Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38737 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 38737 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OKORONKWO IKECHUKWU, nato il 17/08/1971
avverso l’ordinanza n. 429/2012 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di
PALERMO, del 30/03/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale in persona del Sostituto
designato, che ha chiesto rigettarsi Il ricorso e condannarsi la parte
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Data Udienza: 05/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30 marzo 2012 il Tribunale di sorveglianza di Palermo
ha dichiarato inammissibile l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale,
avanzata da Okoronkwo Ikechukwu, in atto detenuto presso la Casa
circondariale di Palermo in espiazione della pena residua di anni due, mesi tre e
giorni tredici di reclusione giusta sentenza del 6 aprile 2007 della Corte d’appello
di Roma per i reati di cui agli artt. 74 (capo A) e 73 (capo B) d.P.R. n. 309 del

Il Tribunale rilevava, a ragione della decisione, che:
– era ancora in espiazione la parte di pena relativa al reato associativo,
essendo stata determinata la pena ex art. 81 per i reati “satelliti” in mesi cinque
e giorni dieci di reclusione, già ridotta per il rito;
– ricorreva, pertanto, la preclusione assoluta di cui all’art. 4-bis, comma 1,
primo periodo, Ord. Pen.;
– non poteva ritenersi superata detta preclusione all’ammissione del
beneficio penitenziario alla luce delle prospettate ragioni difensive, poiché il
volontario rientro del condannato straniero, il suo possibile reinserimento in
Italia e il ridimensionamento del suo ruolo nell’associazione nulla provavano circa
la sua collaborazione con la giustizia e la cessazione dei suoi collegamenti con la
criminalità organizzata.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, il condannato, che ne chiede l’annullamento sulla base di unico
motivo, con il quale denuncia violazione dell’art. 4-bis, comma 1-bis, legge n.
354 del 1975, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, dalla escludibilità dell’attualità dei suoi collegamenti
con la criminalità organizzata, dall’accertata sua limitata partecipazione al fatto
criminoso e dall’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità con
sentenza irrevocabile discendeva la non concreta possibilità e quindi la
inesigibilità di una sua utile collaborazione con la giustizia, mentre il Tribunale
aveva omesso di sottoporre a effettivo vaglio le ragioni che fondavano
l’ammissibilità e l’accoglibilità della richiesta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2

1990, commessi fino al febbraio 2004.

2. È consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui,
al fine del superamento delle condizioni ostative alla fruizione di determinati
benefici penitenziari stabilite dal combinato disposto degli artt.

4-bis e 58-ter

Ord. Pen. e 2 legge n. 203 del 1991, è necessario, alla luce dei principi espressi
nelle sentenze della Corte Costituzionale n. 306 del 1993, n. 357 del 1994 e n. 68
del 1995, che nell’istanza il condannato prospetti, almeno nelle linee generali,
elementi specifici circa l’impossibilità o l’irrilevanza della sua collaborazione, così
da consentire l’esame del merito dell’istanza stessa (tra le altre, Sez. 1, n. 2923

27/02/2002, dep. 29/03/2002, Loier, Rv. 221079; Sez. 1, n. 43226 del
06/12/2002, dep. 19/12/2002, De Tommaso, Rv. 222894; Sez. 1, n. 39795 del
26/09/2007, dep. 26/10/2007, Gioco, Rv. 237741; Sez. 1, n. 18658 del
12/02/2008, dep. 08/05/2008, Sanfilippo, Rv. 240177; Sez. 1, n. 10427 del
24/02/2010, dep. 16/03/2010, P.M. in proc. C., Rv. 246397).

3. L’ordinanza impugnata si è uniformata a tali condivisi principi.
3.1. Il Tribunale ha, infatti, rilevato, congruamente illustrando i dati fattuali
tratti dagli atti nella sua disponibilità, che nei confronti dell’istante, condannato
per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e per i reatisatellite di cui all’art. 73 dello stesso decreto alla pena complessiva di anni cinque
e mesi quattro di reclusione (di cui mesi cinque e giorni dieci ex art. 81 cod. pen.
per i secondi), la pena residua era di anni due, mesi tre e giorni tredici di
reclusione (detratti giorni diciassette di presofferto e anni tre per il concesso
condono) ed era, pertanto, ancora in espiazione la parte di pena relativa al primo
reato.
A tale rilievo fattuale il Tribunale ha accompagnato la corretta considerazione
in diritto che la pendenza di detta espiazione per un reato compreso nell’elenco
dei reati indicati dall’art. 4, comma 1, primo periodo, Ord. Pen. integrava una
preclusione assoluta, ai sensi della medesima norma, alla concedibilità del chiesto
beneficio penitenziario, in mancanza della prova della collaborazione dell’istante
con la giustizia e della cessazione dei suoi collegamenti con la criminalità
organizzata, e il ragionevole rilievo conclusivo che non valevano al fine del
superamento della indicata preclusione, in rapporto alla particolare natura del
reato ascritto, le prospettazioni difensive, riferite non alle condizioni atte alla sua
rimozione, ma al volontario rientro in Italia del medesimo istante e al suo ruolo,
ridimensionato nel giudizio di appello, nel contesto associativo.
3.2. La valutazione svolta, esaustiva in fatto per la sua coerenza interna e
per la sua logica congruenza ai dati fattuali e al contenuto della richiesta, e
corretta in diritto, per l’esatta operata interpretazione delle norme giuridiche
applicate, resiste alle censure difensive.

3

del 19/05/1998, dep. 09/06/1998, Di Quarto, Rv. 210868; Sez. 1, n. 12563 del

Il ricorrente, che oppone il riferimento operato in istanza alla sua limitata
partecipazione al fatto criminoso accertato con la sentenza di condanna, alla
escludibilità di collegamenti attuali con la criminalità organizzata, e alla non
concreta possibilità e quindi esigibilità della “utile collaborazione con la giustizia”,
e si duole dell’omessa analisi critica degli elementi prospettati, che avrebbero
consentito di ritenere ammissibile e accoglibile la richiesta, non si correla con gli
elementi di fatto e le ragioni giuridiche poste a fondamento della sua istanza
introduttiva, incentrata soltanto sulla limitata partecipazione al fatto criminoso e

passaporto autentico, condizioni ambientali e familiari, buona e regolare condotta
carceraria) dimostrativi della meritevolezza del chiesto beneficio, e priva di ogni
riferimento all’asserita impossibilità e inesigibilità della collaborazione con
l’Autorità Giudiziaria, come richiesto dagli artt. 4-bis e 58-ter Ord. Pen., al fine di
valutare la specifica situazione di derogabilità della condizione ostativa alla
concessione stessa.
Né a diverse conclusioni può pervenirsi in relazione alle circostanze dedotte
nel ricorso per cassazione in merito alla inesigibilità della collaborazione o alla sua
irrilevanza, atteso che il requisito della impossibilità dell’attività collaborativa
avrebbe dovuto essere introdotto con l’istanza introduttiva, e il Giudice di
sorveglianza, verificata l’inammissibilità dell’istanza per la mancanza di tale
requisito al momento della proposizione della richiesta, non era tenuto a svolgere
alcun accertamento d’ufficio per verificare la sussistenza o meno di circostanze
atte a consentire il superamento della mancata collaborazione per sua
impossibilità o irrilevanza.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2013
Il Consigliere estens

Il Presidente

su altri stati comportamentali (rientro volontario in Italia, utilizzo di un

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