Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38747 del 28/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 38747 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CECCONI LUCA N. IL 19/08/1960
avverso l’ordinanza n. 2/2015 TRIB. LIBERTA’ di ANCONA, del
09/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA
(BERARD
lette/sentite le e enclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Bogiv2e2

Data Udienza: 28/04/2015

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza in data 9/1/2015 il Tribunale di Ancona/Sezione Riesame,confermava nei
confronti di Cecconi Luca il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP in Sede,in data
11.10.2014,inerente alla somma di euro 73.300.264,30 ritenuta provento dei reati di cui agli
artt.479 e 416 CP.ascritti al prevenuto.
Nella specie dal testo del provvedimento si desume che la Guardia di Finanza aveva svolto

organizzatore il Cecconi,dedito al contrabbando di prodotti della M.I.T. che risultavano immessi
nell’ambito della Unione Europea,eludendo il pagamento dei diritti di confine. In base a tali
risultanze il GIP aveva disposto il sequestro delle somme costituenti il profitto dei reati di
associazione per delinquere e contrabbando, corrispondente alle accise evase, ritenendo
sussistenti i presupposti del “fumus delicti” e del “periculum in mora”-Innanzi al giudice del riesame la difesa aveva addotto elementi per contestare l’esistenza del
“funnus delicti”(come riportato nell’ordinanza a f1.2).
Il Tribunale aveva disatteso l’istanza di riesame,osservando infine che:
Anche a voler concedere che alcuni degli elementi sopra individuati dai difensori come
erroneamente fondanti i gravi indizi di colpevolezza a carico del Cecconi siano effettivamente
non univoci e diversamente interpretabili,vi sono comunque altre circostanze che conducono a
ritenere assolutamente inverosimile che il responsabile della società per i clienti esteri fosse
all’oscuro di un’attività illecita così ben organizzata e strutturata da concretizzarsi in ben 42
transazioni fittizie,soggiungendo che “le anomalie erano talmente evidenti che anche i semplici
dipendenti dello stabilimento di Chiara valle le avevano percepite ed avevano iniziato ad essere
sospettosi e diffidenti verso il De Luca,fiduciario di Tarli e Cecconi-circostanza questa che
emerge chiaramente dalle intercettazioni)->

Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore,deducendo:
1-violazione di legge inerente alle disposizioni di cui agli art.3 e 11 I.n.146/2006A riguardo evidenziava che erroneamente era stata ipotizzata l’associazione per delinquere
richiamandosi l’art.3 della legge citata essendo pacifico il dato del mancato collegamento tra gli
indagati ed ulteriori gruppi organizzati(conne si desumeva dal Capo A) enunciato nel decreto di
sequestro preventivo)In tal senso la difesa censurava la decisione,in quanto riteneva carenti i presupposti del
sequestro operato in base all’art.11 I. n.146/2006,non ricorrendo le condizioni per ipotizzare
un’associazione transnazionaleLa difesa richiamava a sostegno del gravame il principio enunciato dalle Sezioni Unite (n.18374
del 2013)secondo cui la predetta ipotesi di reato postula che il gruppo organizzato impegnato
in attività illecite in più stati,abbia contribuito alla commissione del reato associativo. A

indagini inerenti alla attività del sodalizio,del quale si riteneva essere promotore e

riguardo il ricorrente rilevava che nella specie non erano stati identificati i punti di
collegamento tra gli indagati e coloro che avrebbero cooperato all’estero.
In base a tali rilievi censurava la decisione,ritenendo insussistente il “fumus delicti”2-con ulteriore motivo censurava il provvedimento ritenendo insussistenti i presupposti
dell’aggravante ascritta in relazione al delitto di associazione per delinquere sub A)-

RILEVA IN DIRITTO

Invero,premesso che dal testo dell’ordinanza impugnata si evince la compiuta analisi dei
presupposti che legittimano l’applicazione della misura cautelare reale,e che trattasi di
sequestro avente ad oggetto le somme definite quali provento dei reati e soggette alla confisca
,ai sensi dell’art.11 della legge n.146 del 2006,essendo corrispondenti all’entità dei tributi
evasi,si osserva che pertanto non è ravvisabile alcuna violazione di legge,inerente alla
applicazione degli artt.321 e 324 CPP.
Tanto premesso ,deve rilevarsi,che il ricorso risulta articolato essenzialmente sulla carenza del
quadro indiziario e sulla erronea qualificazione giuridica dei fatti ascritti al ricorrente;
-tali censure si traducono nel tentativo di proporre diversa interpretazione delle risultanze di
indagini della Guardia di Finanza,avvalorate dal Tribunale che ha reso conto dei presupposti
della misura cautelare reale.
Va sul punto evidenziato quanto stabilito da questa Corte,dal momento che ,in tema di riesame
del sequestro ,l’accertamento sulla sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il
profilo della congruità degli elementi rappresentati,che non possono essere censurati sul piano
fattuale ,per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali,ma che vanno
valutati così come esposti al fine di verificare se essi consentono-in una prospettiva di
ragionevole probabilità-di inquadrare l’ipotesi formulata dall’accusa in quella tipica<(Cass.RV 36538/2003)

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