Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38722 del 25/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 38722 Anno 2015
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARCHI GUIDO N. IL 03/04/1965
avverso la sentenza n. 3443/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 04/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO

Data Udienza: 25/05/2015

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. E. Selvaggi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata il 04/03/2014, la Corte di appello di Bologna ha
confermato la sentenza del 13/05/2010 con la quale il Tribunale di Bologna
aveva dichiarato Guido Marchi colpevole del reato di bancarotta fraudolenta
documentale, perché, nella qualità di amministratore di fatto di Parker s.r.l.

contabili in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento
degli affari.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Bologna ha proposto
personalmente ricorso per cassazione Guido Marchi, articolando quattro motivi di
seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia inosservanza delle norme processuali in relazione
alla mancata dichiarazione di inutilizzabilìtà dei documenti sequestrati. La
documentazione sequestrata è inutilizzabile perché rinvenuta nel fascicolo del
dibattimento senza una formale richiesta di produzione da parte del P.M.; non si
tratta di corpo del reato, sicché non è invocabile l’art. 235 cod. proc. pen., ma di
cose pertinenti al reato, sequestrabili ma soggette alle normali regole di
acquisizione della prova in sede dibattimentale.
Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione in merito all’attribuzione al
ricorrente della qualifica di amministratore di fatto. Le sentenze di merito si
basano sulla deposizione di una sola dipendente (Rita Bergamini) – richiamata
de relato – senza valorizzare il dato per il quale, nei periodi in questione, anche il
ricorrente era dipendente della Parker s.r.l. e non ha negato di essersi recato a
prendere la documentazione contabile della società per poi consegnarla
all’amministratore Saracino, circostanza, questa, esclusa in via presuntiva, così
come apodittica è la motivazione sulla sussistenza dell’elemento psicologico,
rispetto al quale la sentenza impugnata si limita a richiamare il precedente a
carico del ricorrente risalente a 18 anni fa.
Il terzo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge
penale in relazione alla mancata derubricazione nel reato di bancarotta semplice.
Qualora si potesse provare la qualifica del ricorrente di amministratore di fatto
sulla base di accordi transattivi intervenuti con i creditori, tale circostanza,
unitamente a quanto riferito dal curatore in ordine al carattere modesto del
fallimento e al fatto, emerso in dibattimento, che la procedura concorsuale si è

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(dichiarata fallita il 16/03/2002), aveva sottratto e occultato le scritture e i libri

chiusa con il versamento alla curatela della somma di 30 mila euro, diventerebbe
apodittico sostenere che le scritture contabili siano state occultate dolosamente.
Il quarto motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge
penale in relazione alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui
all’art. 219, secondo comma, I. fall. I giudici di merito hanno escluso la
circostanza limitandosi a far riferimento al passivo fallimentare e non all’effettiva
diminuzione patrimoniale causata ai creditori, laddove si tratta di bancarotta
documentale in cui comunque è stato ricostruito lo stato passivo e il pregiudizio

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile. La Corte di merito ha motivato in ordine
alla rituale acquisizione al fascicolo del dibattimento della documentazione
sequestrata dalla polizia giudiziaria, richiamando la disciplina di cui all’art. 431,
comma 1, lett. h), cod. proc. pen., rilievo, questo, non oggetto di puntuale
critica da parte del ricorrente (che anzi richiama la possibile qualificazione di
detta documentazione quale cosa pertinente al reato): il motivo, pertanto, è
inammissibile in quanto carente della necessaria correlazione tra le
argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo,
Rv. 253849). Peraltro, l’acquisizione non risulta oggetto di tempestiva eccezione
entro il limite fissato dall’art. 491, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 23608
del 11/05/2006 – dep. 06/07/2006, La Barbera, Rv. 234904), sicché, non
trattandosi di atti acquisiti contra legem, i documenti sarebbero stati comunque
utilizzabili per la decisione (Sez. 3, n. 24410 del 05/04/2011 – dep. 17/06/2011,
Bolognini e altro, Rv. 250806).
Il secondo motivo è del pari inammissibile. A sostegno della confermata
attribuzione al ricorrente della qualifica di amministratore di fatto della fallita, la
Corte di merito ha richiamato molteplici elementi: oltre a quanto riferito da
dipendenti (Rita Bergamini) e collaboratori della società (la consulente del lavoro
Anna Mancini e la commercialista Gloria Indovini, che hanno dichiarato di avere
consegnato la documentazione contabile a Marchi, da sempre loro referente) e
alle risultanze di cui alla documentazione sequestrata presso l’abitazione e
nell’autovettura del ricorrente, la sentenza impugnata ha evidenziato quanto
riferito dal curatore, secondo cui nessuna delle sedi indicate come sedi principali
o secondarie della società aveva trovato riscontro effettivo (all’indirizzo indicato
come sede – a Oria, in provincia di Brindisi – vi era un campo di grano), mentre

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ai creditori, ai quali sono stati versati 30 mila euro.

solo presso un punto vendita era stato trovato un negozio recante un’insegna
quasi identica a quella usata dalla società, negozio, tuttavia, risultato
riconducibile ad altra società (Amazing Fashion Trade s.r.I.) costituita nel
settembre del 2005 e con capitale di 10 mila euro sottoscritto per 9.900 euro
dallo stesso Marchi. A fronte della diffusa motivazione resa dalla sentenza
impugnata, il motivo omette il puntuale confronto critico con le argomentazioni e
gli elementi valorizzati dalla Corte di merito, prospettando censure (in relazione
alla consegna della documentazione all’amministratore di diritto Saracino)
svincolate dalla completa e specifica individuazione degli atti processuali fatti

comunque volte a prospettare inammissibili questioni di merito (il rapporto di
dipendenza del ricorrente con la fallita).
Il terzo motivo è inammissibile. La Corte di merito ha escluso l’invocata
riqualificazione del fatto in termini di bancarotta semplice, argomentando sulla
base della ritenuta sussistenza del dolo specifico (cui fa riferimento una delle
doglianze proposte nel corpo del secondo motivo), in linea con la giurisprudenza
di questa Corte che, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta
fraudolenta documentale, richiede l’acquisizione della prova dello scopo
dell’agente di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la
ricostruzione del movimento degli affari (Sez. 5, n. 47923 del 23/09/2014 – dep.
19/11/2014, De Santis, Rv. 261040). La prova del dolo specifico è argomentata
dalla sentenza impugnata sulla base di vari elementi, tra i quali il fine di
procurarsi l’ingiusto profitto consistito nell’appropriazione dei beni confluiti nella
già richiamata Amazing Fashion Trade s.r.I., così recando pregiudizio ai creditori
le cui ragioni non sono state soddisfatte per l’assenza di attivo fallimentare.
Anche sotto questo profilo, il ricorso omette il puntuale confronto critico con le
argomentazioni della decisione impugnata, richiamando elementi (in particolare,
il versamento alla curatela della somma di 30 mila euro) non correlati
all’indicazione del relativo dato probatorio e, comunque, involgenti questioni di
merito volte a sollecitare una rivisitazione, esorbitante dai compiti del giudice di
legittimità, della valutazione del materiale probatorio che la Corte distrettuale ha
operato, sostenendola con motivazione coerente con i dati probatori richiamati
ed immune da vizi logici.
Il quarto motivo è manifestamente infondato. Premesso che, in tema di
bancarotta fraudolenta documentale, la particolare tenuità del fatto di cui all’art.
219, comma terzo, I. fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla
massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno
avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a
tutela degli interessi creditori (Sez. 5, n. 19304 del 18/01/2013 – dep.

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valere (Sez. 6, n. 9923 del 05/12/2011 – dep. 14/03/2012, S., Rv. 252349) o

06/05/2013, Turnminelli, Rv. 255439), la Corte di merito ha richiamato la gravità
del danno cagionato ai creditori dalla sottrazione della documentazione
societaria, danno consistito, come si è visto, nell’appropriazione dei beni confluiti
nella società riconducibile al ricorrente. Le doglianze articolate sul punto non
sottopongono a disamina critica tale argomentazione, richiamando, nei termini
generici già evidenziati, il versamento alla curatela della somma indicata,
condotta, peraltro, successiva alla soglia cronologica costituita dalla dichiarazione
di fallimento (Sez. 5, n. 52077 del 04/11/2014 – dep. 15/12/2014, Lelli, Rv.
261347, in tema di bancarotta per distrazione).

ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle
ammende della somma, che si stima equa, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 25/05/2015.

Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del

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