Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38672 del 19/06/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 38672 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANNETTI ANTONINO N. IL 08/05/1961
avverso l’ordinanza n. 47/2013 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
29/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
2, m
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
“eet,

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 19/06/2013

ANNETTI ANTONINO, tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso
l’ordinanza 28.1.2013 con la quale il Tribunale di Messina ha rigettato la
richiesta di riesame del provvedimento 11.1.2013 applicativo della misura
cautelare della custodia in carcere.
La difesa richiede l’annullamento della decisione impugnata e deduce:
§1.) ex art. 606 cpp in relazione agli artt. 273, 274, 382, 649 cpp nella
ritenuta violazione dell’art. 416 cp.
La difesa sostiene che: a) l’imputato è detenuto per effetto della
contestazione di un reato permanente (art. 416 bis cp), mentre i singoli reati
fine sarebbero ormai consumati dal 2008; b) la prova si fonda sul contenuto
di intercettazioni telefoniche ambigue nel loro significato e che hanno
determinato l’adozione di una misura cautelare per fatti risalenti a cinque
anni or sono; c) manca una prova autonoma circa la violazione dell’art. 416
cp, poiché la partecipazione all’associazione non può essere desunta
esclusivamente dal concorso di singoli reati fine; d) la motivazione del
provvedimento cautelare è contraddittoria, perchè l’indagato è accusato di
avere ricettato beni provento da delitti di furto commessi dai partecipi di
un’ associazione per delinquere (della quale l’indagato è accusato di fare
parte) costituita proprio per commettere i delitti di furto in alloggio. Sulla
base di tale presupposto in fatto, la contraddittorietà della accusa si pone nei
termini della possibile alternativa o della partecipazione nel reato
associazione o nella commissione del delitto di ricettazione.
Una diversa ricostruzione dei termini dell’accusa determina ad avviso della
difesa il solo effetto di “spostare” nel tempo la perseguibilità dei singoli
reati nonché in una sorta di violazione dell’art. 649 cp, perché la
“ricettazione” sarebbe contestata con due diversi titoli di reato.
§2.) violazione dell’art. 606 cpp in relazione all’art. 380 cpp, poiché
l’ultimo reato fine risulterebbe commesso nel maggio del 2008, con la
conseguenza che, provata la ricettazione mancherebbero gli estremi della
urgenza per l’applicazione di una misura restrittiva della libertà.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Dalla lettura del provvedimento impugnato si evince che l’ANNETTI
Antonino è sottoposto a procedimento penale per la violazione dell’art. 648
cp e dell’art. 416 cp„ ritenendo, la Pubblica accusa che l’indagato abbia
sistematicamente svolto la attività di ricettazione di beni provenienti da furti
in abitazione commessi da un gruppo organizzato di persone, si da ritenere
l’ esistenza di una associazione per delinquere all’uopo costituita.
La pubblica accusa ha ritenuto che la sistematica attività di ricettazione
compiuta dall’ANNETTI in relazione ai beni provento dei furti così
commessi, costituisce elemento di prova dell’organica appartenenza
dell’ANNETTI alla medesima associazione.
La difesa non ha posto in discussione gli elementi indizianti riferibili alle
singole ricettazioni contestate all’imputato, ma ha posto in evidenza: a) la

MOTIVI DELLA DECISIONE

incongruenza della contestazione dell’art. 416 cp, adombrando che sia stato
lo strumento per “spostare” nel tempo la data di consumazione del reato, sì
da giustificare ulteriormente l’adozione del provvedimento cautelare; b) la
inconciliabilità sul piano logico/giuridico tra il delitto di ricettazione e
quello di partecipazione all’associazione criminale nella quale i componenti
allo scopo di commettere i delitti di furto che costituisco l’antecedente
logico giuridico delle singole ricettazioni.
La doglianza sub a) è una mera considerazione in fatto, del tutto avulsa dal
contenuto del provvedimento impugnato e si concreta in considerazione
squisitamente soggettive del -ricorrente, prive di qualsivoglia valore. La
doglianza sub b) è infondata.
Sul piano giuridico non è illegittimo ritenere che il ricettatore abituale e
sistematico di quanto è provento di plurimi furti commessi dai partecipi di
un’associazione criminale, possa proprio per tale sua attività essere
considerata egli stesso partecip9’di quella associazione.
Il delitto di cui all’art. 648 cd presuppone che il soggetto agente non sia
concorrente nel c.d. delitto presupposto, cioè dell’illecito con il quale è stato
acquisito il bene che verrà Illegittimamente negoziato nella successiva
ricettazione, in altri termine il provento dei singoli furti. Nel caso in esame
l’indagato non risulta essere concorrente in nessuno dei furti con i quali
sono stati sottratti i beni successivamente acquisiti dallo stesso indagato. Per
altro il fatto che queseultimO, sistematicamente abbia svolto l’attività di
ricettatore per gli appartenenti ad una associazione per delinquere, può
fondatamente far ritenere che l’indagato abbia aderito a quella associazione,
divenendone una componente strutturale dell’organizzazione e abbia
partecipato alla stessa in quella veste di organizzata ripartizione dei ruoli
che è elemento distintivo dell’associazione per delinquere
Pertanto sotto il profilo della previsione in diritto, il provvedimento
impugnato sfugge ad ogni critica, essendo invece nel merito del tutto
incensurabile.
Parimenti è infondata la doglianza relativa all’esistenza delle esigenze
cautelari. Il Tribunale del riesame ha indicato nel pericolo della reiterazione
della condotta (art.274 lett. c) cpp) le ragioni del provvedimento, facendo
leva sulla pluralità dei reati commessi nella presente vicenda processuale,
che si inquadrano in un contesto di precedenti giudiziari di natura analoga
tanto da far ritenere che l’indagato tragga “professionalmente” mezzi di
sussistenza proprio dall’attività di ricettatore
Il Tribunale ha posto in rilevo come dal 2008 non risultino dal certificato
penale ulteriori illeciti penali, ma ha anche rilevato come tale fatto
(richiamato dalla difesa) non abbia capacità significativa e dimostrativa del
venire meno delle esigenze cautelari posto che il ricorrente non avrebbe
compiuto alcun atto che consenta di ritenere che vi sia stata risoluzione
definitiva con l’organizzazione criminale.
Le argomentazioni della motivazione appaiono immuni dai vizi propri
dell’art. 60611 comma lett. E) cpp e non sono sindacabili nel merito.
Il ricorso deve quindi essere rigettato e il ricorrente va condannato al
pagamento delle spese processuali, mandandosi alla cancelleria per gli
incombenti previsti dall’art. 94 disp. Att. Cpp.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. Att. Cpp.

Così deciso in Roma il 19.6.2013.

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