Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38542 del 21/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38542 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Alì Paolo, nato a Milano il 27.9.60
imputato art. 2 L. 638/83

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano del 2.12.14
Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M., nella persona del P.G. dr. Sante Spinaci, che ha chiesto una declaratoria
di inammissibilità;
Sentito il difensore
dell’imputato avv. Renato Alfarone, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con la sentenza impugnata, la
Corte d’appello ha confermato la condanna inflitta al ricorrente per avere omesso il versamento
delle somme trattenute a titolo previdenziale sulle retribuzioni dei dipendenti, in un arco di
tempo compreso tra l’aprile 2007 e l’agosto 2009, per un importo complessivo di 442.455,11
€.

£=,

Data Udienza: 21/05/2015

2. Motivi del ricorso
Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso,
tramite difensore, deducendo vizio della motivazione da ravvisarsi nel fatto che i giudici di
secondo grado hanno esaminato le doglianze difensive in un’ottica riduttiva. Non si intendeva,
infatti, giustificare la distrazione delle somme per fini interni della società ma evidenziare come
lo stato di decozione, che ha rapidamente portato al fallimento della società, avesse reso di
fatto impossibile l’adempimento dell’obbligazione previdenziale. Si fa notare che la procedura
concorsuale priva l’amministratore della società della facoltà di compiere qualsiasi operazione
per conto della società fallita.
La sentenza risulta, altresì viziata da erronea applicazione della legge nella parte in cui
considera non sufficientemente provate le allegazioni difensive perché, in tale eventualità, i
giudici stessi avrebbero dovuto disporre integrazioni probatorie per verificarne la validità.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile per la sua manifesta infondatezza
ed una certa tendenza ad ottenere un nuovo giudizio di fatto.
Innanzitutto, deve rimarcarsi che si tratta di reiterazione della medesima doglianza
svolta in appello cui la Corte ha puntualmente replicato senza che il presente gravame consista
in una critica pertinente agli argomenti della Corte. Piuttosto, si cerca nuovamente di
richiamare l’attenzione di questi giudici sullo svolgimento dei fatti cercando di lucrare una loro
lettura più favorevole. .
Tutto ciò però, esce dagli schemi normativi essendo stato reiteratamente sottolineato
da parte di questa Corte di legittimità che il presente grado di giudizio non è destinato alla
espressione di una sorta di terzo grado di merito giustificato dalla eventualità (anche se concreta)
che gli stessi fatti possano essere rivisitati e valutati sotto una diversa prospettiva. Anche ove
ciò fosse possibile, infatti, tale non è il ruolo di questi giudici che, invece, devono limitarsi a
verificare la esistenza e logicità della motivazione data dai giudici di merito.
Un esito positivo di tale accertamento, impedisce di andare oltre.

Orbene, nella specie, la Corte ha già sottolineato che il solo elemento del fallimento
della società dell’imputato non è in sé scriminante (sez. III, 21.11.13, Rv. 259741) perché lo stato di
insolvenza non libera l’imprenditore dai doveri che gravano su di lui. Visto che le somme
trattenute sulle retribuzioni dei dipendenti erano vincolate alla loro destinazione, il fatto di
destinarle in modo diverso dal dovuto (per autofinanziare l’attività) ha costituito, quindi, una libera
scelta imprenditoriale di cui l’autore deve essere chiamato a rispondere.
Semmai, il ricorrente avrebbe dovuto dedurre ragioni diverse a sostegno di una
impossibilità ad adempiere quasi assoluta. E’ stato, infatti, già detto da questa Corte che, per
sostenere con successo una effettiva causa di giustificazione o uno stato di necessità l’imputato
è tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e
circostanze ignote che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore (sez. II,
7.2.13, Weng, Rv. 255916).

Di certo, tale non è il caso in esame ed è generica ed infondata la pretesa di maggiori
approfondimenti investigativi da parte degli inquirenti o, persino, dei giudici, difettandone come detto – valide ragioni.
Resta da soggiungere che la manifesta inammissibilità della presente censura ha
impedito l’instaurazione di un valido rapporto di impugnazione e, per l’effetto, ha precluso
anche la possibilità, per questa Corte di rilevare e dichiarare il maturare, medio tempore, della
causa estintiva della prescrizione per una parte delle condotte illecite imputate.

2

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.

Così deciso il 21 maggio 2015
Il Presidente

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C

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