Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38556 del 01/07/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38556 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TAVELLA DOMENICO N. IL 27/01/1961
MASNATA CHIARA ANTONIETTA N. IL 21/07/1940
FERRANDO DINO N. IL 13/05/1967
CONTE SERGIO N. IL 06/08/1950
MASALA ANDREA N. IL 25/05/1967
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G.Ro.SSO kftr’rftElt u.
avverso l’ordinanza n. 1506/2013 TRIBUNALE di CAGLIARI, del
19/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;
lette/site le conclusioni del PG Dott. Poi „,..Q,et
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 01/07/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 19 maggio 2014, il Tribunale di Cagliari, nella veste di
giudice dell’esecuzione ha rigettato l’incidente di esecuzione proposto da Tavella
Domenico, Masnata Chiara Antonietta, Ferrando Dino, Conte Sergio e , Grosso
Raffaele, con il quale si chiedeva la revoca dell’ordine di demolizione del
manufatto edilizio, destinato ad albergo, realizzato in località Spagnole dell’isola
di San Pietro, sottoposta a vincolo paesaggistico ex D:M. 25%3&1966, nonché
l’ordine di rimessione in pristino dei luoghi disposta a seguito della sentenza

27 ottobre 2011, divenuta irrevocabile il 10 luglio 2013, con la quale è stata
riconosciuta la penale responsabilità di Dino Ferrando, Masnata Chiara
Antonietta, Andrea Masala, Raffaele Grosso, Sergio Conte e Domenico Tavella
per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e D.Lgs. n. 42 del
2004, art. 181, comma 1 bis (nonché Andrea Masala e Raffaele Grosso anche
per il reato di cui all’art. 323 c.p., per il rilascio della concessione 105/2005 e
delle successive varianti senza la predetta autorizzazione paesaggistica) Ferrando Dino e Chiara Antonietta Masnata quali committenti, Conte Sergio
quale progettista e direttore dei lavori, Tavella Domenico quale legale
rappresentante della società costruttrice, Andrea Masala quale responsabile
dell’Area Urbanistica del Comune di Carloforte e Raffaele Grosso quale
responsabile del procedimento – per la realizzazione in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico e in assenza della necessaria autorizzazione paesaggistica
regionale di “un manufatto edilizio a destinazione alberghiera, integralmente
diverso, per caratteristiche planivolumetriche e di utilizzazione, dal relativo
progetto approvato dalla Commissione Edilizia”. Il giudice dell’esecuzione ha
respinto l’istanza, considerata l’illegittimità della concessione in sanatoria
rilasciata in data 13 giugno 2013 dal Comune di Carloforte, contenente anche un
parere di “compatibilità paesaggistica” dell’autorità regionale.
2. I ricorrenti hanno proposto, per il tramite dei propri difensori separati ricorsi
per cassazione, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per i seguenti motivi:
Tavella:
1) Errata applicazione della legge ed esistenza di vizi di motivazione in
riferimento all’art. 146 e 167 del d.lgs n. 42 del 2004, il Tribunale ha ritenuto cje
non potesse essere concesso l’accertamento di compatibilità paesaggistica
postumo, di contro l’art. 146 comma 12 del citato dlgs. Consente la sanatoria se
i lavori realizzati non hanno determinato creazioni di superfici utili o volumi,
ovvero aumento dei volumi legittimamente realizzati e nel caso di specie si tratta
di seminterrato che non ha creato volumi utili, inoltre il Tribunale ha errato nel
ritienere che fossero stati indicati come necessari lavori nuovi, in quanto i lavori
menzionati nella sanatoria erano già previsti negli originari titoli edilizi e non

definitiva per reati edilizi e paesaggistici emessa dal medesimo Tribunale in data

erano stati eseguiti per il sequestro operato dalla polizia giudiziaria; il ricorrente
sottolinea inoltre di non potere provvedere alla demolizione, condizione alla
quale è subordinata la sospensione della pena inflitta, in quanto non vanta alcun
titolo sull’immobile;

Masnata, Ferrando e Conte:
1) Violazione ex art. 606 lett. a) c.p.p., per esercizio da parte del giudice di una
potestà riservata alla pubblica amministrazione ed agli organi di giustizia
amministrativa, in riferimento al controllo sugli atti amministrativi, connesso

che hanno ritenuto che non fosse possibile il rilascio postumo di una
autorizzazione paesaggistica nel caso di specie e che il provvedimento sarebbe
ulteriormente viziato perché privo della doppia conformità; tale sindacato si
sovrappone al merito della P.A. e costituisce un’ingerenza dei giudici penali nelle
competenze della stessa; secondo il ricorrente il giudice dell’esecuzione non ha
alcun potere di disapplicare l’atto successivo se non quando lo stesso sia stato
emanato nonostante sia espressamente vietato e non quando si possano essere
realizzate delle mere invalidità, la cui valutazione spetta al giudice
amministrativo; pertanto il giudizio sulla doppia conformità della sanatoria in
sede esecutiva non è ammissibile;
2) Violazione ex art. 606 lett. b) c.p.p., per erronea applicazione dell’Ali. 5 della
legge n. 2285 del 20 marzo 1865;
3)

Violazione ex art. 606 lett. b) c.p.p., per erronea applicazione della sfera di

incidenza dell’art. 36 D.P.R. n. 380/2001 da parte del giudice dell’esecuzione;
4) Violazione ex art. 606 lett. b) c.p.p., per erronea applicazione dell’art. 167
D.Isg n. 42/2004, in quanto seppure l’at 146, c. 4 d.lgs che prevede che non
possano essere rilasciate autorizzazioni paesaggistiche postume, a meno che non
si tratti di opere che non abbiano determinato la creazione di superfici utili o
volumi, come riconosciuto nel caso di specie dalla Sovrintendenza regionale;
5) Violazione ex art. 606 lett. e) c.p.p., per mancanza di motivazione circa il
fatto che il caso di specie non rientrerebbe nei casi specificamente previsti
dall’art. 167, c. 4 d.lgs n. 42/2004;

Masala:
1) Inosservanza o erronea applicazione della legge penali o di altre norme
giuridiche, anche di norme processuali (ex art. 606, lett. b) c.p.p., in relazione
all’art. 165 c.p. e 125 c.p.p. Atteso che il Tribunale ha omesso di esaminare
l’esigibilità dell’esecuzione della demolizione da parte del ricorrente, che non può
vantare alcun titolo sui manufatti;

Grosso
1) Violazione ex art. 606 lett. b) c.p.p., per inosservanza ed

erronea

applicazione degli artt. 146 e 167 Disg n. 42/2004, posto che nel caso di specie

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all’improprio ruolo di supplenza svolto nel caso di specie dai giudici di Cagliari,

rientra tra i casi nei quali è ammissibile una sanatoria in materia paesaggistica,
trattandosi di abusi minori;
3. Con ordinanza del 4 agosto 2014, il Tribunale di Cagliari, nella veste di
giudice dell’esecuzione ha rigettato l’incidente di esecuzione proposto dal solo
Tavella Domenico, con il quale si chiedeva che fosse dichiarata soddisfatta la
condizione apposta alla sospensione condizionale della pena concessa con la
sentenza definitiva per reati edilizi e paesaggistici emessa dal medesimo
Tribunale in data 27 ottobre 2011, divenuta irrevocabile il 10 luglio 2013,

determinazione dei tempi e modi dell’abbattimento del manufatto abusivo,
ritenendo l’insussistenza delle condizioni che sole legittimerebbero un esonero
dalla condizione imposta per godere del beneficio della sospensione condizionale
della pena: ossia una assoluta impossibilità all’adempimento della demolizione e
la oggettiva non imputabilità dell’inadempimento; quanto alla determinazone
delle modalità ha ritenuto inammissibile l’istanza, atteso che l’organo
dell’esecuzione non ha ancora posto in esecuzione la sentenza, per cui non
sussiste alcuna vertenza sulle modalità esecutive della stessa.
5. Con separato ricorso in cassazione (iscritto al n. R.G. 42788/14) Tavella

Domenico ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza, lamentando errata
applicazione della legge ed esistenza di vizi di motivazione in riferimento all’art.
165 c.p., atteso che non sussiste alcuna concreta possibilità per il ricorrente di
procedere alla demolizione, atteso che il manufatto abusivo ed il fondo sul quale
esso insiste sono nella esclusiva disponibilità di terzi.
6. All’odierna udienza la Corte ha disposto la riunione del ricorso presentato da
Tavella Domenico ed iscritto al n. R.G. 42788/14 per connessione soggettiva al
ricorso di più antica iscrizione, presentato dal medesimo Tavella e dagli altri
ricorrenti sopraindicati ed iscritto al n. R.G. 33270/14.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va premesso che la giurisprudenza di questa Sezione ha da tempo chiarito che
il sindacato del giudice penale sul titolo abilitativo edilizio comprende i
provvedimenti amministrativi di sanatoria o condono e spetta anche al giudice
dell’esecuzione. E’ stato precisato, ad esempio, che il rilascio del titolo abilitativo
conseguente alla procedura di “condono edilizio” non determina l’automatica
revoca dell’ordine di demolizione, o la sua sospensione, permanendo in capo al
giudice l’obbligo di verificare la legittimità sostanziale del titolo, sotto il duplice
profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di
forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di
rilascio (in tal senso, Sez. 3, n. 42164 del 9/7/2013, Braisiello,Rv. 256679;
Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260972; Sez. 3, n. 40475

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sopramenzionata, ed ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta subordinata di

del 28/9/2010, Ventrici, Rv. 249306). In particolare, secondo la costante
giurisprudenza di questa Suprema Corte, l’ordine di demolizione può essere
revocato solo in seguito al sopravvenire di legittimi provvedimenti amministrativi
che siano assolutamente incompatibili con l’ordine stesso (cfr. Sez.3, n. 30016
del 14/7/2011, D’Urso, Rv. 251023)
2. Risultano pertanto manifestamente infondati i motivi di ricorso (nn 1 e 2
presentati da Masnata, Ferrando e Conte) volti a contestare la legittimità
dell’esercizio di tale sindacato giurisdizionale da parte del giudice dell’esecuzione,

della consueta e prevedibile interpretazione delle nome di legge vigenti in
materia di reati edilizi e paesaggistici.
3. Quanto al motivo presentato da Tavella nel primo ricorso e da Grosso ed ai
motivi ai nn. 3,4 e 5 dai ricorrenti Masnata, Ferrando e Conte , gli stessi possono
essere trattati congiuntamente e non risultano fondati. Infatti, atteso l’ambito di
valutazione di questa Corte, le parti argomentative dei ricorsi mirano ad indurre
questa Corte ad una valutazione di fatto sulla consistenza dei lavori abusivi
diversa rispetto all’accertamento giurisdizionale divenuto irrevocabile, e
verificato dal giudice dell’esecuzione, il quale, nell’ordinanza

ha affermato,

all’esito di un giudizio di merito, come tale non censurabile in questa sede, in
quanto adeguatamente motivato e corretto sotto il profilo dell’interpretazione
normativa, che: 1) l’opera non rientra tra quelle c.d. minori per le quali è
consentita l’autorizzazione paesaggistica postuma, considerati i lavori quali
descritti nei capi di imputazione della sentenza da eseguire e tenuto altresì
conto che la realizzazione di un seminterrato comporta sempre un aumento della
superficie utile; 2) che l’accertamento di conformità non rientra nelle ipotesi di
cui all’art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001 in quanto per realizzare tale conformità
sono stati previsti altri interventi, per cui ha concluso considerando tale
provvedimento tamquam non esset, in quanto illegittimo, perché avente ad
oggetto interventi non rientranti nella definizione di “opere minori” ed implicanti
interventi edilizi di completamento successivi, e ha valutato non revocabile
l’ordine di demolizione e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
4. L’ordinanza impugnata risulta perciò immune dai vizi di legittimità contestati,
essendo provvista di una motivazione adeguata ed avendo fornito una corretta
interpretazione delle nome di legge, avuto a riferimento le disposizioni di cui agli
artt. 146 e 167 D.Isg n. 42/2004. Infatti la legge n. 308 del 2004, art. unico,
comma 36 (con previsioni trasfuse nel D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, commi 1
ter e quater e, successivamente, nell’art. 167, commi 4 e 5), derogando al
principio enunciato dall’art. 146 d.lgs. n. 42 del 2004 dell’impossibilità di rilascio
di una autorizzazione paesaggistica successiva alla realizzazione dei lavori, ha
introdotto la possibilità di una valutazione postuma della compatibilità

invocando alcuni arresti giurisprudenziali non recenti e rimasti isolati nell’ambito

paesaggistica di alcuni interventi minori, all’esito della quale – pur restando
ferma l’applicazione detta sanzione amministrativa pecuniaria di cui al D.Lgs. n.
42 del 2004, art. 167 – non si applicano le sanzioni penali stabilite per il reato
contravvenzionale contemplato dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1.
Ciò vale per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione
paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi
ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati o per l’impiego di materiali in
difformità dall’autorizzazione paesaggistica, ovvero per i lavori configurabili quali

del 2001, art. 3.
5. Da ultimo, vanno respinti anche il ricorso presentato dal Tavella avverso
l’ordinanza emessa dal Tribunale di Cagliari in data 4 agosto 2014, e quello
presentato dal Masala, entrambi ai limiti dell’inammissibilità. Non possono che
essere confermati, infatti, gli orientamenti consolidati di questa Corte che ha
affermato che “il mancato adempimento, entro il termine fissato, dell’obbligo di
demolizione dell’immobile abusivo – cui sia subordinata la concessione del
beneficio di cui all’art. 163 cod. pen – determina la revoca della sospensione
condizionale della pena, la quale opera di diritto, salva l’ipotesi di sopravvenuta
impossibilità non dipendente da atto volontario. Infatti il condannato è pur
sempre il soggetto destinatario dell’ordine di demolizione, con conseguente
onere di esecuzione nelle forme di rito a propria cura e spese. (cfr. Sez.3, n.
45703 del 26/10/2011, Mammoliti, Rv. 251319). Né la difficoltà tecnica o meno
di demolire un manufatto abusivo può essere considerata ai fini di una eventuale
sospensione o revoca della demolizione, possibile solo quando ciò dipenda da
una causa non imputabile al condannato (si veda, Sez.3, n. 35972 del
22/9/2010, dep. 7/10/2010, Lembo, parte motiva). La eventuale incidenza
dell’attività di demolizione sui diritti di terzi non può essere considerata, di per
sé, causa di oggettiva impossibilità, soprattutto in mancanza di elementi allegati
dagli istanti, sui quali incombeva l’onere probatorio in merito a tale oggettiva
impossibilità, che non risultano essere stati posti all’attenzione del giudice
dell’esecuzione. D’altra parte non va sottaciuto che l’ordine di demolizione delle
opere abusive va posto in esecuzione innanzitutto “nei confronti di tutti i soggetti
che sono in rapporto col bene e vantano su di esso un diritto reale o personale di
godimento” e ciò anche se si tratti di soggetti estranei alla commissione del reato
(cfr. Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Arrigoni, Rv. 2454039).
Di conseguenza, tutti i ricorsi devono essere rigettati ed i ricorrenti vanno
condannati, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi del D.P.R. n. 380

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali

Il consigliere estensore

luglio 2015

Il Presidente

Così deciso in Roma,

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