Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38784 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 38784 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOMA EMANUELE N. IL 22/11/1981
PREITE ORAZIO N. IL 18/04/1984
avverso la sentenza n. 520/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
13/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
AoLo
che ha concluso per

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Data Udienza: 17/06/2014

,

1. Torna Emanuele e Preite Orazio ricorrono per cassazione avverso la sentenza
della Corte d’appello di Lecce, in data 13-6-2013, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna emessa in primo grado, in ordine al delitto
di cui all’art. 337 cod. pen. e , per il Torna , anche in relazione al reato di cui
all’art. 116, comma 13, cds , riqualificato in quello di cui all’art. 73 d.lg 159/11.
2. Torna
deduce, con unico
motivo, violazione di legge e vizio di
motivazione,poiché, nonostante la rituale ammissione dell’esame degli
imputati,i1 primo giudice, considerata l’assenza degli stessi all’udienza del
15/12/2011, malgrado l’opposizione del difensore alla chiusura del dibattimento
e la richiesta di rinvio per procedere all’esame degli imputati, non ha ritenuto di
fissare un’altra udienza, impedendo, di fatto, l’espletamento di tale incombente.
3. Preite deduce violazione di legge e vizio di motivazione in merito al concorso, da
parte sua, nella condotta posta in essere dal Torna e consistente
nell’effettuare,secondo una sua esclusiva e personale decisione, estemporanee
manovre, con il veicolo da lui condotto, al fine di sottrarsi al controllo da parte
dei pubblici ufficiali, essendo il Torna ben consapevole di essere sprowisto del
documento abilitante alla guida, senza che il Preite avesse la possibilità di
scendere dal veicolo, che era in corsa. L’asserito rapporto di amicizia esistente
tra il Preite e il Torna non giustifica , d’altronde, la conclusione che il primo fosse
a conoscenza che al Toma era stata applicata la misura della sorveglianza
speciale di pubblica sicurezza ed era stata revocata la patente di guida e ancor
meno la conclusione che il Preite abbia concertato con il coimputato le
anzidette,spericolate manovre, tanto più che egli, che non aveva alcun motivo
per sfuggire agli operanti, scese dall’auto,a1 termine dell’inseguimento, senza
opporre resistenza alcuna.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La censura formulata dal Torna è manifestamente infondata. Al riguardo, la
Corte d’appello ha evidenziato che, pur essendo stato ammesso l’esame degli
imputati, all’udienza del 15/12/2011, a fronte della loro assenza in
contumacia, che peraltro durava da ben tre udienze, non si giustificava un
rinvio ad altra udienza, al solo fine di procedere all’assunzione di tale prova. A
ciò può aggiungersi, in questa sede, che, qualora l’imputato rimanga
volontariamente assente nell’udienza dibattimentale fissata per il suo
esame,legittimamente il giudice può dare lettura delle dichiarazioni da lui rese
i

RITENUTO IN FATTO

nella fase delle indagini preliminari, come previsto dall’art. 513, comma 1,cod.
proc. pen.,senza disporre il rinvio dell’udienza, al fine di espletare tale prova.
L’esame dell’imputato infatti si configura come mezzo di prova rimesso alla
disponibilità della parte e non può essere reso in qualsiasi momento
processuale (Cass. Sez. 1,n. 9628 del 3-7-1998,Rv. 211280; Sez. 3, n. 9135 del
24-1 2008 , Rv. 239054; Sez. 6 24-9-1996, Macrì, Rv. 206015). È dunque
legittima la revoca dell’ordinanza di ammissione allorché l’imputato non sia
alcun impedimento o adducendo un impedimento ritenuto non legittimo dal
giudice (Cass. Sez. 1, n. 40317 del 10-11-2006, Rv. 235110).Non
sussiste,d’altronde, alcuna concreta menomazione del diritto di
difesa,potendo l’interessato avvalersi della facoltà di rendere dichiarazioni
spontanee e di domandare per ultimo la parola, ai sensi degli artt. 494,comma
1, e 523, comma 5, cod. proc. pen. ( Cass. Sez. 6, n. 9712 del 6-4-1995,
Primavera , Cass. pen. 1996 , 3672; Sez. 4, n. 47345 del 3-11-2005 , Rv.
233179; Sez .1 n. 6515 del 27-4-1998, Cass. pen. 1999, 2944).
2.Le doglianze formulate dal Preite sono invece fondate. In tema di sindacato
del vizio di motivazione , infatti , il compito del giudice di legittimità non è
quello di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a
quella compiuta dai giudici di merito, bensì di stabilire se questi ultimi
abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione , se abbiano fornito
una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta
alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della
logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di
determinate conclusioni a preferenza di altre ( Sez. U.,13-12-1995, Clarke, Rv.
203428). Il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del
provvedimento impugnato deve pertanto essere volto a verificare che
quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le
ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia
“manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da
argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole
della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero sia esente da
antinomie e da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o tra le
affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con
“altri atti del processo” ,indicati in termini specifici ed esaustivi dal
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comparso all’udienza stabilita per l’espletamento dell’esame, non adducendo

ricorrente,nei motivi posti a sostegno del ricorso, in misura tale da risultare
radicalmente inficiata sotto il profilo logico (Cass.Sez. 1,

n. 41738 del

19/10/2011, Rv. 251516).
2.1.Nel caso in disamina, l’apparato logico posto a base della sentenza di
secondo grado non è esente da vizi , non evincendosi con chiarezza sulla
base di quali argomentazioni i giudici di merito siano pervenuti all’asserto
del ragionevole dubbio e a supportare adeguatamente la declaratoria di
responsabilità. La Corte territoriale si è infatti limitata a rilevare come il Preite
avesse consentito al suo amico Toma di guidare la sua autovettura e come il
ricorrente , che avrebbe ben potuto manifestare una qualche forma di
dissenso,fosse rimasto regolarmente al suo posto nel momento in cui il Toma,
alla vista dei militari,aveva bloccato l’auto, spento i fari ed effettuato
retromarcia,collocando il mezzo in una strada chiusa, per poi ripartire, a folle
velocità, nel senso opposto a quello da cui era giunto.
L’apparato giustificativo del decisum non può però ridursi alla semplice
riproduzione delle risultanze acquisite, dovendo il giudice elaborare
razionalmente il materiale probatorio disponibile e dare puntuale risposta alle
argomentazioni difensive ( Sez. 6 ,n. 34042 del l’ 11-2-2008, Napolitano). La
Corte territoriale avrebbe dunque dovuto chiarire le ragioni per le quali ha
ritenuto inattendibile la prospettazione difensiva secondo la quale le
spericolate manovre, volte a sfuggire ai militari, erano frutto di una
determinazione volitiva autonoma ed esclusiva del Toma. Questa
prospettazione era perfettamente in linea con le risultanze acquisite ed
enucleabili dalla trama motivazionale della pronuncia in disamina , poichè il
giudice a quo non mette in dubbio che solo il Torna avesse interesse ad
evitare il controllo della polizia giudiziaria, poiché guidava il veicolo con
patente revocata, e che, per contro, le manovre effettuate dal Torna, ad
altissima velocità e a fari spenti, fossero pericolose anche per l’incolumità del
Preite, che dunque non aveva alcun interesse ad incitare il coimputato ad
effettuarle. Qualora dunque la prospettazione difensiva sia estrinsecamente
riscontrata da alcuni dati oggettivi, il giudice deve farsi carico di confutarla
specificamente,dimostrandone in modo rigoroso l’inattendibilità, attraverso
un adeguato apparato argomentativo. Viceversa,risulta completamente
estranea al tessuto motivazionale della pronuncia impugnata la
3

relativo alla sussistenza di un sostrato probatorio idoneo a valicare la soglia

tematizzazione del profilo inerente alla configurabilità,in capo al Preite, di una
semplice connivenza e non di un concorso. Costituisce infatti ius receptum,
nella giurisprudenza di questa Corte , che il ruolo concorsuale di un soggetto
possa esplicarsi attraverso le condotte più varie. L’attività costitutiva del
concorso può infatti essere rappresentata da qualsiasi comportamento che
fornisca un apprezzabile contributo alla realizzazione dell’altrui proposito
criminoso o che agevoli l’opera del concorrente ,in tutte o in alcune delle fasi
(istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto; agevolazione della
sua preparazione o consumazione; autorizzazione o approvazione per
rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso :Sez. U.30-10-2003,n 45276
, Cass. pen 2004, 811; Cass. Sez. 1, 17-1-2008, n. 5631, Rv. 238648; Sez 1, 182-2009 n.10730, Rv. 242849). Ne deriva che la distinzione tra connivenza non
punibile e concorso nel reato risiede nel fatto che la prima postula che
l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad
apportare un contributo alla realizzazione del reato, mentre, nel concorso, è
richiesto un contributo partecipativo, morale o materiale, alla condotta
criminosa altrui, caratterizzato, sotto il profilo psicologico , dalla coscienza e
volontà di arrecare un apporto concorsuale alla realizzazione dell’evento
illecito ( Cass. , Sez. 6, 18-2-2010 n. 14606, Rv. 247127).Dunque il concorso si
realizza non soltanto con la partecipazione all’esecuzione materiale ma anche
con qualsiasi condotta cosciente e volontaria, diretta a rafforzare l’altrui
proposito criminoso ( Cass. Sez.2, 28-2-2007, n. 16625, Giust. pen. 2007, Il,
622), anche solo assicurando al concorrente un maggiore senso di sicurezza e
uno stimolo all’agire ( Cass. Sez. 1, 14-2-2006 n. 15023, Rv. 234128). Il
contributo concorsuale assume rilevanza non solo allorché si ponga come
condicio sine qua non dell’evento lesivo ma anche quando assuma la forma di
un contributo di agevolazione ( Cass. Sez 6, 20-1-2003,n.11878, Foro it.,2004,
Il, 625; Sez 5, 13-4-2004 n.21082, Rv.229200; Sez. 4, 22-5-2007, n.24895, Rv.
236953)e di rafforzamento di un proposito criminoso già esistente nel
concorrente, secondo quanto appena precisato.
Dunque la Corte territoriale avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali ha
ritenuto di ravvisare un concorso del Preite, nel reato materialmente
commesso dal Toma; in che cosa sia consistito il contributo concorsuale
offerto dal ricorrente e per quale motivo abbia ritenuto di espungere
dall’ambito del plausibile l’ipotesi della mera connivenza.
4

di ideazione,organizzazione ed esecuzione della condotta criminosa

3.Più in generale, occorre osservare come il giudice sia tenuto ad interrogarsi in
merito alla plausibilità di spiegazioni alternative alla prospettazione
accusatoria,qualora esse vengano additate dall’oggettività delle acquisizioni
probatorie. La regola di giudizio compendiata nella formula dell'”al di là di ogni
ragionevole dubbio” impone infatti al giudicante l’adozione di un metodo dialettico
di verifica dell’ipotesi accusatoria , volto a superare l’eventuale sussistenza di dubbi
intrinseci a quest’ultima , derivanti, ad esempio , da autocontraddittorietà o da
disamina,all’esistenza di ipotesi alternative dotate di apprezzabile verosimiglianza e
razionalità (Cass., Sez 1,n.4111 del 24-10-2011, Rv. 251507) . Può infatti addivenirsi
a declaratoria di responsabilità , in conformità al canone dell'”oltre il ragionevole
dubbio”, soltanto qualora la ricostruzione fattuale a fondamento della pronuncia
giudiziale espunga dallo spettro valutativo soltanto eventualità
remote,astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura
ma la cui effettiva realizzazione , nella fattispecie concreta , risulti priva del benché
minimo riscontro nelle risultanze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine
naturale delle cose e dell’ordinaria razionalità umana ( Sez 1 n. 17921 del 3-3-2010
, Rv. 247449 ; Sez. 1 n. 23813 dell’8-5-2009 , Rv. 243801 ; Sez. 1, n. 31456 del 21-52008 , Rv. 240763) . La condanna al di là di ogni ragionevole dubbio implica
che,laddove venga prefigurata una ipotesi alternativa, siano individuati gli
elementi di conferma della prospettazione fattuale accolta , in modo che risulti
l’irrazionalità del dubbio derivante dalla sussistenza dell’ipotesi alternativa stessa (
Sez. 4, n.30862 del 17-6-2011, Rv. 250903 ; Sez 4, n. 48320 del 12-11-2009 , Rv.
245879). Obbligo che , nel caso sub iudice , non può dirsi adempiuto dalla Corte
d’appello,che si è trincerata dietro l’apodittica affermazione secondo cui l’essere
rimasto regolarmente al suo posto denoterebbe la condivisione in toto del modus
agendi dell’amico , che era alla guida del veicolo. Occorre , a tale proposito ,
sottolineare come sia erronea l’affermazione secondo la quale dalla mancanza di
una manifestazione di dissenso sia possibile inferire una responsabilità a titolo di
concorso. Al di fuori dei casi in cui il soggetto abbia un obbligo giuridico di
intervenire per impedire la commissione di un reato, nulla è possibile desumere
dalla mancata manifestazione di un dissenso all’altrui agire illecito, a meno che
quest’ultima , per le peculiarità del caso in disamina, non assuma il significato di
una chiara adesione alla condotta dell’autore del reato e serva a fornirgli stimolo
all’azione (Cass. 11-3-1997, Perfetto , Rv. 207582).11 giudice deve dunque valutare
con rigore logico il comportamento dell’imputato, onde cogliere gli aspetti
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incapacità esplicativa, o estrinseci, in quanto connessi, come nel caso in

sintomatici, atti ad inquadrare la condotta del presunto concorrente in termini di
compartecipazione criminosa o di semplice connivenza o mera adesione
morale,penalmente irrilevante (Cass. 25-11-1994, Soldano, Rv. 199890). Tanto più
che, nel caso di specie, al comportamento consistito nel rimanere al proprio posto
non poteva annettersi significazione univoca, potendo anche trattarsi di una
condotta necessitata poiché il veicolo era in movimento, ad alta velocità.
dovuto quindi

merito avrebbe

ricostruire, con

precisione,l’accaduto,in stretta aderenza alle risultanze processuali, e verificare se
queste ultime , valutate non in modo parcellizzato ma in una prospettiva unitaria e
globale , potessero essere ordinate in una costruzione razionale e coerente , di
spessore tale da prevalere sulla versione difensiva e da approdare sul solido
terreno della verità processuale ( Cass. 25-6-1996, Cotoli , Rv. 206131),facendo uso
di massime di esperienza consolidate e affidabili e non di mere congetture , come
quella secondo la quale sarebbe ragionevole ritenere che , dato il rapporto di
amicizia fra il Torna e il Preite, quest’ultimo fosse al corrente che la patente di guida
era stata revocata al Torna. E, al riguardo, occorre notare come la giurisprudenza di
legittimità abbia tracciato un netto discrimen tra massima di esperienza e mera
congettura: una massima di esperienza è un giudizio ipotetico a contenuto
generale, indipendente dal caso concreto , fondato su ripetute esperienze ma
autonomo da esse , e valevole per nuovi casi ( Cass Sez. 6,n.31706 del 7-3-2003 ,
Abbate , Rv. 228401). Si tratta dunque di generalizzazioni empiriche , tratte , con
procedimento induttivo , dall’esperienza comune , che forniscono al giudice
informazioni su ciò che normalmente accade, secondo orientamenti largamente
diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la decisione.
Dunque, nozioni di senso comune (common sense presumptions ) , enucleate da
una pluralità di casi particolari, ipotizzati come generali, siccome regolari e
ricorrenti, che il giudice in tanto può utilizzare in quanto non si risolvano in semplici
illazioni o in criteri meramente intuitivi o addirittura contrastanti con conoscenze e
parametri riconosciuti e non controversi . Nelle massime di esperienza , il dato è
connotato da un elevato grado di corroborazione correlato all’esito positivo delle
verifiche empiriche cui è stato sottoposto e quindi la massima può essere formulata
sulla base dell’id quod plerumque accidit. La congettura invece si iscrive
nell’orizzonte della mera possibilità sicchè la massima è insuscettibile di riscontro
empirico e quindi di dimostrazione. Pertanto , nella concatenazione logica di vari
sillogismi, in cui si sostanzia la motivazione, possono trovare ingresso soltanto le
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4.11 giudice di

massime di esperienza e non, come nel caso in disamina, le mere congetture ( Cass
22-10-1990, Grilli , Arch n. proc. pen. 1991 , 469).
5.Non può pertanto affermarsi che i giudici di secondo grado abbiano

preso

adeguatamente in esame tutte le deduzioni difensive né che siano pervenuti alla
conferma della sentenza di prime cure attraverso un itinerario logico-giuridico
immune da vizi, sotto il profilo della correttezza logica; sulla base di
illogicità e di un apparato logico coerente con una esauriente analisi delle risultanze
agli atti ( Sez. U. 25-11-1995, Facchini, Rv. 203767).
La sentenza impugnata va dunque annullata nei confronti del Preite, con rinvio, per
nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce. Il ricorso del Torna va
invece dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000 a favore della Cassa
delle ammende.

PQM
ANNULLA NEI CONFRONTI DEL PREITE LA SENTENTA IMPUGNATA E RINVIA PER NUOVO GIUDIZIO AD ALTRA
SEZIONE DELLA CORTE D’APPELLO DI LECCE. DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO DEL TOMA, CHE
CONDANNA AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI E DELLA SOMMA DI EURO 1.000 A FAVORE DELLA
CASSA DELLE AMMENDE.

Così deciso in Roma , all ‘udienza del 17-6-2014 .

apprezzamenti di fatto esenti da connotati di contraddittorietà o di manifesta

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