Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38795 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 38795 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LO IACONO ANTONINO N. IL 17/03/1943
avverso la sentenza n. 43925/2013 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 09/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
SALVO;
le conclusioni del

Data Udienza: 17/06/2014

1. Lo lacono Antonino propone ricorso straordinario avverso la sentenza di
questa Corte — Seconda Sezione penale- ,in data 9-7-2013, che ha dichiarato
inammissibile il ricorso dell’imputato avverso il decreto della Corte d’appello di
Caltanissetta del 25-9-2012.
2.11 ricorrente , con unico , articolato motivo, deduce mancata percezione del
periodo in cui ha avuto termine l’accertata pericolosità del ricorrente,desumibile
dalla data della richiesta, da parte della DIA, di sottoposizione del patrimonio di
Lo lacono alla misura di prevenzione patrimoniale, formulata il 28 luglio
2009,senza che sia stata richiesta altresì la misura personale. La mancata
rilevazione di tale dato si è riverberata negativamente, per il ricorrente, sulla
problematica inerente all’individuazione della legge applicabile, poiché la
confisca è stata disposta sulla base di una legge penale successiva più
sfavorevole. A seguito dell’entrata in vigore della I. 15 luglio 2009 n. 94 ,infatti, il
giudice può applicare una misura di prevenzione patrimoniale anche
prescindendo dalla verifica della pericolosità del proposto. Ma, in tal caso, la
confisca di prevenzione assume natura oggettivamente sanzionatoria, onde si
applicherà ad essa il generale principio di irretroattività di cui all’art. 11 delle
preleggi e non l’art. 200 cod. pen. Tanto più che anche le pronunce della
suprema Corte che, pure in epoca successiva alle innovazioni introdotte dal
cosiddetto “pacchetto sicurezza”, continuano a sostenere l’applicabilità dell’art.
200 cod. pen alle misure di prevenzione patrimoniali si fondano sempre sulla
pericolosità del soggetto in un periodo successivo all’entrata in vigore della
legge. Nel caso in disamina, invece, ci si trova in presenza di una pericolosità
sociale cessata in epoca anteriore all’introduzione del “pacchetto sicurezza”.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1e censure proposte non possono trovare ingresso in questa sede. Il ricorso
straordinario per cassazione è infatti proponibile esclusivamente per porre
rimedio ad errori percettivi che siano stati causati da una svista o da un
equivoco e che abbiano esplicato influenza sul processo formativo della
volontà,sì da condurre a una decisione diversa da quella che sarebbe stata
adottata in mancanza dei predetti errori. Sono dunque estranei all’ambito di
applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche e
l’attribuzione ad esse di un ‘inesatta portata ( Sez. U. 27-3-2002 n. 16103 , Rv.
221280). Così come, più in generale, si esula dall’ambito di operatività della
i

RITENUTO IN FATTO

norma in disamina laddove la decisione abbia comunque

contenuto

valutativo,essendo, in tale ipotesi, configurabile un errore non di fatto bensì di
giudizio (Sez. U. 14-7-2011 n. 37505, Rv. 250527).
1.1. Nel caso in disamina, il ricorrente non lamenta la sussistenza di un errore
percettivo da parte del giudice di legittimità ma, dopo aver premesso che il
ricorso, a suo tempo proposto, è stato dichiarato inammissibile, sollecita una
rinnovata valutazione, in questa sede, della relativa problematica : ciò che esula
Corte di cassazione, nella sentenza oggetto del presente ricorso, ha infatti
rilevato come l’esclusione, nell’ambito del processo penale svoltosi nei confronti
del ricorrente, in ordine al reato di cui all’art. 416 bis cod. pen, della
partecipazione del Lo lacono alle attività del sodalizio criminoso facente capo
alla famiglia mafiosa di Vallelunga, non precluda la possibilità di valutare i
comportamenti del medesimo soggetto che risultino funzionali agli interessi del
sodalizio e che quindi possano integrare i presupposti della pericolosità
qualificata. In quest’ottica, il legame del ricorrente con il sodalizio criminale
emerge non solo dalle dettagliate dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ma
anche dai precedenti riportati dal Lo lacono: elementi ,tutti, legittimamente
considerati indicativi di un costante rapporto di affiliazione del ricorrente con
“Cosa Nostra”. Il giudice a quo ha infatti valutato, prescindendo dall’esito
assolutorio del processo nei confronti del ricorrente, per il reato di cui all’art.
416 bis cod. pen, gli stessi elementi probatori emersi in quel giudizio,unitamente
a quelli acquisiti nel procedimento di prevenzione e rappresentati dalle
dichiarazioni rese dai diversi collaboratori di giustizia,valorizzandoli
congiuntamente, in una prospettiva diversa rispetto a quella del processo
penale, e pervenendo, all’esito, alla formulazione del giudizio di pericolosità
sociale. E le conclusioni alle quali sono pervenuti i giudici, in primo e secondo
grado,risultano pienamente conformi all’orientamento costante di questa
suprema Corte, che ha teorizzato l’autonomia del procedimento di prevenzione
rispetto a quello penale. In tal senso, il giudice della prevenzione è tenuto ad
utilizzare gli elementi costituiti dai precedenti o dalle pendenze giudiziarie del
proposto, con il preciso onere di sottoporre i relativi fatti, ivi compresi quelli che
hanno dato luogo a pronunce assolutorie, a nuova ed autonoma
valutazione,dando atto delle ragioni in virtù delle quali da tali fatti si ritenga di
dover desumere elementi sintomatici, per un giudizio di pericolosità sociale.
2

dall’ambito della cognizione di questa Corte, in sede di ricorso straordinario. La

1.2.Come si vede, il giudice di legittimità ha ampiamente argomentato in merito
alle questioni proposte ,esaminando le doglianze del ricorrente e respingendole
con motivazione insindacabile in questa sede.
2.11 ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro

PQM
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E DELLA SOMMA DI E. 1.000 IN FAVORE DELLA CASSA DELLE AMMENDE.

Così deciso in Roma , all ‘udienza del 17-6-2014.

mille,determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.

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