Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38779 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38779 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Veneri Alberto, nato a Pegognaga il 27-05-1952
avverso la sentenza del 11-12-2013 del tribunale di Mantova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Paolo Canevelli che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito per il ricorrente

Data Udienza: 13/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Alberto Veneri ricorre personalmente per cassazione impugnando la
sentenza con la quale il tribunale di Mantova lo ha condannato alla pena di €
4.000,00 di ammenda per il reato previsto dall’articolo 137 decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 in concorso con altre persone esecutori materiali dello
spandimento agronomico degli affluenti di allevamento perché, nella qualità di
legale rappresentante della ditta agricola omonima utilizzatrice degli effluenti di

utilizzava effluenti di allevamento in periodo non indicato sul P.U.A. nonché in
quantità superiore a quella indicata sul piano di utilizzazione agronomica
dell’azienda. Reato commesso in data 5 e 12 novembre 2010.

2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza il ricorrente ha proposto
appello, convertito in ricorso per cassazione, affidato a due motivi di gravame,
qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disposizione di attuazione codice di
procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo deduce l’insussistenza del reato sul rilievo che le
prove assunte in dibattimento non hanno fornito alcuna prova circa la violazione
dell’articolo 137, comma 14, decreto legislativo 152 del 2006 rispetto ai
quantitativi indicati dalla PUA, mentre è stata esclusa dallo stesso giudice la
violazione del limite temporale fissato dal PUA stesso.
2.2. Con il secondo motivo si duole della eccessività della pena tenuto conto
che, considerata la formulazione piuttosto generica del capo di imputazione e le
risultanze probatorie che hanno escluso lo spandimento di liquami al di fuori del
periodo di divieto, la pena comminata di Euro 4.000,00 è apparsa eccessiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e perché presentato
fuori dei casi consentiti.

2. Quanto al primo motivo di gravame, va ricordato come dal testo della
sentenza impugnata risulti che, a seguito dell’espletata istruttoria, è emerso che
il ricorrente aveva ricevuto dall’azienda agricola Saab reflui zootecnici
provenienti da liquame bovino contenenti azoto che poi impiegava a scopo di
fertirrigazione su un terreno in Gonzaga da lui condotto in affitto. Lo
spandimento avveniva sulla base di un piano di utilizzazione agronomica (d’ora
in poi PUA) secondo il quale entro il 10 novembre 2010 avrebbero potuto essere
versati al massimo 729,94 m 3 di effluenti. Tuttavia, a partire dal 3 novembre

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allevamento, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,

2010 e nei giorni immediatamente successivi, personale della polizia municipale
constatò un intenso traffico di tre autobotti della capacità di 200 quintali che
effettuavano numerosi viaggi tra l’azienda agricola Saab e il fondo del ricorrente.
Gli operanti si recarono presso la Saab e fotografarono le vasche di accumulo
contenenti i reflui utilizzati dal ricorrente per lo spandimento, della capacità di
1789 m 3 e del diametro di 20,46 metri ciascuna, trovandole quasi trascinanti. A
seguito di una seconda verifica, notarono che il livello delle vasche si era
decisamente abbassato sotto la soglia di tracimazione e nei giorni

grande quantità di viaggi per quattro o cinque ore continue, alternandosi tra
loro, tra l’azienda Saab ed il terreno del Veneri, dove veniva versato il contenuto
delle botti.
Infine gli operanti si recarono nuovamente presso la Saab e verificarono che
il livello delle vasche di accumulo si era ulteriormente e sensibilmente abbassato
di circa 3 metri, per valore indicativo di reflui prelevati pari a circa 1800 m 3 e
venne inoltre accertato che il ricorrente era l’unico soggetto che si riforniva da
quelle vasche.
Sulla base delle predette risultanze processuali è stato ritenuto che il
ricorrente avesse operato lo spandimento oltre i limiti quantitativi consentiti,
essendo risultato che egli aveva acquistato dalla Saab azoto proveniente da
refluo zootecnico pari a 16.418,93 m 3 di liquame bovino mentre nel PUA era
indicata la quantità massima che era possibile espandere nel mese di novembre
2010 pari a 729,94 m 3 nel terreno oggetto della contestazione.
Il tribunale è pervenuto alla conclusione che questa soglia fosse stata
ampiamente superata sul rilievo che fu verificato un intenso traffico di ben tre
autobotti nell’arco di pochi giorni (dal 3 al 7 novembre) che durò diverse ore ed il
cui tragitto era sempre il medesimo tra la Saab e il fondo del ricorrente, il quale
peraltro era l’unico soggetto che si riforniva da quell’azienda.
Si trattava di autobotti della capienza ciascuno di 200 quintali, come risulta
dal registro dei mezzi, e, per evidenti ragioni di economicità, è stato ritenuto del
C
tutto verosimile che viaggi non venissero effettuati a metà carico ma utilizzando
la massima capacità disponibile delle cisterne. Contestualmente vi fu la
diminuzione sostanziale del livello delle vasche da cui le autobotti si
approvvigionavano, stimata in circa 1800 m 3 sulla scorta dell’abbassamento
documentato con i rilievi fotografici. Il tribunale ha pertanto ritenuto trattarsi di
una valutazione attendibile perché il diametro di ciascuna vasca era di 20,46 m
mentre l’abbassamento del livello dei reflui era pari a circa 3 metri.
A tale approdo, il giudice del merito è giunto anche applicando la formula
matematica per il calcolo del volume mancante e ribadendo che la frequenza dei
viaggi effettuati tra il 3 e il 7 novembre moltiplicata per la capacità delle

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immediatamente seguenti furono ancora notate le autobotti effettuare una

autobotti denotava l’intenzione di spandere una grande quantità di reflui prima
che scattasse il divieto a partire dal 10 del mese, oltre il quale il solo fatto di
trasportare di liquami era vietato.
Al cospetto di una motivazione adeguata e completa, priva di vizi logici, il
ricorrente solleva censure fattuali non consentite nel giudizio di legittimità
obiettando che il tribunale avrebbe conseguito la prova del superamento dei
limiti quantitativi sulla base di presunzioni, senza che fosse stato fatto alcun
rilievo in ordine al contenuto sulle autobotti e sulle vasche a cielo aperto dalle

Tuttavia il ricorrente omette di confrontarsi con la motivazione della
sentenza impugnata e con i rigorosi passaggi argomentativi utilizzati dal giudice
del merito sulla base delle evidenze disponibili ed in precedenza riassunti,
connotandosi, in tal modo, il motivo proposto per la sua assoluta genericità.
Correttamente quindi il tribunale ha ritenuto che il ricorrente effettuò
pratiche di fertirrigazione superando i limiti quantitativi imposti dalla PUA
incorrendo nella violazione contestata posto che, in tema di tutela delle acque
dall’inquinamento, l’utilizzazione agronomica dei reflui provenienti da attività
d’allevamento del bestiame, al di fuori dei casi o dei limiti consentiti, continua ad
integrare il reato previsto dall’art. 137, comma quattordicesimo, del D.Lgs. n.
152 del 2006 (Sez. 3, n. 26532 del 21/05/2008 Calderone, Rv. 240553).

3. Anche il secondo motivo, con il quale il ricorrente lamenta l’eccessività
della pena irrogata, è inammissibile sul rilievo che il tribunale ha applicato la
pena pecuniaria rispetto a quella detentiva alternativamente prevista per
l’integrazione della fattispecie incriminatrice e che la pena pecuniaria si è
assestata al di sotto della media edittale, conseguendo da ciò la manifesta
infondatezza della proposta doglianza.

4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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quali provenivano i liquami.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 13/05/2015

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