Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3869 del 07/10/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3869 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAZZARI ADRIANO N. IL 04/10/1949
avverso la sentenza n. 2076/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
17/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 07/10/2014

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Eduardo Vittorio SCARDACCIONE, ha
concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Per la parte civile, l’avv. Mario Patella, in sostituzione dell’avv. Maria Grazia CORTI, ha insistito
per il rigetto del ricorso, depositando conclusioni e nota spese.

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano, in data 17 ottobre 2013, in parziale
riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lecco, ha dichiarato non doversi procedere nei

parte civile costituita.
Il giudizio di primo grado si era svolto in seguito ad opposizione a decreto penale per i reati di
cui agli artt. 614 e 594 cod. pen., per essersi il LAZZARI intrattenuto nello studio professionale
dell’avv. Luigi Sangiorgio, nonostante la manifestata richiesta di andarsene e per aver offeso il
suo onore e decoro pronunciando frasi del seguente tenore: “lei è un avvocato mediocre,
modesto, un incapace, un buono a niente, di basso livello, vada a fare un altro mestiere, lei ha
manipolato le mie cause per farmi perdere, per rovinarmi” (fatti accaduti il 17 ottobre 2002).
2. Propone ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dal suo difensore, deducendo i seguenti due
motivi.
2.1 Con il primo motivo il ricorrente rappresenta che in sede di appello aveva chiesto
l’annullamento della sentenza di primo grado perché il giudice che l’aveva emessa non si era
astenuto sebbene avesse una situazione di inimicizia nei confronti dell’imputato, avendo
presentato in suo danno una querela ed avendo fatto in passato “al sig. Lazzari un eloquente
segno con il quale aveva lasciato chiaramente intendere che ci poteva stare l’arresto e di stare
attento all’oltraggio a magistrato in udienza”. Deduce il ricorrente che la motivazione con la
quale la Corte territoriale ha rigettato il motivo d’appello è carente, contraddittoria ed illogica e
che, sebbene non sia stato attivato il procedimento di ricusazione, la sentenza di primo grado
debba ritenersi affetta da nullità.
2.2. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata perché si è limitata a dichiarare
estinti i reati senza valutare compiutamente i motivi di appello in ordine alla sussistenza dei
fatti, sebbene abbia confermato le statuizioni in favore della parte civile, così violando il
disposto dell’art. 578 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini qui di seguito indicati.
1. Il primo motivo va rigettato.
La Corte territoriale ha motivato in maniera articolata, condivisibile ed esaustiva sull’analogo
motivo di doglíanza proposto in appello.
2. Del tutto carente è invece la motivazione della sentenza impugnata sui motivi di appello in
ordine alla sussistenza dei fatti, sebbene abbia confermato le statuizioni in favore della parte
civile.
2

confronti di Adriano LAZZARI per i reati a lui ascritti, confermando le statuizioni in favore della

In effetti, la Corte territoriale, dopo aver rilevato l’estinzione dei reati per intervenuta
prescrizione, in mancanza di prova evidente sulla innocenza dell’imputato, non ha motivato in
alcun modo sui presupposti per la conferma delle statuizioni in favore della parte civile.
E’ invero principio consolidato della giurisprudenza di questa Corte che la previsione di cui
all’art. 578 cod. proc. pen. – per la quale il giudice di appello o quello di legittimità, che
dichiarino l’estinzione per amnistia o prescrizione del reato per cui sia intervenuta in primo
grado condanna, sono tenuti a decidere sull’impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi
della sentenza che concernono gli interessi civili – comporta che i motivi di impugnazione

condanna al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza
dell’imputato, secondo quanto previsto dall’art. 129, comma secondo, cod. proc. pen.;
pertanto, la sentenza di appello che non compia un esaustivo apprezzamento sulla
responsabilità dell’imputato deve essere annullata con rinvio, limitatamente alla conferma delle
statuizioni civili (tra le più recenti, Sez. 6, Sentenza n. 5888 del 21/01/2014, Rv. 258999;
Sez. 6, n. 16155 del 20/03/2013 – dep. 08/04/2013, Galati e altri, Rv. 255666).
Quindi, vanno ribaditi i principi secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato, il
giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2,
cod. proc. pen., nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la
commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale, emergano dagli
atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve
compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, che a quello di
“apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di
approfondimento (cosi Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274).
Ne consegue che la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di
improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera
attività ricognitiva, l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero
la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o
insufficienza della prova, che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze
(Sez. 4, n. 23680 del 07/05/2013, Rizzo, Rv. 256202).
Di tali principi nel caso in esame la Corte territoriale solo apparentemente ha fatto buon
governo, in quanto su tutte le questioni prospettate dalla difesa dell’imputato avrebbe potuto
limitarsi a rilevare la presenza di elementi di prova della colpevolezza del prevenuto ovvero la
palese e non contestabile assenza della prova della sua innocenza, solamente se non vi fosse
stata la necessità di decidere ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen. sulle questioni civili, aventi,
nell’atto di appello, un adeguato grado di specificità.
Ed infatti, nella giurisprudenza di legittimità si è puntualizzato come il principio di diritto sopra
richiamato non sia operante laddove con l’atto di appello sia stata dedotta una causa di nullità
assoluta o di inutilizzabilità patologica, ovvero sia stata denunciata

la

contraddittorietà

o

insufficienza della prova in ordine ad uno degli elementi costitutivi del reato oggetto di
3

dell’imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla

accertamento, e la sentenza gravata contenga anche una decisione sugli interessi civili: in una
siffatta situazione il giudice di secondo grado, pur prendendo atto della sopravvenuta causa
estintiva del reato, proprio per la presenza della parte civile, lungi dal potersi limitare (come,
nel caso di specie, è accaduto) alla mera constatazione dell’assenza della prova dell’innocenza
dell’imputato, proprio ai fini delle statuizioni civili è chiamato a valutare approfonditamente il
compendio probatorio ovvero a verificare compiutamente la sussistenza della eventuale causa
di nullità o di inutilizzabilità eccepita dalla difesa (così Sez. Unite, n. 35490 del 28/05/2009,
Tettamanti, cit., Rv. 244273; conf., in seguito, Sez. 5, n. 28289 del 06/06/2013, Cologno, Rv.

07/01/2010, Damiani, Rv. 246138).
La motivazione della sentenza gravata è, dunque, gravemente lacunosa, non avendo risposto
alle specifiche doglianze dell’appellante.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, altresì, recentemente precisato che, nel caso in cui il
giudice di appello dichiari non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato senza
adeguatamente motivare in ordine alla responsabilità dell’imputato ai fini delle statuizioni civili,
l’eventuale accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall’imputato impone
l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di
appello, a norma dell’art. 622 cod. proc. pen. (così Sez. Unite, n. 40109 del 18/07/2013,
Sciortino, Rv. 256087).

P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente
per valore in grado d’appello.
Così

o in Roma, il 7 ottobre 2014
tensore

Il Presidente

256283; Sez. 6, n. 16155 del 20/03/2013, Galati, Rv. 255666; Sez. 6, n. 4855 del

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