temporalmente contigui a quello dell’imputato, sicché
non avrebbe potuto essere danneggiato dalla sottrazione del proiettile.
Quanto al lasso di tempo in cui la postazione militare era rimasta sguarnita all’atto
della convocazione del RIZZO da parte della CAGNI, mentre era senz’altro condivisibile
l’argomento speso dalla Corte di merito circa l’impossibilità di compimento dell’illecito da
parte di estranei alla caserma, non era altrettanto condivisibile l’esclusione di azioni illecite
da parte di chi, per inimicizia con il RIZZO, avrebbe potuto sottrarre il proiettile per far
ricadere la colpa su di lui.
Quanto al reato di violata consegna, ad avviso del difensore del ricorrente mancava la
prova certa della presa visione delle consegne da parte del RIZZO e dell’autenticità della
sottoscrizione apposta dal medesimo in calce al documento; d’altro canto, detto documento,
anche se sottoscritto per presa visione dal piantone, non prevedeva alcun controllo della
dotazione di munizioni a fine turno.

3

3. Ha presentato ricorso per cassazione RIZZO Gianluca per il tramite del difensore di

3.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 350,
62, 63 e 64 c.p.p..
Nel momento in cui la CAGNI venne a conoscenza della sparizione della cartuccia,
tenne nel proprio ufficio l’imputato per oltre due ore a rendere dichiarazioni sul fatto,
considerandolo, così, fin dall’inizio, responsabile della sottrazione del proiettile mancante e
incorrendo nella violazione delle norme degli artt. 63 e 64 c.p.p. poste a tutela dell’imputato,

all’acquisizione delle dichiarazioni da parte del militare indiziato.
Tali dichiarazioni erano state illegittimamente poste alla base della presunta
colpevolezza dell’imputato, utilizzate nella comunicazione della notizia di reato, nonché fatte
oggetto di testimonianza in dibattimento.

3.3. Con il terzo motivo, si lamenta la violazione degli artt. 352 e 354 c.p.p., avendo
la Corte mancato di spiegare come potesse essere ammissibile l’omesso sequestro del
proiettile quale corpo di reato, che impediva un’adeguata ricostruzione dei fatti con
riferimento all’eventualità che il RIZZO avesse effettivamente portato presso il suo alloggio
la cartuccia o che la tenesse sulla propria persona o che avesse lasciato tracce su di essa.

3.4. Con il quarto motivo, si contesta la violazione degli artt. 191 c.p.p. e 24 Cost., in
quanto le prove acquisite nel processo dovevano considerarsi, alla luce di quanto esposto,
assolutamente inutilizzabili.

3.5. Con il quinto ed ultimo motivo, si censura l’erronea qualificazione giuridica del
fatto.
L’azione del militare che sottrae un solo proiettile fornito in dotazione non configurava
una condotta diretta a un’apprezzabile diminuzione del patrimonio tutelato, ma solo
un’offesa per il generale interesse militare allo svolgimento del regolare servizio, punita
come ritenzione di cose militari, reato per il quale mancava la condizione di procedibilità
della richiesta del Comandante del Corpo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per aspecificità, risolvendosi nella
pedissequa riproposizione di censure già articolate in sede di appello e adeguatamente
confutate dal Giudice a quo nei termini riportati nella superiore esposizione in fatto.
Avverso il logico argomentare della Corte militare il ricorrente non ha mosso rilievi
specifici tesi a contestare la concludenza del ragionamento.
3. Il secondo motivo è solo parzialmente fondato.

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nonché la violazione dell’art. 350 c.p.p., stante l’omissione degli avvertimenti preliminari

E’ innegabile, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, che la tenente CAGNI
Gabrinska, in qualità di Comandante del Corpo, stesse compiendo attività di polizia
giudiziaria nel momento in cui, all’interno del suo ufficio, ricevette, senza verbalizzarle, le
dichiarazioni dell’imputato sulla circostanza della sparizione di una munizione dal Corpo di
guardia, atteso che il RIZZO, essendosi allontanato dal posto di piantone, al termine del
turno di servizio, immediatamente prima che venisse constatata la sparizione della cartuccia,

subentrante, la consistenza di tutto il materiale di consegna (incluse le munizioni, della cui
presenza aveva, invece, dato atto nel momento iniziale del suo turno), era il principale
indagabile per il reato di furto militare.
Pertanto, la deposizione dibattimentale resa dalla CAGNI sul dichiarato del RIZZO
incorreva, senz’altro, nel divieto previsto dall’art. 62 c.p.p. e, nella conseguente, parziale
inutilizzabilità (Sez. 3, n. 3207 del 2/10/2014, dep. 23/1/2015, Calabrese, Rv. 262010; Sez.
3, n. 12236 del 12/2/2014, F., Rv. 259297).
Viceversa, esclusa dall’ambito di operatività del divieto ex art. 62 era la parte della
suddetta testimonianza afferente a circostanze fattuali sensorialmente percepite
dall’Ufficiale, ovvero quelle dell’allontanamento del RIZZO in direzione del proprio alloggio e
del suo successivo ritorno, di lì a poco, presso l’ufficio della CAGNI con la restituzione a
quest’ultima della cartuccia mancante.
Corretta, sul punto, deve, pertanto, ritenersi la precisazione fornita dalla Corte
militare sul punto, e utilizzabile,

in parte qua,

la deposizione della teste a sostegno

dell’affermazione di responsabilità del RIZZO per il reato sub capo 1), peraltro corroborata
dalla testimonianza dello ZITTURI – al quale dalla CAGNI fu consegnata la munizione poco
prima ricevuta dall’imputato – giustamente valorizzata dai Giudici dell’appello quale
significativo elemento di riscontro.
Conseguentemente infondato il quarto motivo di ricorso, incentrato sulla pretesa
inutilizzabilità della prova acquisita.
4. Parimenti infondato il terzo motivo, concernente l’omesso sequestro del proiettile
quale corpo di reato, trattandosi di determinazione rimessa agli organi inquirenti la cui
omissione non può essere dedotta neppure sotto il profilo della mancata acquisizione di
“prova decisiva”, atteso il testimoniale assunto sulle circostanze della sparizione e del
successivo rinvenimento della cartuccia de qua.
5.

Infondato, infine, il motivo sulla qualificazione giuridica del fatto sub 1),

correttamente sussunto dai Giudici di merito nell’alveo della fattispecie di furto militare, in
considerazione della sussistenza dell’elemento oggettivo del danno economicamente
apprezzabile, ancorché di tenue valore.

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senza aver osservato l’ordine impartitogli di verificare, in contraddittorio con il piantone

6. Va, esclusa, in astratto, l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131
bis c.p. introdotta con il recente D. Lgs. n. 28 del 16 marzo 2015 (“particolare tenuità del
fatto”), essendo già emersa dal giudizio di merito la sua esclusione, in considerazione della
pluralità dei fatti, dell’intensità del dolo, dell’applicazione di una pena superiore al minimo
edittale e della negazione delle attenuanti generiche.

richiesto dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni (con l’aggiunta della parola “trenta”
al termine “giorni”) poiché non riguarda circostanze rilevanti ai fini della decisione.
8. Al rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2015

Il Consigliere estensore

7. Non si provvede alla correzione del dispositivo della sentenza impugnata come

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