Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38681 del 03/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38681 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cangemi Linda, nata a Palermo il 12/05/1948
avverso la sentenza del 04/10/2013 della Corte di appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato

l

Data Udienza: 03/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Palermo, con la sentenza in epigrafe, ha
parzialmente riformato la decisione emessa dal Tribunale della stessa città e,
accogliendo l’impugnazione proposta dal Procuratore generale, ha subordinato il
beneficio del sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere
abusive, confermando nel resto la sentenza impugnata con la quale Linda
Cangemi era stata condannata alla pena di mesi tre di arresto ed euro 9.000,00

2001, n. 380 nonché per il reato paesaggistico.

2.

Per l’annullamento dell’impugnata sentenza, ricorre per cassazione,

tramite il proprio difensore, Linda Cangemi affidando il gravame a sette motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett.
c), cod. proc. pen. per la mancata assunzione di una prova decisiva.
2.2. Con il secondo motivo di gravame lamenta la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per l’errata valutazione del peso giuridico
accordato ad un teste non munito delle competenze tecniche necessarie ed
indispensabili per stabilire se si fosse in presenza o meno di un manufatto in
cemento armato.
2.3. Con il terzo motivo di gravame prospetta la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per errata valutazione di regole e principi
tecnici – realizzativi sui manufatti in cemento armato.
2.4. Con il quarto motivo di gravame deduce la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen. errata valutazione in ordine alla sussistenza
del reato.
2.5. Con il quinto motivo di gravame lamenta la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per omessa motivazione sulla richiesta della
riapertura dell’istruttoria dibattimentale diretta a dare ingresso ad una
consulenza tecnica d’ufficio per accertare la reale consistenza del muro di
recinzione.
2.6. Con il sesto motivo di gravame denuncia la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per omessa motivazione in ordine alla reale
consistenza delle presunte opere abusive (muro o parte di muro):
2.7. Con il settimo motivo di gravame lamenta la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per errata valutazione circa il disvalore del
fatto che ha comportato la mancata concessione delle attenuanti generiche.

2

di ammenda per i reati urbanistici ex art. 44 lett. b), 72, 93 e 95 d.P.R. 6 giugno

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi secondo, terzo, quarto e sesto, essendo tra loro connessi,
possono essere congiuntamente esaminati.
Essi, che sostanzialmente pongono questioni relative alla preesistenza dei
muri in loco e all’assenza di opere in cemento armato, sono infondati.
Con logica ed adeguata motivazione, i Giudici del merito, con doppia
conforme decisione, hanno accertato, sulla base di deposizioni testimoniali e di

Monreale, effettuando un sopralluogo presso un lotto di proprietà della
ricorrente, verificarono la realizzazione di muri di confine in cemento armato
aventi altezza variabile.
I lavori, che erano ancora in corso al momento del sopralluogo, consistevano
nella realizzazione di un primo tratto di muro con altezza di circa m. 1,20; un
secondo ed un terzo tratto alto m. 1,50 ed un quarto alto mediamente m. 1,70.
La ricorrente non era in possesso del permesso di costruire né di altro titolo
che rendesse legittima la realizzazione delle opere eseguite peraltro in zona
sismica.
La Corte territoriale ha spiegato che il testimone Madonia, autore
dell’accertamento del reato, aveva riferito che i muri erano stati realizzati in
cemento armato.
La doglianza circa il fatto che il teste non avesse le competenze tecniche
per stabilire se i muri fossero stati o meno realizzati in cemento armato è
destituita di fondamento sul rilievo, espresso in sentenza, che dalla
documentazione fotografica si evinceva in maniera chiara come le opere fossero
di nuova realizzazione ed eseguite in cemento armato, essendo ciò dimostrato
dal fatto che dalle riprese fotografiche era possibile apprezzare l’esistenza di
elementi (tondini) in ferro che fuoriuscivano dal cemento e che rappresentavano
la cosiddetta armatura in ferro delle erigende opere.
Questa Corte ha affermato che la realizzazione di un muro di recinzione
necessita del previo rilascio del permesso a costruire allorquando, come nella
specie, avuto riguardo alla sua struttura e all’estensione dell’area relativa, lo
stesso sia tale da modificare l’assetto urbanistico del territorio, così rientrando
nel novero degli “interventi di nuova costruzione” di cui all’art. 3 lett. e) del d.
P.R. n. 380 del 2001 (Sez. 3, n. 4755 del 13/12/2007, dep. 30/01/2008,
Romano, Rv. 238788).
Nel caso di specie, come emerge dal capo di imputazione, il primo tratto di
muro era esteso circo nove metri lineari, il secondo tratto 18 metri, il terzo tratto
due metri ed il quarto tratto 14,50 metri e tutti di altezza tra 1,20 e 1,70 metri.

3

prove documentali, che, in data 11 febbraio 2009, i Carabinieri della stazione di

Ne consegue che correttamente i Giudici del merito hanno affermato la
configurabilità dei reati urbanistici contestati.
Le deduzioni della ricorrente, secondo le quali le opere preesistevano ed i
lavori non erano stati eseguiti in cemento armato, in palese contrasto con le
prove documentali e testimoniali ritualmente acquisite, si risolvono in doglianze
circa il travisamento dei fatti per errata lettura delle prove che invece sono state
correttamente interpretate, conseguendo da ciò l’infondatezza dei motivi di

2. Anche il primo ed il quinto motivo possono essere congiuntamente
esaminati per essere sostanzialmente identici tra loro.
Con essi la ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello non abbia
accolto la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per assumere
una prova decisiva ossia una consulenza tecnica d’ufficio (recte perizia) per
stabilire lo stato delle opere e se esse fossero state o meno eseguite in cemento
armato.
Va sul punto ricordato che, nel giudizio di appello, la rinnovazione del
dibattimento, postulando una deroga alla presunzione di completezza della
indagine istruttoria svolta in primo grado, ha caratteristica di istituto eccezionale,
nel senso che ad essa può farsi ricorso quando appaia assolutamente
indispensabile, cioè nel solo caso in cui il giudice ritenga di non poter decidere
allo stato degli atti (Sez. 5, n. 7569 del 21/04/1999, Jovino R., Rv. 213637)
sicché, trattandosi di un’evenienza eccezionale, essa è subordinata ad una
valutazione giudiziale di assoluta necessità conseguente all’insufficienza degli
elementi istruttori già acquisiti, che impone l’assunzione di ulteriori mezzi
istruttori (Sez. 2, n. 41808 del 27/09/2013, Mongiardo, Rv. 256968).
Proprio in considerazione della natura eccezionale dell’istituto, questa Corte
ha anche affermato che il giudice d’appello ha l’obbligo di motivare
espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di
suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne
implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad
affermare o negare la responsabilità del reo (Sez. 3, n. 24294 del 07/04/2010,
D.S.B., Rv. 247872).
Ed è quanto avvenuto nel caso di specie avendo la Corte del merito stimato
la prova testimoniale e quella documentale sufficiente per ritenere la
configurabilità degli abusi edilizi e quindi non indispensabile la perizia per
escluderli.

3. Il settimo motivo di gravame è inammissibile perché proposto fuori dai
casi consentiti.
4

ricorso.

Con adeguata e logica motivazione, pertanto non sindacabile in sede di
legittimità, la Corte di appello, sulla base dell’ampiezza strutturale dell’abuso
come desunto dai reperti fotografici acquisiti agli atti del processo, ha ritenuto la
pena inflitta proporzionata al disvalore penale dei fatti e l’imputata immeritevole
della concessione delle attenuanti generiche.
Si tratta di un giudizio di fatto che non è frutto di mero arbitrio o
ragionamento illogico con la conseguenza che la motivazione, siccome congrua e
non contraddittoria, non può essere sindacata nel giudizio di cassazione.

delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 03/06/2014

Consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento

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