Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3861 del 30/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3861 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

TACCHI Camillo, nato a Montecalvo in Foggia 1’11/05/1944

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona il 05/06/2012.

Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio BRUNO;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Mario
Maria Stefano Pinelli, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Ancona
confermava, per quanto qui rileva, la sentenza dell’Il luglio 2007 con la quale il
Tribunale di Urbino aveva dichiarato Camillo Tacchi – in qualità di amministratore di
fatto della società Astro srl, dichiarata fallita dallo stesso Tribunale con sentenza del
4 giugno 2003 – colpevole del reato di bancarotta fraudolenta documentale e, per
l’effetto, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.

Data Udienza: 30/09/2014

Avverso l’ anzidetta pronuncia l’imputato, personalmente, ha proposto ricorso
per cassazione, denunciando, con il primo motivo, inosservanza di norme
processuali stabilite a pena di nullità, ai sensi dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen.,
per omessa notifica ad esso contumace del decreto dispositivo del giudizio nel
termine di legge, sul rilievo che la relativa eccezione era stata ingiustamente
disattesa dal giudice a quo.
Con il secondo motivo si deduce erronea applicazione della legge penale con

allo stesso imputato, a suo tempo assunto come lavoratore dipendente, la qualità di
amministratore di fatto.
Con il terzo motivo si denuncia mancanza o manifesta illogicità della
motivazione con riferimento alla valutazione delle risultanze processuali
specialmente delle raccolte testimonianze. In realtà, l’istante aveva svolto solo
funzioni di “direttore di sala”, limitandosi ad impartire ordini ai camerieri, ed a
sorvegliare che in sala tutto si svolgesse nel migliore dei modi e, anche per questo,
a volte, si occupava dei colloqui di lavoro.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso in esame è inammissibile, in quanto intempestivamente proposto.
Ed invero, dalla stesse attestazioni apposte dalla cancelleria del giudice a quo,
risulta che l’estratto contumaciale è stato notificato all’imputato il 27.10.2012,
mentre il termine lungo per l’impugnativa scadeva 1’11.12.2012, ove invece il
ricorso è stato proposto il 17.12.2012. D’altro canto, il termine di trenta giorni per il
deposito della sentenza è stato ampiamente rispettato (la sentenza pronunciata il
5.6.2012 stata tempestivamente depositata il 21 giugno successivo), sicché il
difensore non aveva diritto alla notifica dell’avviso di deposito della sentenza, ai fini
di una diversa decorrenza del termine di impugnativa.
È appena il caso di osservare, del resto, che, anche in caso di tempestiva
proposizione, l’impugnativa sarebbe stata parimenti inammissibile, asserendo a
questione di merito o manifestamente infondata. Il giudice di appello ha, infatti,
chiaramente indicato le ragioni del rigetto dell’eccezione di rito, che non risultava la
mancata proposizione nei termini di legge, con consequenziale sanatoria. Ha poi
spiegato, altrettanto chiaramente, in termini di insindacabile apprezzamento di
merito, í motivi per cui l’imputato avesse svolto attività gestatoria e fosse, quindi,
da considerare amministratore di fatto.

2. Alla declaratoria di inammissibilità conseguono le statuizioni dettate in
dispositivo.

riferimento all’art. 2639 cod. civ., sul rilievo che, erroneamente, era stata attribuita

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 1000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso il 30 settembre 2014

Il Consigliere estensore

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