Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38751 del 08/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 38751 Anno 2015
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ALESSANDRO LUIGI N. IL 18/11/1952
avverso l’ordinanza n. 3/2015 TRIB. LIBERTA’ di CHIETI, del
12/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO;

Data Udienza: 08/05/2015

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. G. Mazzotta, che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
Udito altresì per il ricorrente l’avv. M. Marini Misterioso, che si è riportato ai
motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 12/02/2015, il Tribunale di Chieti ha rigettato

ad indagini in ordine al reato di cui all’art. 595, commi primo e terzo, cod. pen.
in danno di Ottavio Pantalone – avverso il provvedimento in data 17/01/2015 con
il quale il giudice delle indagini preliminari del medesimo Tribunale ha disposto il
sequestro preventivo di alcuni manifesti affissi per le strade di San Martino sulla
Marruccina e intitolati “Perché tutti sappiano”: in detti manifesti, fatti affiggere
dall’indagato, si accusava Pantalone di aver costruito un fabbricato in violazione
di leggi statali inderogabili e sulla base di provvedimenti amministrativi illegittimi
e di aver realizzato diversi fabbricati pur non svolgendo alcuna attività
economica. Osserva il giudice del riesame che non può dubitarsi del contenuto
diffamatorio dei manifesti, laddove si accusa Pantalone di un reato, consistito
nella realizzazione di opere edilizie in violazione della normativa vigente e
ricorrendo all’impiego di risorse di non chiara provenienza. Quanto all’asserita
veridicità dei fatti, osserva ancora l’ordinanza impugnata, essa non opera come
scriminante nella presente fase di giudizio, trattandosi di valutazione posticipata
ex lege al successivo giudizio di merito.

2. Avverso l’ordinanza del Tribunale di Chieti ha proposto ricorso per
cassazione D’Alessandro Luigi, attraverso il difensore avv. M. Marini Misterioso,
denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – violazione o erronea applicazione della
legge penale e dell’art. 325 cod. proc. pen.
Il ricorrente non ha accusato Pantalone delle condotte indicate nell’ordinanza
impugnata, ma ha criticato l’autorità competente al rilascio della illegittima
concessione edilizia, né di aver impiegato risorse economiche di non chiara
provenienza, essendosi limitato ad affermare che lo stesso non svolge attività
lavorativa e non ha altri redditi pubblicamente noti.
Il Tribunale di Chieti assume il principio per il quale la veridicità del fatto non
opererebbe come scriminante in questa fase richiamando a sostegno
dell’affermazione “l’art. 595 cpp”: né l’art. 595 cod. proc. pen., né l’art. 595 cod.
pen. hanno attinenza con il principio indicato, mentre quando la prova della

la richiesta di riesame proposta nell’interesse di D’Alessandro Luigi – sottoposto

veridicità del fatto è dimostrato già in atti documentalmente, il giudice non può
posticipare gli effetti della relativa declaratoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è in parte fondato.
Secondo l’insegnamento della Sezioni unite di questa Corte, condiviso dal
Collegio, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di

nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia
quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo
posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti
minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del
29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692; conf. S.U., 29 maggio
2008 n. 25933, Malgioglio, non massimata sul punto).
Siffatti vizi non sono ravvisabili nella parte dell’ ordinanza impugnata
relativa al contenuto diffamatorio dei manifesti diffusi dall’indagato: le doglianze
del ricorrente – laddove definiscono il prospettato “significato” di tale contenuto
– deducono, al più, vizi motivazionali dell’ordinanza impugnata insindacabili in
questa sede.
Fondate, invece, sono le censure relative alla questione della veridicità delle
affermazioni contenute nei manifesti, questione rispetto alla quale l’ordinanza
impugnata non risulta connotata da requisiti di coerenza sufficienti a rendere
comprensibile il percorso argornentativo e, comunque, non è in linea con il
principio di diritto, condiviso dal Collegio, in forza del quale, in tema di
diffamazione, il sequestro preventivo di un mezzo di comunicazione diverso dalla
stampa può essere disposto solo se non emerga

ictu ocull la probabile

sussistenza di una causa di giustificazione e, in particolare, di quella dell’esercizio
del diritto di cronaca e di critica, sicché il giudice non può, quanto al fumus

commissi delicti, avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma
deve tenere conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze
processuali e della effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti
(così, in una fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento di
sequestro di un articolo giornalistico pubblicato su un “sito web” al fine
dell’accertamento della veridicità dei fatti riferiti e della verifica della loro
esposizione con la dovuta continenza, Sez. 5, n. 10594 del 05/11/2013 – dep.
05/03/2014, Montanari e altri, Rv. 259889). Né in senso contrario, può
argomentarsi sulla base del divieto di

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exceptio veritatis,

posto che, come

sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale

affermato da questa Corte, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente
orientata dell’art. 596, comma primo, cod. pen., tale disciplina non può trovare
applicazione qualora l’autore del fatto incriminato abbia agito nell’esercizio di un
diritto, ex art. 51 cod. pen. e, quindi, in ogni caso in cui si prospetti il legittimo
esercizio del diritto di critica (Sez. 5, n. 1369 del 05/11/2008 – dep. 15/01/2009,
Popolano e altri, Rv. 242957).
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata nella parte relativa
alla configurabilità della causa di giustificazione dell’esercizio del diritto di critica;

configurabilità, nel caso di specie, dell’esercizio del diritto di critica alla luce del
principio di diritto richiamato (Sez. 5, n. 10594 del 05/11/2013 – dep.
05/03/2014, Montanari e altri, Rv. 259889) e dei principi affermati dalla
giurisprudenza di questa Corte in ordine ai limiti di tale esercizio ai fini della
sussistenza della causa di giustificazione, conservando nel merito piena
autonomia di giudizio nella ricostruzione dei dati di fatto e nella valutazione di
essi (Sez. 1, n. 803 del 10/02/1998, dep. 10/03/1998, Scuotto. Rv. 210016) e,
dunque, la libertà di determinare il proprio convincimento di merito mediante
un’autonoma valutazione della situazione di fatto concernente il punto annullato
e con gli stessi poteri dei quali era titolare il giudice il cui provvedimento è stato
cassato (Sez. 1, Sentenza n. 7963 del 15/01/2007, dep. 26/02/2007, PG in proc.
Pinto, Rv. 236242).

P.Q.M.

Annulla l’impugnato provvedimento con rinvio al Tribunale di Chieti per
nuovo esame.
Così deciso il 08/05/2015.

quale giudice del rinvio, il Tribunale di Chieti procederà all’accertamento della

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