Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38664 del 05/06/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 38664 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TAGLIAVIA GIOVANNI N. IL 20/10/1970
avverso l’ordinanza n. 1871/2012 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
10/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ‘0″„ – ,,/ •
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 05/06/2013

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TAGLIAVIA Giovanni, indagato per la violazione degli artt. 110, 628
commi 1 e 3 n. 1 cp, ricorre per Cassazione avverso la ordinanza 10.1.2013
con la quale il Tribunale di Palermo ha rigettato l’appello proposto avverso
il provvedimento con il quale il Giudice delle indagini preliminari ha
rigettato la richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in
carcere con quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione familiare.
La difesa richiede l’annullamento del provvedimento impugnato deducendo:
§1.) ex art. 606 r comma lett. e) cpp la violazione di legge e il vizio di
motivazione, perchè il Tribunale avrebbe assunto la decisione impugnata
attraverso una motivazione priva di “agganci” motivazionali specifici ed
idonei a confutare le argomentazioni sviluppate dalla difesa con l’atto di
appello. La difesa segnala che l’ordinanza impugnata si caratterizza per il
costante richiamo a precedenti giurisprudenziali che sono risalenti nel tempo
e che dimostrano un’ applicazione formalistica dell’art. 275 IV comma cpp,
senza tenere conto della peculiare situazione del ricorrente.
La difesa fa presente che l’imputato, detenuto in carcere, è padre di un
minore (di anni nove) gravemente malato e privo di assistenza morale e
materiale, perchè la madre è continuativamente impegnata nell’attività
lavorativa di “banconista” presso un esercizio commerciale.
La difesa censura la motivazione del provvedimento impugnato nel punto in
cui afferma che il ricorrente non avrebbe dato specifiche indicazione circa la
entità e la regolarità dell’impegno lavorativo della madre, senza valutare
adeguatamente le opinioni della dott.ssa TRAPANI circa le oggettive
esigenze del minore e i rischi conseguenti alla totale assenza del padre.
Da ultimo la difesa mette in evidenza che il TAGLIAVIA aveva già fatto
presente la concreta impossibilità di ricorrere ad aiuti esterni al nucleo
familiare per assistere il minore.
RITENUTO IN DIRITTO
Il Tribunale del riesame, non mettendo in discussione la natura e la gravità
delle condizioni di salute del minore TAGLIAVIA, ha approfonditamente
esaminato la questione dell’applicabilità, al caso di specie, dell’art. 275 IV
comma cpp.
Il Tribunale ha rilevato come la situazione del ricorrente presenti caratteri
difformi rispetto ai presupposti di legge, ponendo in particolare evidenza,
con motivazione pienamente condivisibile, il carattere di norma eccezionale
dell’art. 275 IV comma cpp, con la conseguenza che non è consentita una
applicazione della suddetta norma attraverso una interpretazione estensiva
derogativa dei limiti in essa previsti; il Tribunale ha messo infine in rilievo,
con giudizio nel merito non manifestamente illogico che l’indagato, non ha
comunque dimostrato adeguatamente l’ assoluto impedimento del coniuge
di poter dare assistenza al minore malato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Tribunale nell’esaminare la questione, ha preso in considerazione il
contenuto della relazione psicodiagnostica relativa al minore (espressamente
richiamata in atti con indicazione delle pagine ritenute di rilievo – nota 7 di
pag. 4 dell’ordinanza), pervenendo però alla conclusione che comunque
l’art. 275 IV comma cpp, la fattispecie concreta non rientrava in quella
prevista dalla disposizione in esame.
La decisione del Tribunale in punto di diritto è corretta.
L’art. 275 IV comma cpp, presenta il carattere di norma eccezionale e
pertanto non è applicabile ad ipotesi diverse da quelle in essa contemplate.
Nel caso in esame presentano caratteri di difformità rispetto al dettato
normativo: l’età del minore (anni nove), e la mancanza della prova di una
“assoluta” impossibilità della madre di prestare la propria assistenza al
figlio.
Con motivazione condivisibile, il Tribunale ha posto in evidenza che
l’esigenza lavorativa del genitore non indagato non può essere ex se causa di
assoluto impedimento che giustifichi l’applicazione dell’art. 275 IV comma
cpp; infatti è del tutto normale, nel nostro ambito socio – economico il fatto
che uno od entrambi i genitori nel corso della giornata sia impegnati in
attività lavorative, le quali, di per sè non possono essere considerate causa
di impedimento alla cura della prole rilevante ai fini previsti dall’art. 275
IV comma. Va infine osservato che l’impedimento alla cura della prole
previsto dall’art. 275 IV comma cpp, deve avere carattere assoluto, nel
senso che il minore non può fruire di alcun sostegno o mantenimento dalla
madre, o perchè essa è deceduta o perchè è”assolutamente impossibilitata”.
Questa seconda espressione, adoperata dal legislatore, descrivendo una
situazione di fatto alternativa alla morte, denota il carattere proprio
dell’impedimento che deve essere ricondotto a situazioni nelle quali la
madre non è nelle condizioni di prestare in nessun momento della giornata
alcuna assistenza al minore.
La decisione del Tribunale è corretta in diritto e non è suscettibile di un
improponibile sindacato di merito tenuto conto che la disposizione in esame
proprio per il suo carattere di norma eccezionale non è suscettibile di
applicazione a casi diversi da quelli in essa contemplati.
Per le suddette ragioni il ricorso va rigettato e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali; si manda alla canceleria
per le comunicazioni previste dall’art. 94 disp. Att. Cpp.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. Att. Cpp.
Così deciso in Roma il 5.6.2013

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