Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38689 del 12/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 38689 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

Data Udienza: 12/04/2013

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Frediani Daniele, nato a Milano il 17.2.1969 e da Frediani Cosimo,
nato a Milano il 9.6.1937, avverso la sentenza pronunciata in data
5.5.2011 dalla corte di appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per
l’inammissibilità del

ricorso di

Frediani Cosimo e per

l’annullamento dell’impugnata sentenza, limitatamente al diniego

/ìJ

della sospensione condizionale della pena nei confronti di Frediani
Daniele;
udito per i ricorrenti, il difensore di fiducia, avv. Giancarlo Luzi, del

FATTO E DIRITTO

Con sentenza pronunciata il 5.5.2011 la corte di appello di
Genova, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di
Savona, in data 10.7.2009, aveva condannato Frediani Cosimo e
Frediani Daniele, per i reati loro rispettivamente ascritti, il primo
alla pena di anni sei di reclusione ed il secondo alla pena di anni
uno mesi sei di reclusione, con condanna di entrambi al
risarcimento dei danni derivanti dai reati, da liquidarsi in separato
giudizio, in favore della costituita parte civile Arcuri Ignazio,
liquidatore giudiziario della “Immobiliare Cartaindustra s.r.l.”, che
otteneva anche la condanna degli imputati al pagamento di una
provvisionale immediatamente esecutiva di euro 20.000,00,
dichiarava non doversi procedere nei confronti dei predetti
imputati, in relazione ai reati di cui agli artt. 640 e 483, c.p.,
contestati

nei capi c);

d);

e);

f), g);

h);

i);

i-bis),

dell’imputazione, perché estinti per intervenuta prescrizione.
Di conseguenza la corte territoriale, in relazione ai reati
“sopravvissuti” all’estinzione per prescrizione, di cui agli artt. 48,
479; 483 e 640, c.p., dell’imputazione, rideterminava la pena a
carico del Frediani Cosimo nella misura di anni quattro mesi otto
di reclusione e quella a carico del Frediani Daniele in anni uno
mesi due di reclusione, laddove in ordine ai reati di cui all’art.
483, c.p., contestati nei capi a) e b) dell’imputazione, il giudice di

2

Foro di Roma, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso.

primo grado aveva già pronunciato sentenza di non doversi
procedere, per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione.
Avverso tale sentenza, di cui chiedono l’annullamento, gli imputati
hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del loro difensore

Con il primo, i ricorrenti lamentano la nullità dell’impugnata
sentenza per omessa notifica agli imputati dell’avviso di deposito
della motivazione della sentenza di primo grado, deposito
avvenuto oltre il termine di novanta giorni fissato all’uopo dal
tribunale di Savona.
Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la
nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 606, co. 1, lett.
c), c.p.p., in relazione agli artt. 335, 405 e 407, c.p.p., per avere
il pubblico ministro presso il tribunale di Savona, quanto meno per
gli episodi avvenuti in Savona il 22.6.2001, contestato non più il
reato di cui all’art. 495, c.p., ma quello di cui agli artt. 483, 48,
479, 61, n. 2, c.p., successivamente alla chiusura delle indagini
preliminari.
Con il terzo motivo di impugnazione, i ricorrenti lamentano i vizi di
cui all’art. 606, co. 1, lett. b), c.p.p., in relazione agli artt. 483,
48, 479, c.p., ed alla I. n. 340 del 2000, per avere ritenuto
obbligatorio il procedimento di omologa della deliberazione
assembleare del 23.4.2001 della “Immobiliare Cartindustria s.r.l.”,
con cui gli imputati venivano nominati amministratori in luogo del
liquidatore giudiziario, che erroneamente il notaio Scalamogna di
Milano aveva rifiutato di omologare.
Con il quarto motivo di impugnazione i ricorrenti eccepiscono i vizi
di cui all’art. 606, co. 1, lett. b), c.p.p., in relazione alla ritenuta
sussistenza del reato di cui agli artt. 48 e 479, c.p., di cui

3

di fiducia, articolando otto motivi di impugnazione.

contestano la configurabilità, in quanto la condotta dei Frediani
innanzi al notaio Motta, che rappresenta il punto di riferimento
anche per le successive imputazioni, va ricondotta esclusivamente
al paradigma normativo degli artt. 48, 483, c.p., e non in quello

ufficiale non aveva alcun potere di attestazione sulla intrinseca
rispondenza al vero delle dichiarazioni ricevute dai Frediani,
essendo il suo compito limitato alla mera verbalizzazione della
volontà assembleare, cioè a trasfondere nell’atto pubblico la
dichiarazione ricevuta, della cui verità risponde il solo dichiarante,
conformemente alle nuove funzioni che il notaio è chiamato a
svolgere in sede di assemblea di una società a responsabilità
limitata, alla luce della riforma dell’art. 2436, c.c., operata dal d.
Igs. n. 6 del 2003.
Con il quinto motivo di ricorso Frediani Daniele lamenta il vizio di
cui all’art. 606, co. 1, lett. e), c.p.p., in relazione alla mancanza di
motivazione della sentenza impugnata in ordine alla richiesta di
concessione del beneficio della sospensione condizionale della
pena, che aveva formato oggetto di specifico motivo dell’appello
proposto dall’imputato.
Con il sesto motivo di impugnazione, i ricorrenti deducono la
mancanza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla
richiesta di sospensione della condanna al pagamento della
provvisionale di 20.000,00 euro, che aveva formato oggetto di
specifico motivo dell’appello proposto dagli imputati.
Con il settimo motivo di ricorso, il Frediani Cosimo lamenta la
mancanza di motivazione della sentenza impugnata con
riferimento alla richiesta di concessione delle circostanze
attenuanti generiche e del beneficio della sospensione

4

degli artt. 48, 479, c.p., poiché, nel caso in esame, il pubblico

condizionale della pena, che aveva formato oggetto di specifico
motivo dell’appello proposto dall’imputato.
Con l’ottavo motivo di ricorso Frediani Cosimo lamenta la
mancanza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla

specifico motivo dell’appello proposto dal suddetto Frediani.
Infine entrambi i ricorrenti chiedevano che il Collegio rilevi
l’eventuale estinzione dei reati per cui sia perento il termine di
prescrizione.
Con motivi nuovi depositati il 14.3.2013, i ricorrenti, da un lato
insistono perché sia dichiarata l’estinzione di tutti i reati di falso e
di tentata truffa per intervenuta prescrizione, dall’altro lamentano
la nullità dell’impugnata sentenza, ex art. 606, co. 1, lett. b) e c),
c.p.p., per avere la corte territoriale affermato la responsabilità di
Frediani Cosimo per i reati di cui ai capi I); m) ed n)

2

dell’imputazione, in relazione ai quali il tribunale di Savona non lo
aveva giudicato, in quanto mai allo stesso contestati.
Tanto premesso i ricorsi di Frediani Daniele e di Frediani Cosimo
devono ritenersi solo parzialmente fondati.
Ed invero infondato appare, innanzitutto, il primo motivo di
ricorso.
Premesso che dagli atti emerge l’avvenuta notifica dell’avviso di
deposito della motivazione della sentenza di primo grado ai
difensori di entrambi gli imputati ed al Frediani Daniele, ma non
anche al Frediani Cosimo, va rilevato che, limitatamente a tale
imputato, non è configurabile l’invocata nullità della sentenza
impugnata, in quanto, conformemente a quanto affermato dalla
costante giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio, la
mancata notifica all’imputato dell’avviso di deposito di sentenza (o

5

/.,

richiesta di riduzione della pena, che aveva formato oggetto di

di qualunque altro provvedimento impugnabile) configura una
nullità di ordine generale “a regime intermedio” e non assoluta,
che resta sanata, per il raggiungimento dello scopo, a norma

quando, come nel caso in esame, l’impugnazione sia stata
ritualmente proposta da tutti gli imputati ed i motivi di
impugnazione, tempestivamente presentati dal difensore,
riguardino il provvedimento effettivamente impugnato ed il suo

ex plurimis,

contenuto motivazionale (cfr.,

Cass., sez. I,

24/02/2010, n. 10410, I. e altro, rv 246504; Cass., sez. V,
5.11.1998, n. 2485, rv. 213076; Cass., sez. VI, 3.11.2003, n.
1258, rv. 228416; Cass., sez. IV, 15.10.2003, . 1495, rv.
227339).
Del pari infondato appare il secondo motivo di ricorso, in quanto il
decorso del termine per il compimento delle indagini preliminari
comporta esclusivamente l’inutilizzabilità degli atti di indagine
compiuti dopo la scadenza, ma non implica alcuna nullità
processuale (cfr. Cass., sez. III, 24.1.1994, n. 4698, rv. 197494).
Inoltre, come correttamente rilevato dalla corte territoriale, da
tempo la corte di Cassazione, con specifico riferimento ai poteri
del pubblico ministero, ha affermato il principio, condiviso dal
Collegio, secondo cui il decorso del termine per il compimento
delle indagini preliminari non determina la decadenza del pubblico
ministero dal potere di esercitare l’azione penale (e, quindi, di
procedere alla contestazione dell’imputazione che di tale potere
rappresenta diretta estrinsecazione), salva l’ipotesi che il
procuratore generale abbia esercitato il suo potere di avocazione
ai sensi dell’art. 412, co. 1, c.p.p. (cfr. Cass., sez. VI,
20/03/2009, n. 19833, C., rv. 243839), conformemente a quanto

6

dell’art. 183 c.p.p., non inficiando la validità del giudizio di appello

statuito dalla Corte costituzionale, che nel giudizio di legittimità
costituzionale degli artt. 409, co. 4, e 554 c.p.p., in relazione
all’art. 407, comma 3, dello stesso codice, ha sottolineato come il
decorso del termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice,

decadenza del pubblico ministero dal potere di formulare le sue
richieste, essendo inutilizzabile la sola attività d’indagine
eventualmente compiuta dal pubblico ministero oltre il suddetto
termine (cfr. C. cost., ord. 27 novembre 1991, n. 436).
Infondato deve ritenersi anche il terzo motivo di ricorso.
Come evidenziato dalla corte territoriale, con motivazione
approfondita ed immune da vizi, dagli atti acquisiti al
procedimento si evince che in data 9.1.2001 il presidente della
VIII sezione civile del tribunale di Milano aveva nominato
liquidatore giudiziario della “Immobiliare Cartindustria s.r.l.”, il
dott. Ignazio Arcuri, dando contestualmente atto dell’avvenuto
scioglimento della società per scadenza del suo termine di durata,
fissato dallo statuto al 31.12.2000.
Ne consegue che la delibera dell’assemblea del 23.4.2001, che,
come si evince dal capo a) dell’imputazione, non era stata
omologata dal notaio Scalamogna di Milano e con la quale venne
revocato il liquidatore giudiziale, dott. Arcuri e nominato, al suo
posto, Frediani Cosimo, come affermato dal giudice istruttore
civile del tribunale di Bologna nel provvedimento del 10.4.2002,
integralmente recepito dalla corte di appello genovese, è, non solo
illegittima, ma inesistente, “perché assunta: 1) senza le
maggioranze necessarie per le deliberazioni straordinarie, da
assumere con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino
almeno i 2/3 del capitale sociale, mentre la delibera in esame fu

7

per il compimento delle indagini preliminari non determina la

adottata con il voto favorevole del 56,66% del capitale sociale; 2)
quando la società era ormai cessata per scadenza del termine di
durata (stabilito, come detto, al 31.12.2000) e i soli atti che
potevano essere compiuti riguardavano la liquidazione della

società stessa” (cfr. p. 2 della sentenza oggetto di ricorso).
Da ciò deriva, secondo il percorso motivazionale assolutamente
coerente seguito dal giudice di secondo grado, l’inesistenza di
tutte le successive deliberazioni assunte dalle assemblee
convocate dall’imputato Frediani Cosimo, nella qualità, da lui
dichiarata, ma non corrispondente al vero, prima di liquidatore e
poi di amministratore della società, unitamente al Frediani
Daniele.
Giova, peraltro, evidenziare, per una migliore comprensione della
vicenda in esame, che le false dichiarazioni rese dal Frediani
Cosimo e dal Frediani Daniele in ordine al ruolo formale da essi
rivestito all’interno della “Immobiliare Cartindustria s.r.l.” ed alla
intervenuta revoca del liquidatore giudiziale nominato dal
presidente del tribunale di Milano, erano funzionali a trarre in
inganno una serie di notai, a partire dal notaio Enzo Motta, il
primo innanzi al quale il Frediani Cosimo aveva reso le false
dichiarazioni in precedenza indicate, operanti in diverse città
italiane (Milano, Bologna, Roma) e svizzere (Lugano e Chiasso)
affinché questi ultimi, tratti in errore, redigessero atti
ideologicamente falsi (i verbali delle assemblee straordinarie
tenute presso i suddetti pubblici ufficiali), con riferimento
principalmente alle cariche rivestite dai ricorrenti all’interno della
menzionata società, che il Frediani Cosimo aveva poi utilizzato per
commettere le truffe, consumate e tentate, secondo le modalità

8

4

puntualmente indicate nei capi c); d); f); i bis); n)
dell’imputazione.
Ciò posto, le censure difensive, che si concentrano sull’assemblea
del 23.4.2001, in cui venne revocato il liquidatore giudiziale, non

Da un lato, infatti, i ricorrenti si soffermano su alcuni profili
fattuali (la circostanza che i “fratellastri” del Frediani Cosimo,
Manuel e Leonardo non sono soci della “Immobiliare Cartindustria
s.r.l.”; l’intervenuta cessione integrale, con atto notarile redatto
dal notaio Mantelli di Milano il 21.7.2005, delle quote possedute
da Frediani Daniele, Frediani Giovanni Battista e Frediani
Massimo, gli unici soci della predetta società, in favore del
Frediani Cosimo, divenuto da quel momento l’unico titolare
dell’intero capitale sociale), di cui, tuttavia, non illustrano la
rilevanza e che, attenendo squisitamente al merito del giudizio,
non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità.
Dall’altro si rivela non conferente la tesi, da essi sostenuta,
secondo cui, essendo entrata nel frattempo in vigore la I. n. 340
del 2000, che ha abolito il procedimento di omologazione da parte
del tribunale, risulta irrilevante il rifiuto del notaio Scalamogna di
Milano di non omologare le decisioni prese dall’assemblea del
23.4.2001, con la conseguenza che quando il 5.6.2001 ed il
22.6.2001 i due imputati “si presentavano al notaio Motta di
Savona, le statuizioni dell’assemblea del 23.4.2001 erano
pienamente valide”.
L’intervenuta abolizione del procedimento di omologazione da
parte del tribunale civile, ad opera dell’art. 32, co. 4, I.
24/11/2000 n. 340 (intitolato “Semplificazione della fase
costitutiva e della fase modificativa delle società di capitali”), che

9

colgono nel segno.

sostituiva l’art. 2411 c.c., nella sua originaria formulazione, prima
che tale articolo venisse radicalmente modificato, in seguito,
dall’art.1 d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, non rende, infatti, di per sé
legittima ovvero esistente la deliberazione assembleare del

prescindono dalla mancata omologazione, e sui quali nessun
rilievo è stato formulato dai ricorrenti.
Del resto, come si evince dalla lettura della sentenza di primo
grado, che costituisce un tutto unitario con la sentenza di secondo
grado, essendo le due decisioni sorrette da un apparato
motivazionale uniforme, il rifiuto di procedere alla omologazione
da parte del notaio Scalamogna, dopo avere redatto il verbale
dell’assemblea svoltasi il 23.4.2001 nel suo studio, era dipeso
proprio dall’emersione delle irregolarità evidenziate dalla corte
territoriale, ed, in particolare dalla circostanza che le delibere fatte
approvare dal Frediani Cosimo, relative, tra l’altro, alla revoca del
liquidatore, dott. Arcuri ed alla nomina quali amministratori della
società dello stesso Frediani Cosimo e del figlio Frediani Daniele,
erano state assunte senza la maggioranza qualificata dei 2/3 dei
voti, prevista dall’art. 12 dello statuto societario (cfr. p. 12 della
sentenza del tribunale di Savona), per cui avere taciuto nelle
successive assemblee la mancata attivazione del procedimento di
omologazione da parte del notaio Scalamogna, ha avuto l’indubbio
significato di celare ai pubblici ufficiali incaricati della redazione dei
relativi verbali, le ragioni per cui quest’ultimo non aveva
proceduto all’omologazione.
Il quarto motivo di ricorso si pone ai confini della inammissibilità,
in quanto la relativa doglianza è stata formulata in termini
estremamente generici nell’atto di appello, in cui gli imputati si

10

23.4.2001, che la corte territoriale ha censurato sotto profili, che

limitavano a rilevare che “nelle assemblee straordinarie il notaio
non assume la funzione sua propria, ma è mero verbalizzante
della volontà assembleare”.
A fronte di un rilievo così generico, correttamente la corte

territoriale richiamava la decisione con cui la Quinta Sezione della
Corte di Cassazione, intervenendo nella fase cautelare, in data
23.6.2004, aveva ritenuto configurabile il delitto di cui agli artt.
48, 479, c.p., sul presupposto che la fattispecie in questione
risulta integrata quando “la dichiarazione del privato in sé non ha
alcun rilievo autonomo, ma assume significato e valore illecito in
quanto presupposto di fatto acquisito dal pubblico ufficiale
nell’atto pubblico, in modo da determinare il contenuto dell’atto o
da renderlo efficace, nonostante la falsità in esso inserita”, in
quanto, in tale evenienza, “la falsificazione indotta dal privatoagente si materializza nell’atto pubblico emesso dal pubblico
ufficiale, inficiandolo nel suo contenuto”, come avvenuto nel caso
in esame in cui “le assemblee straordinarie della società sono
state convocate da Frediani Cosimo, falsamente dichiaratosi
presidente o amministratore o liquidatore della Immobiliare
Cartindustria s.r.l.”
Tale orientamento, risulta conforme ai principi affermati da tempo
nella giurisprudenza di legittimità, che, nel soffermarsi sui rapporti
tra il delitto di cui all’art. 483, c.p. e quello di cui agli artt. 48,
479, c.p., ha chiarito che il delitto di falsa attestazione del privato
può concorrere – quando la falsa dichiarazione del mentitore sia
prevista di per sé come reato – con quello della falsità per
induzione in errore del pubblico ufficiale nella redazione dell’atto al
quale l’attestazione inerisca, sempreché la dichiarazione non
veridica del privato concerna fatti dei quali l’atto del pubblico

11

(q

ufficiale è destinato a provare la verità (cfr. Cass., sez. un.,
28/06/2007, n. 35488, S. e altro)
Con il suddetto arresto, condiviso dal Collegio, le Sezioni unite

consolidato alveo giurisprudenziale (cfr. Cass., sez. un., 3 febbraio
1995, Proietti, rv. 200117; Cass., sez. un., 30 giugno 1984,
Nirella, rv. 165603), hanno ribadito che il falso ideologico in
documenti a contenuto dispositivo investe tutti i fatti
giuridicamente rilevanti, richiamati anche solo implicitamente, ma
che costituiscono presupposto indefettibile della parte dispositiva
dell’atto medesimo, tenendo a sottolineare con particolare
incisività che esse debbono concernere azioni o eventi compiuti o
conosciuti direttamente dal pubblico ufficiale oppure riguardare
altre circostanze delle quali l’atto è destinato a provare la verità.
Fatti, dunque, che in quest’ultimo caso il pubblico ufficiale si
intende abbia attestato a prescindere dal compimento di una
propria autonoma attività di accertamento o anche semplicemente
dalla esistenza di un obbligo in tal senso.
Per cui correttamente, nel caso in esame, il pubblico ministro ha
contestato ed i giudici di merito hanno ritenuto che la condotta
degli imputati integrasse entrambe le fattispecie di reato.
Ed invero, alla luce dei principi affermati dalla richiamata sentenza
delle Sezioni unite, ove anche fosse fondato l’assunto difensivo sul
ruolo del notaio di mero verbalizzante della volontà assembleare che appare opinabile, in quanto l’art. 2436, c.c., come modificato
dall’art. 1, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, richiamato dall’art. 2480,
c.c., disciplinante le modifiche dell’atto costitutivo delle società a
responsabilità limitata, come a sua volta modificato dall’art. 4 del
citato d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, configura un ruolo attivo del

12

della Corte di Cassazione, muovendosi all’interno di un già

notaio, che ha l’obbligo di verificare l’adempimento delle
condizioni previste dalla legge per procedere alle deliberazioni di
modifica dello statuto – ciò non impedirebbe di ritenere
sussistente, nel caso in esame, il reato previsto dagli artt. 48,

ex

art. 483, c.p., la cui

configurabilità, peraltro, non è stata contestata dai ricorrenti.
Ragioni di opportunità impongono di trattare congiuntamente il
quinto ed il settimo motivo di ricorso.
La corte di appello di Genova, premesso che nei motivi di
impugnazione entrambi gli imputati avevano formulato richiesta di
riconoscimento in loro favore delle circostanze attenuanti
generiche, con concessione di ogni beneficio di legge, rilevava che
tale richiesta era infondata sia nei confronti del Frediani Daniele,
avendone l’imputato già beneficiato in primo grado, sia nei
confronti del Frediani Cosimo, per il quale il rigetto si giustificava
alla luce dell’intensità della sua determinazione criminosa, che lo
ha condotto a commettere un numero elevatissimo di reati in
diverse località italiane, mentre nulla disponeva in ordine alla
sospensione condizionale della pena inflitta.
Ciò posto, le doglianze del Frediani Cosimo al riguardo non sono
giustificate, in quanto, da un lato la motivazione sul diniego del
riconoscimento delle circostanze ex art. 62 bis, c.p., appare
conforme al principio, assolutamente costante nella
giurisprudenza di legittimità, secondo cui, anche uno solo degli
elementi indicati nell’art. 133 c.p., attinente alla personalità del
colpevole o all’ entità del reato e alle modalità di esecuzione di
esso, può essere sufficiente per negare le attenuanti generiche
(cfr., ex plurimis, Cass., sez. II, 22/02/2007, n. 8413, B. e altro),
dall’altro la sospensione condizionale della pena non poteva

13

479, c.p., unitamente a quello

essergli concessa in considerazione della entità della pena
detentiva inflittagli, oltre che per l’implicito disconoscimento,
operato dalla corte territoriale, della possibilità di formulare una
prognosi favorevole sulla possibilità che egli per il futuro non

personalità.
Fondata, invece, appare la censura del Frediani Daniele,
condannato ad una pena inferiore ai due anni di reclusione, in
relazione al quale la motivazione della corte territoriale sulla
richiesta di sospensione condizionale della pena, che pur riconosce
il minor ruolo nella commissione dei reati svolto dall’imputato
rispetto al padre Cosimo, risulta del tutto mancante.
Sul punto, pertanto, la sentenza di secondo grado va annullata,
con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Genova,
affinché provveda a colmare l’evidenziata lacuna motivazionale.
Manifestamente infondato si appalesa anche il sesto motivo di
ricorso, posto che, da un lato il provvedimento con il quale il
giudice di merito, nel pronunciare condanna generica al
risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma a
titolo di provvisionale, provvisoriamente esecutiva “ex lege” (art.
540, comma 2, c.p.p.), ha carattere meramente delibativo e non
acquista efficacia di giudicato in sede civile, mentre la
determinazione dell’ammontare della provvisionale è rimessa alla
discrezionalità del giudice di merito che non è tenuto a dare una
motivazione specifica sul punto (cfr. Cass., sez. VI, 31/05/2007,
n. 40340, M.), dall’altro i ricorrenti, sul, punto richiamano
genericamente i motivi di appello, senza specificare sotto quale
profilo abbiano inteso contestare la condanna al pagamento della
provvisionale.

14

commetta ulteriori reati, in considerazione della sua allarmante

Inammissibile per genericità e perché attinente al merito è, infine,
l’ottavo motivo di ricorso, relativo alla invocata riduzione delle
entità della pena inflitta a Frediani Cosimo.
Con riferimento al tema della prescrizione, prospettato anche nei

A tutt’oggi il termine di prescrizione per il reato di cui all’art. 483,
c.p., contestato nel capo k) dell’imputazione, pari a sette anni e
sei mesi, nella sua estensione massima, risultante cioè dagli atti
interruttivi, tenuto conto della disciplina del novellato art. 157,
c.p., applicabile in quanto più favorevole, risulta ormai perento,
anche se si volesse aggiungere a tale termine il periodo di
sospensione, pari a 128 giorni, che, secondo la corte territoriale,
va calcolato in conseguenza dei rinvii disposti per legittimo
impedimento del difensore o degli imputati, mentre lo stesso
termine, depurato dal preteso periodo di sospensione, relativo ai
reati di cui agli artt. artt. 483 e 640, contestati nei capi I); m) ed
n) dell’imputazione non risulta ancora perento.
Va pertanto annullata senza rinvio l’impugnata sentenza, nei
confronti di entrambi i ricorrenti, limitatamente ai diversi reati ex
art. 483, c.p., contestati nel capo k) dell’imputazione, perché
estinti per prescrizione, con conseguente eliminazione della pena
di mesi due di reclusione per ciascun ricorrente.
Con riferimento, invece, ai plurimi reati di cui agli artt. 48 e 479,
c.p., contestati in diversi capi di imputazione unitamente al reato
di cui all’art. 483, c.p., in nessun caso essi possono considerarsi
estinti per prescrizione, in quanto, trattandosi in tutte i casi in
contestazione di fattispecie di falsità ideologica aventi ad oggetto
un atto pubblico, che, essendo stato redatto da un notaio, fa fede
sino a querela di falso, ai sensi del combinato disposto degli artt.

15

motivi aggiunti, va rilevato quanto segue.

2699 e 2700, c.c., il relativo termine prescrizionale, nella sua
massima estensione è pari a dodici anni e sei mesi, tenuto conto
della pena edittale massima prevista per tale ipotesi dall’art. 476,
co. 2, c.p., richiamato quoad poenam dall’art. 479, c.p.

formulata dal Frediani Cosimo nei motivi nuovi di ricorso, che,
peraltro, non ha formato oggetto di doglianza del ricorrente in
sede di appello, come si evince dal contenuto della sentenza di
secondo grado, non contestato sul punto dal Frediani, in quanto,
come si evince dalla motivazione della stessa sentenza di primo
grado il suddetto Frediani è stato tratto a giudizio anche per
rispondere dei reati di cui ai capi I); m) ed n) dell’imputazione,
oggetto di contestazione suppletiva effettuata dal pubblico
ministero in sede di udienza preliminare.
La parziale fondatezza dei ricorsi, implica che i ricorrenti non siano
condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di
entrambi i ricorrenti, limitatamente ai reati di cui al capo k (falsi
commessi il 9 ottobre 2003), perché estinti per prescrizione ed
elimina la relativa pena di mesi due di reclusione per ciascun
ricorrente.
Annulla la medesima sentenza nei confronti di Frediani Daniele
limitatamente al diniego della sospensione condizionale della
pena, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della
Corte di Appello di Genova.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso in Roma il 12.4.2013

Manifestamente infondata, infine, appare l’ulteriore doglianza

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA