Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38540 del 04/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 38540 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DALPALU’ MAURIZIO N. IL 03/08/1964
avverso la sentenza n. 238/2011 CORTE APPELLO di TRENTO, del
15/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI
DIOTALLEVI;

Data Udienza: 04/06/2013

Considerato che:
Dal Palù Maurizio ricorre avverso la sentenza, in data 15 giugno
2012, della Corte d’appello di Trento, con cui è stata confermata la
condanna per il reato di tentata rapina impropria, e, chiedendone
l’annullamento, osserva che, è carente la motivazione in ordine agli
elementi in base ai quali è stata affermata la sua responsabilità in
ordine al reato contestato anziché in quello di tentato furto;
Il ricorso è privo della specificità, prescritta dall’art. 581,
motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate da
illogicità manifeste;
In apparenza si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si
prospetta una valutazione delle prove diversa e più favorevole al
ricorrente, ciò che non è consentito nel giudizio di legittimità;

si

prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una valutazione
di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione
esaustiva, immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto
enunciati da questa Corte, come quella del provvedimento impugnato che,
pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez. 4, 2.12.2003,
Elia ed altri, 229369; SU n ° 12/2000, Jakani, rv 216260), in particolare
con il riferimento alle modalità violente dell’azione sulla persona
offesa e ai parametri adottati nella scelta dei criteri di comparazione
tra le varie circostanze e di dosimetria della pena finale. Questa corte
ha stabilito che “La mancanza nell’atto di impugnazione dei
requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. – compreso quello
della specificità dei motivi- rende l’atto medesimo inidoneo ad
introdurre il nuovo grado

di

giudizio

ed a produrre,

quindi,

quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una
pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità”. (Cass. pen.,
sez l, 22.4.97, Pace, 207648);
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va
dichiarata inammissibile l’impugnazione;
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili
di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro
1000;

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lett. c), in relazione all’art 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle

PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa
delle ammende.

Roma, li 4 • ugno 2013

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