Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3855 del 26/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3855 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Larosa Rosa, nata a Taurianova il 29/04/1967

avverso la sentenza del 06/06/2013 del Giudice di pace di Taurianova

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 6 giugno 2013 il giudice di pace di Taurianova ha
dichiarato Rosa Larosa colpevole del delitto di minaccia in danno di Raffaele
Loprete, per avergli rivolto la frase: «Se scendi ti taglio le palle». Ha ritenuto il
giudicante che il reato fosse provato dal tenore della querela, acquisita anche ai
fini probatori, nonché dalle dichiarazioni della badante della persona offesa,

Data Udienza: 26/09/2014

Maria Enache, e dall’informativa di reato.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, per il tramite del difensore,
deducendo violazione di legge.
Nell’illustrazione del ricorso si sostiene che l’accusa è il portato di una
persecuzione calunniosa posta in essere a più riprese dal Loprete e dalla Enache
nei confronti dell’imputata, sfrattata di fatto dalla sua abitazione attraverso un
ingiusto provvedimento del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di

portata minacciosa in relazione al limitato livello culturale dell’imputata,
suggestionata dal linguaggio degli odierni mezzi di comunicazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, in parte perché generico e in parte perché
manifestamente infondato.

2. Inosservante del requisito di specificità è la doglianza con la quale la
ricorrente sostiene l’infondatezza dell’accusa rivoltale, siccome frutto di una
persecuzione calunniosa ai suoi danni, senza addurre concrete censure nei
confronti della sentenza che all’ipotesi accusatoria ha dato motivatamente
credito.

3. Manifestamente infondato è l’assunto secondo cui sarebbe da escludere la
configurabilità della minaccia a motivo del carattere stereotipato dell’espressione
utilizzata, assertivamente ispirata da suggestioni cinematografiche e televisive.
In proposito va ricordato che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale
(v. per tutte Sez. 1, n. 47739 del 06/11/2008, Giuliani, Rv. 242484), il delitto di
minaccia è reato di pericolo che non presuppone la concreta intimidazione della
persona offesa, ma solo la comprovata idoneità della condotta ad intimidirla. La
minaccia di «tagliare le palle», rivolta in un contesto di elevata conflittualità, è
certamente idonea a produrre effetti intimidatori sul soggetto passivo,
indipendentemente dal fatto che il turbamento psichico si verifichi, oppure no, in
concreto.
Correttamente, pertanto, i giudici di merito hanno ritenuto applicabile alla
fattispecie il disposto dell’art. 612 cod. pen..

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di
cui all’art. 616 cod. proc. pen..

2

Palmi. Si nega quindi la sussistenza del fatto, del quale comunque si contesta la

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 26/09/2014.

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