Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38671 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38671 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
1. Filice Luca, nato a Cosenza il 24/03/1979;
1. Filice Franco, nato a Cosenza il 28/05/1969;
1. Filice Sandro, nato a Cosenza il 17/12/1972;

avverso la sentenza del 15/04/2013 del Tribunale di Cosenza;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 15/04/2013, il Tribunale di Cosenza ha dichiarato i
sigg.ri Filice Franco, Filice Luca e Filice Sandro colpevoli dei reati di cui agli artt.
93, 94, 95, e 65 e 72 d.P.R. 380/2001, commessi in Mendicino nel giugno/luglio
2008, e, ritenutili avvinti da un medesimo disegno criminoso, concesse le

Data Udienza: 20/05/2014

circostanze attenuanti generiche, li ha condannati alla pena di € 3.000,00 di
ammenda ciascuno.

2. Ricorrono personalmente per Cassazione i tre imputati articolando, a
sostegno, i seguenti motivi.
2.1. Con il primo rilevano l’intervenuta estinzione del reato per sopravvenuta
prescrizione. Poiché i fatti – affermano – sono stati accertati il 13 giugno 2008, il
termine prescrizionale, pur tenuto conto delle sospensioni, è ormai maturato.
2.2. Con il secondo motivo eccepiscono violazione dell’art. 192, cod. proc.

dei risultati acquisiti.
Lamentano, in particolare, d’esser stati condannati perché ritenuti autori di
reati propri senza che il Tribunale avesse spiegato le ragioni per le quali era stata
ritenuta la loro corresponsabilità.
2.3. Con il terzo ed ultimo motivo lamentano la mancanza, contraddittorietà
e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui: 1) ha omesso di
esprimersi in ordine alla presenza di un direttore dei lavori o comunque di altro
responsabile attivo sul quale far ricadere l’onere della verifica di conformità
dell’opera in costruzione; 2) ha dato atto che l’opera in cemento armato era
preesistente; 3) ha ritenuto la loro responsabilità benché avessero operato su un
manufatto preesistente ed avessero svolto solo lavori in ferro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.11 ricorso è inammissibile.
La rubrica imputa ai ricorrenti di aver, in concorso con la committente dei
lavori e proprietaria dell’immobile, realizzato, in zona sismica, una struttura in
ferro, delle dimensioni di mt. 8,60 x 3,90, alta mt. 2,15 alla gronda e mt. 3,00 al
colmo, ancorata con bulloni ad un manufatto preesistente, senza che ne fosse
stata data comunicazione allo sportello unico per l’edilizia e senza
l’autorizzazione del competente ufficio del genio civile.
La contestazione origina – si legge in sentenza – dal sopralluogo effettuato
dai tecnici del Comune e dalla locale Polizia Municipale, nel corso del quale fu
accertato che presso l’abitazione della committente dei lavori, tale La Coche
Maria, era stato abusivamente realizzato, un vano in cemento armato adibito a
deposito attrezzi ed autoclave con sovrastante tettoia in ferro, ancorata con
bulloni. Dagli accertamenti eseguiti era emerso che tutte le opere (sia il
manufatto in cemento che la sovrastante struttura metallica) erano prive di
qualsiasi titolo edilizio e di qualsiasi autorizzazione.
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pen., non avendo il Giudice valutato la prova, né dato conto nella motivazione

Oltre ai reati per i quali sono stati condannati, ai ricorrenti era stato infatti
addebitato anche quello di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. 380/2001, dal quale, con
la stessa sentenza, sono stati prosciolti a seguito di rilascio di permesso di
costruire in sanatoria.

4.In questo contesto i ricorrenti, titolari di impresa esercente attività di
lavori in ferro, non negano di aver realizzato la tettoia, ma affermando la natura
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